Il Codice dei Contratti pubblici è (di nuovo) sotto assedio: tra le gite scolastiche e il ritorno delle micro-norme, il caos dello Stato

Con il nuovo Codice dei contratti pubblici, il legislatore aveva giurato solennemente che le stagioni delle deroghe, delle norme spezzettate e delle modifiche a getto continuo fossero finite. Un codice unico, moderno, fondato su principi generali, orientato alla digitalizzazione, pensato per semplificare e garantire certezza agli operatori.Invece, due anni e mezzo dopo, siamo già al sedicesimo intervento correttivo

Sembrava finalmente il tempo della chiarezza. Con il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 36/2023), il legislatore aveva giurato solennemente che le stagioni delle deroghe, delle norme spezzettate e delle modifiche a getto continuo fossero finite. Un codice unico, moderno, fondato su principi generali, orientato alla digitalizzazione, pensato per semplificare e garantire certezza agli operatori. Invece, due anni e mezzo dopo, siamo già al sedicesimo intervento correttivo. L’ultimo? Infilato tra le pieghe di un decreto-legge dedicato – almeno formalmente – all’esame di Stato e all’avvio dell’anno scolastico. Il D.L. 9 settembre 2025, n. 127, ha infatti ritoccato ancora una volta l’art. 108 del Codice, con un’aggiunta tanto settoriale quanto rivelatrice: la regolazione delle gare per i trasporti delle gite scolastiche. Sì, le gite scolastiche. Con buona pace della semplificazione annunciata.

Sicurezza scolastica o scorciatoia normativa?

La norma inserita dal governo impone che i contratti relativi ai servizi di trasporto per viaggi d’istruzione e uscite didattiche siano aggiudicati solo con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV), quindi non più al massimo ribasso. Un principio, questo, largamente condivisibile se si considera l’utenza fragile coinvolta: bambini e ragazzi, affidati alla responsabilità dello Stato. La riforma va anche oltre: la valutazione delle offerte dovrà premiare sicurezza, accessibilità per disabili e competenze dei conducenti. Il punteggio economico non potrà superare il 30% – e anzi, secondo alcune interpretazioni, sarà addirittura ridotto al 10% – mentre il grosso sarà giocato sulla qualità del servizio. In tempi di incidenti tragici sulle strade italiane, come quello avvenuto sulla A36 lo scorso maggio, l’attenzione alla sicurezza è doverosa. Ma una domanda rimane: era davvero necessario un intervento normativo di questa portata, infilato in un decreto scolastico? E soprattutto: siamo sicuri che questo approccio sia sostenibile nel lungo periodo?

Dal principio del risultato al principio dell’eccezione

Il Codice dei contratti del 2023 è nato sotto la spinta del principio del “risultato”: più qualità, meno burocrazia, più libertà decisionale per le stazioni appaltanti, purché nel rispetto dei principi. In altre parole: meno regole specifiche, più responsabilitàEppure, con l’intervento sulle gite scolastiche, il legislatore sembra tornato ai vecchi vizi. Non solo si aggiunge una nuova eccezione al principio di libertà nella scelta del criterio di aggiudicazione, ma lo si fa – ancora una volta – con una norma micro-settoriale, di dettaglio, senza visione d’insieme. Chi lavora nel settore, dagli operatori economici ai dirigenti scolastici, passando per i legali, si ritrova così a rincorrere continue modifiche, spesso nascoste in decreti-legge che con gli appalti hanno poco o nulla a che vedere.

Un codice “puntellato” e instabile

Sedici modifiche in trenta mesi. Una ogni due mesi. È questo il bilancio (provvisorio) del Codice dei contratti pubblici. Dal subappalto alla qualificazione delle stazioni appaltanti, dal principio di fiducia alla disciplina transitoria, dalle deroghe per il PNRR alle regole per le gare informatiche: ogni urgenza nazionale sembra trovare la sua valvola di sfogo nel Codice, che più che una norma-quadro sta diventando un colabrodo. La modifica sull’art. 108 non è un caso isolato. È l’ennesima dimostrazione che, nonostante i buoni propositi iniziali, la tentazione della micro-normazione non è mai passata. Il rischio? Creare tanti piccoli codici settoriali dentro il codice generale. Una babele normativa in cui nessuno sa più cosa valga davvero, se non dopo aver consultato l’ultimo aggiornamento.

Più che norme, servono istruzioni

Il paradosso è che l’obiettivo della modifica – aumentare la sicurezza – poteva essere raggiunto senza cambiare la legge. Sarebbe bastata una circolare tecnica, una linea guida ANAC, una nota operativa del MIT. Invece, si è preferito ancora una volta mettere mano al codice. Una scelta miope. Le scuole, oggi, hanno bisogno di supporto operativo, non di norme scritte in burocratese. Hanno bisogno di capire come scrivere un capitolato, come valutare una clausola di sicurezza, come scegliere il fornitore giusto. Non di nuovi articoli che complicano la vita e moltiplicano il rischio di errore.

Considerazioni (liberali) finali

Per chi crede in un’amministrazione leggera, efficiente, liberale, il ritorno delle norme di dettaglio è un campanello d’allarme. Il Codice dei contratti rischia di diventare uno strumento autoritario, non perché impone disciplina, ma perché pretende di risolvere ogni problema con una legge. Il liberalismo, quello vero, non è assenza di regole, ma fiducia nelle capacità delle persone, nella responsabilità degli operatori, nell’efficienza di un’amministrazione che funziona se ben guidata, non se ingabbiata. E allora sì, le gite scolastiche devono essere sicure. Ma per farle sicure non serve per forza un nuovo comma. Servono istruzioni chiare, applicazione coerente dei principi e formazione adeguata. Non l’ennesima toppa su un tessuto che inizia a strappare da tutte le parti.

 

Di Riccardo Renzi