Novara, donna risarcita da Rsa per €5mila: non poté dare l’addio al marito morto nel 2021 durante Covid, tribunale: “Danno da mancato commiato”

Il Tribunale di Novara introduce e riconosce l'esistenza e la risarcibilità del danno da "mancato commiato" per "avere negato quel momento essenziale per l'elaborazione del lutto che è il passaggio, per certi versi formale, di addio"

Sentenza storica a Novara, dove una Rsa è stata condannata al risarcimento di 5mila euro nei confronti di un'anziana che ha perso il marito durante il Covid. La donna aveva citato in giudizio la struttura sanitaria non ospedaliera poiché i responsabili le avevano impedito di poter dare l'ultimo saluto al marito morente nel gennaio 2021. Il Tribunale ha infatti riconosciuto il danno da "mancato commiato".

Novara, donna risarcita da Rsa per 5mila: non poté dare l’addio al marito morto nel 2021 durante Covid, tribunale: “Danno da mancato commiato”

Il Tribunale di Novara introduce e riconosce l'esistenza e la risarcibilità del danno da "mancato commiato" per "avere negato quel momento essenziale per l'elaborazione del lutto che è il passaggio, per certi versi formale, di addio". Il contesto è una storia come tante altre avvenute nel tempo spietato della pandemia, quando molte persone non riuscirono a dire addio a un familiare a causa delle restrizioni nell'accesso alle case di riposo. Alla signora Rosa Anna Z., nel gennaio 2021, venne negato dai responsabili della struttura di poter incontrare per l'ultima volta il marito Pietro, ospitato in una Rsa a Novara. Quest'ultima è stata condannata a pagarle un risarcimento di 5mila euro "per averle discrezionalmente impedito o comunque di fatto non consentito l'accesso impedendole di prestare l'ultimo saluto al coniuge morente".

Il 20 gennaio 2021 la donna seppe dal direttore sanitario che le condizioni del marito erano peggiorate in modo drastico e che la sua fine sarebbe stata questione di pochissimo tempo. La signora implorò di poter entrare come già le era stato concesso per due volte nelle settimane precedenti, ma non arrivò nessuna risposta alle sue mail. Alle ore 14.12 venne avvisata dalla caposala del prossimo decesso del marito e invitata a raggiungere al più presto la struttura, dove arrivò alle 14.30 circa. "Veniva quindi invitata comunque a salire per prestare un ultimo saluto alla salma del coniuge, ma si rifiutava, ritenendolo tragicamente vano si legge nella sentenza -. Ciò perché, come a conoscenza di tutto il personale della struttura con il quale sono venuti a contatto, i coniugi erano entrambi non credenti, senza figli, né parenti prossimi o comunque legati da un rapporto affettivo significativo: erano convinti che non vi sia una vita ultraterrena dopo la morte, e che con quest'ultima cessi ogni rapporto umano e spirituale fra le persone. Tali circostanze hanno reso ancor più doloroso per la signora Rosa Anna non poter essere vicina al marito, con il quale aveva condiviso cinquant'anni di vita familiare e lavorativa, negli ultimi momenti della sua vita. Conseguentemente al divieto di poter accedere alla struttura, non ha potuto stare accanto al marito durante gli ultimi momenti della sua esistenza in vita. Questo ha causato un dolore ancor maggiore di quello determinato dalla scomparsa del compagno di una vita".

Il giudice civile Giuseppe Siciliano spiega nelle motivazioni alla decisione perché esiste in casi come questo un danno da "commiato". La sua premessa è che il ruolo del magistrato non è controllare "la stretta applicazione delle norme" ma verificare, come in questo caso, come viene declinato nel caso concreto un "potere discrezionale". Il magistrato individua un "eccesso di potere" da parte dei responsabili della Rsa.

Per individuare il "diritto al commiato" e la sua importanza, il giudice ne chiama in causa altri: "Se - per esempio - è risarcibile il danno da vacanza rovinata, non vi è motivo per non risarcire il danno da sofferenza per non avere potuto stare vicino al proprio coniuge al momento della morte di quest'ultimo".