Torre Generali, scritta pericolante a CityLife: il caldo non fa collassare i grattacieli… o dobbiamo dargli la colpa pure di questo?

Nessuna fusione da caldo record: la scritta in cima alla Torre Generali è pericolante, ma non per temperature che neanche lontanamente possono impattare un grattacielo.

Oggi Milano è finita su tutti i siti d’informazione per il cedimento dell'insegna in cima alla Torre Generali a CityLife. Titoli a nove colonne, vigili del fuoco sul posto, telecamere puntate verso l’alto. E, puntuale come un orologio svizzero, il colpevole designato: il caldo.

Peccato che sia, tecnicamente parlando, una sciocchezza.

Partiamo dal punto più semplice. La Torre Generali, come qualunque altro grattacielo contemporaneo, è costruita con materiali come:

  • acciaio (punto di fusione: circa 1400-1500 °C)
  • cemento armato (non fonde, si danneggia solo ad altissime temperature)
  • vetro (fuso a 1400-1600 °C)
  • alluminio (fonde a circa 660 °C, ma in pezzi di rivestimento)

Oggi, a Milano, c’erano circa 35-38 gradi. Anche considerando l’effetto sole sulle superfici, non superiamo 70-80 °C sulla pelle degli edifici. Nemmeno lontanamente vicino al punto di fusione di qualsiasi metallo.

Tradotto: non cede da solo proprio niente.

All’origine ci sarà semmai la meccanica, non il caldo.

Chiariamo un’ultima volta il punto. Il caldo di per sé non può essere la causa del crollo della scritta Generali. Al massimo, il caldo provoca dilatazioni termiche: i metalli si allungano, le strutture ‘lavorano’ un po’ di più, ma non collassano da sole. Se ben costruite.

Se un’insegna cede, è perché c’è un problema meccanico: fissaggi indeboliti, errori progettuali, vibrazioni, mancanza di manutenzione. Il caldo può essere una concausa, certo, ma non basta da solo a far venire giù pezzi di metallo.

E infatti basta guardare Dubai, dove le torri vivono stabilmente in temperature di 45-50 °C e non si sciolgono ogni estate. Se il caldo bastasse a far crollare le insegne, Dubai sarebbe un cumulo di lamiera sotto il sole.

Il rischio della narrazione “apocalisse climatica”

Infilare il “caldo record” anche dove non c’entra nulla è semplicemente cattivo giornalismo. Alimenta un clima di psicosi, dove ogni vite spanata diventa colpa del global warming.

Un conto è denunciare il cambiamento climatico. Un altro è attribuirgli colpe fisicamente impossibili.

Perché no, non esiste un giugno milanese abbastanza caldo da far cedere parte del cartellone della Torre Generali come fosse cera. E nemmeno la scritta rossa in cima. Altrimenti, tutti i grattacieli di Dubai dovrebbero essere spariti da un bel pezzo, e non sembra questo il caso.

La verità è noiosa: la torre resta solidissima. La scritta si sarà allentata, qualche bullone avrà ceduto. Intervengono i vigili del fuoco, si mette tutto in sicurezza, e si risolve. Fine.

Senza bisogno di evocare scenari da Armageddon climatico.

La fisica, fortunatamente, non legge i titoli dei giornali