Multe valide in caso di Autovelox non omologati, ma approvati: il tribunale di Bologna con la sentenza n. 1816/2025 riconosce legittimità sanzioni

Una recente sentenza del Tribunale di Bologna riapre il dibattito sulla legittimità degli autovelox approvati, ma privi di omologazione. Per il giudice, sono comunque validi se tarati e verificati

Nel sempre acceso dibattito giuridico e mediatico sulla validità delle multe per eccesso di velocità rilevate con autovelox, arriva un nuovo pronunciamento destinato a far discutere. Il Tribunale di Bologna, con la sentenza n. 1816/2025 (Sezione II civile, emessa il 10 luglio e pubblicata il 9 agosto), ha confermato la legittimità di una sanzione amministrativa fondata su un accertamento effettuato tramite un dispositivo approvato, ma non omologato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

La decisione si inserisce nel solco di un orientamento sempre più pragmatico, capace di bilanciare il rigore tecnico con le esigenze concrete della amministrazione. Nel caso esaminato, il giudice ha respinto il ricorso presentato da un automobilista che contestava la multa ricevuta per eccesso di velocità sostenendo l’invalidità dell’accertamento in quanto effettuato con un dispositivo privo di omologazione. L’apparecchio, però, risultava regolarmente approvato, tarato e sottoposto a verifica periodica. Tanto è bastato per ritenere legittima la sanzione.

Al centro della controversia c’è un nodo tecnico-giuridico ben noto: la distinzione - spesso fonte di confusione - tra “approvazione” e “omologazione” degli strumenti di rilevazione automatica della velocità. L’art. 201 del Codice della Strada, al comma 1-ter consente infatti l’accertamento delle violazioni tramite dispositivi “omologati ovvero approvati”, specificando che ciò vale proprio nei casi in cui non sia possibile contestare immediatamente l’infrazione. Una formulazione che, secondo il Tribunale, non lascia spazio a interpretazioni riduttive: l’approvazione è sufficiente, purché lo strumento sia stato verificato e tarato correttamente.

Il giudice ha evidenziato che l’approvazione non è un ripiego tecnico, ma una condizione legittimante pienamente prevista dalla normativa. L’obiettivo del legislatore, infatti, non è quello di privilegiare una etichetta tecnica sull’altra, ma di garantire l’affidabilità degli strumenti utilizzati per accertare le violazioni. In questa ottica, se l’apparecchio è stato approvato dal Ministero, sottoposto a regolare manutenzione, verifiche metrologiche e tarature aggiornate, l’accertamento è da ritenersi valido.

A rafforzare tale impostazione è anche l’art. 4 del D.L. 121/2002 che disciplina in modo coerente l’uso di strumenti di rilevazione automatica. Nonostante la Cassazione abbia recentemente sottolineato - con ordinanze come la n. 10505/2024 - la preferenza per gli strumenti omologati, il tribunale felsineo ha ritenuto che, in assenza di una prova contraria concreta, l’approvazione rappresenti un titolo legittimo e sufficiente.

Nel caso concreto, tutti gli elementi a supporto della validità dell’accertamento erano presenti: l’autovelox era stato approvato con decreti ministeriali risalenti al 2003 e 2005 ed era stato verificato nel dicembre 2021 mentre l’infrazione risaliva al 2 novembre 2022. L’immagine dell’auto sanzionata mostrava con chiarezza la targa, la velocità rilevata (67 km/h) era stata correttamente convertita a 62 km/h rispettando l’obbligo di riduzione previsto per la tolleranza tecnica e il limite in vigore era di 50 km/h.

Mancavano, inoltre, contestazioni tecniche precise da parte del ricorrente il quale si era limitato a invocare l’assenza dell’omologazione come vizio assoluto. Ma per il giudice ciò non è sufficiente: il processo civile non conosce "verità legali" astratte, ma si fonda sul materiale probatorio disponibile. E nel caso specifico, l’istruttoria fornita dall’ente accertatore era sufficiente e coerente.

La sentenza ha anche un impatto operativo non secondario per gli Uffici verbali e per i Comandi di Polizia locale. In primo luogo, chiarisce che, in caso di accertamenti effettuati tramite dispositivi automatici, l’approvazione ministeriale è utilizzabile a pieno titolo, a condizione che sia accompagnata da una documentazione tecnica puntuale e da una manutenzione scrupolosa dello strumento. In secondo luogo, ribadisce l’importanza di conservare e allegare al fascicolo difensivo tutti gli elementi essenziali: decreti di approvazione, certificati di verifica, report tecnici, immagini leggibili della targa, indicazioni sulla velocità rilevata e su quella effettiva dopo le riduzioni.

Resta comunque aperta la questione del contrasto interpretativo con alcune recenti posizioni della Cassazione le quali continuano a generare incertezza tra amministrazioni e cittadini. È per questo che, nonostante il chiarimento offerto dal Tribunale di Bologna, si suggerisce un approccio prudente e attento alle evoluzioni giurisprudenziali, soprattutto quando si adottano decisioni organizzative a livello locale. 

La sentenza, in ogni caso, rappresenta una conferma dell’indirizzo giurisprudenziale più pragmatico, che guarda alla sostanza più che alla forma: l’affidabilità dello strumento e la correttezza dell’iter tecnico-amministrativo contano più del semplice titolo formale. E questo, alla fine, risponde anche a un principio fondamentale del diritto: quello della ragionevolezza.

Di Fulvio Pironti