La demografia delle nostre città: cresce la percentuale di anziani e di stranieri, ma la popolazione cala e il tasso di fecondità è ai minimi storici
La composizione degli abitanti dell’Italia è destinata a essere completamente stravolta, soprattutto nelle fasce giovanili e di popolazione attiva, composta sempre più da immigrati, che poi si riproducono a un tasso quasi doppio rispetto alla media italiana
Se siete rimasti in città in questi giorni di agosto, e vi siete tenuti alla larga dalle vie e le piazze del turismo, ecco, dando una occhiata alle persone che incrociate camminando vi sarete fatti una idea abbastanza realistica di come saranno le metropoli italiane nel giro di una trentina di anni.
Anziani che passeggiano, in genere soli o aiutati da badanti. E per il resto quasi solo stranieri, o italiani di seconda generazione, di origine asiatica, araba o sudamericana. A qualcuno piacerà poco, ad altri di mentalità più aperta sembrerà una evoluzione inevitabile, ma questo è.
D’altronde la demografica è una scienza esatta e piuttosto inesorabile nella descrizione delle tendenze: basta dare una occhiata ai dati Istat per l’Italia e tutto appare chiaro.
Nel 2025 sulla Penisola risiedono 58,9 milioni di persone, di cui circa il 25% over 65 anni. Nel 2050 la percentuale salirà al 35%. La popolazione invecchia, e si tende a vivere di più (l’aspettativa di vita in Italia, tra le più alte in Europa, è di 83,4 anni).
La popolazione, tuttavia, sta anche calando ininterrottamente dal 2014. Nel 2024 ci sono stati 651 mila decessi (-3,1% sul 2023) e 370 mila nascite (-2,6% sul 2023): un saldo negativo di 281 mila unità. Che, tuttavia, viene in parte mitigato dall’andamento delle immigrazioni e delle emigrazioni. Nel 2024 dall’estero sono arrivati in Italia 435 mila immigrati, un flusso che continua a mantenersi sostenuto. Mentre hanno lasciato l’Italia circa 191 mila persone, verso Germania, Spagna e Regno Unito.
Perciò la popolazione cala, ma aumenta la proporzione di stranieri: ora sono il 9,2%, ma nel 2050 saranno già il 16,5%, in una progressione esponenziale.
E a tutto questo va aggiunto il tasso di fecondità: in Italia è ai minimi storici, pari a 1,18 figli per donna. Ma se il dato si circoscrive solo agli immigrati stranieri, il tasso sale a quasi due figli per donna.
Quindi la composizione degli abitanti dell’Italia è destinata a essere completamente stravolta, soprattutto nelle fasce giovanili e di popolazione attiva, composta sempre più da immigrati, che poi si riproducono a un tasso quasi doppio rispetto alla media italiana.
Tornando alla fotografia attuale dell’Italia, emerge infine plasticamente la frattura Nord-Sud. L’aspettativa di vita media è 81,4 anni per gli uomini e 85,5 anni per le donne, ma le prospettive migliori sono nel Nord, con 82,1 anni per gli uomini e 86 anni per le donne. In particolare, trionfa il Trentino-Alto Adige con 82,7 anni per gli uomini e 86,7 anni per le donne. Quanto al calo generalizzato della popolazione, va tuttavia segnalato che nel Nord-Italia si assiste a un aumento, mentre le diminuzioni ci sono nel Centro e nel Sud, soprattutto nelle aree interne. Le regioni dove la popolazione cresce di più sono il Trentino-Alto Adige e l’Emilia-Romagna (+3,1 per mille), e la Lombardia (+2,3 per mille). Quelle dove invece la popolazione diminuisce di più sono la Basilicata (-6,3 per mille) e la Sardegna (-5,8 per mille).
di Claudio Plazzotta