Genova, il processo al “re dei surgelati” rischia di essere trasferito a Palermo, ma nessuno stop a udienze
Salvatore Vetrano è accusato di evasione fiscale e riciclaggio: la riforma Cartabia salverebbe le prove emerse in udienza, ma a decidere sarà la Cassazione
Il processo a Salvatore Vetrano, l’ex “re” dei surgelati al centro di un’inchiesta per evasione fiscale e riciclaggio di capitali provenienti dalla Sicilia, è iniziato lo scorso 7 maggio. Rischia però di essere trasferito a un tribunale diverso da quello di Genova, nonostante uno dei protagonisti delle indagini, un investigatore della Guardia di Finanza, abbia già iniziato la sua testimonianza. Le udienze per ora continueranno nonostante la difesa abbia sollevato l’eccezione di incompetenza territoriale, chiedendo che il processo sia spostato a Palermo. A decidere sarà la Corte di Cassazione, il prossimo 3 ottobre, ma nel frattempo il giudizio non si fermerà. E se la suprema corte dovesse decidere di cambiare il tribunale, secondo alcune letture tutte le prove emerse nelle udienze celebrate sotto la Lanterna potrebbero essere considerate valide e utilizzabili, senza la necessità di ricominciare de zero. Una possibilità introdotta dalla riforma della giustizia che porta il nome della ministra della Giustizia del governo Draghi, Marta Cartabia.
A chiedere il trasferimento del processo è stata la difesa di Vetrano, dopo una prima bocciatura davanti al giudice per l’udienza preliminare. L’uomo è tuttora in carcere dopo che era stato arrestato per questa vicenda nel febbraio di un anno fa. Su richiesta del pm della Direzione distrettuale antimafia Federico Manotti e del collega Giancarlo Vona, specializzato in inchieste finanziarie. La presenza di almeno un imputato sottoposto a misura cautelare, di certo, è un elemento che impone maggiore celerità. Il caso poi è particolarmente complesso e il collegio di giudici davanti al quale è in corso il processo ha deciso, come previsto dalla riforma, di trasmettere la richiesta dell’avvocata alla Cassazione. Nel mentre, appunto, il procedimento prosegue. Dopo la pausa estiva ci sarà tempo ancora per un’udienza, a settembre. Poi arriverà la decisione della Suprema corte.
Assieme a Vetrano - unico al quale è contestata l’aggravante di aver agevolato Cosa Nostra, in particolare i clan di Capaci-Isola delle Femmine - sono imputati suo cognato Pietro Bruno, che di quel mandamento, secondo il giudice per le indagini preliminari, era il reggente. E che per mafia è già stato condannato e in passato ritenuto vicino a Totò Riina. A giudizio ci sono poi la moglie di Vetrano, Anna Bruno e l’imprenditore ittico genovese Mauro Castellani. I reati dei quali sono accusati i quattro sono a vario titolo associazione a delinquere, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, dichiarazione fraudolenta e omesso versamento dell’Iva.