Rivolta nel carcere di Marassi, il detenuto stuprato in cella resta in ospedale e riconosce i suoi aguzzini

La vittima, un diciottenne recluso da marzo, era stato spostato più volte di sezione per le sue intemperanze. La procura indaga anche per omessa vigilanza

E’ stato sentito a lungo dal sostituto procuratore Luca Scorza Azzarà il detenuto diciottenne seviziato e violentato nel carcere di Marassi per almeno due giorni da quattro compagni di cella e li ha individuati uno a uno dall’album fotografico che gli hanno mostrato gli inquirenti. Il ragazzo, che ha anche escluso la responsabilità di un quinto detenuto, si trova in ospedale al San Martino: ha ottenuto i domiciliari e quando sarà dimesso sarà trasferito in una comunità sanitaria.

Il diciottenne era entrato in carcere per la prima volta a marzo, prima viveva in strada. Ha una storia di disagio e fragilità tanto che i familiari (che vivono in Toscana) avevano interrotto i contatti con lui. Era stato già spostato ben sei volte tra le celle dentro il carcere di Marassi: non era un violento e non era mai stato picchiato, ma aveva difficoltà a rapportarsi con gli altri con tratti talvolta provocatori. E proprio il fatto che si trattava di un ragazzo tanto giovane quanto problematico è uno degli aspetti che la Procura vuole approfondire anche acquisendo tutte le relazioni del carcere su questi continui trasferimenti da un cella a un’altra. Si tratta di accertamenti di cui anche gli ispettori ministeriali del Dap si stanno occupando e che potrebbero coinvolgere gli stessi vertici del carcere se dovessero emergere profili di negligenza.

Il pm Scorza Azzarà esaminerà in primis le relazioni di servizio compilate a valle dei vari trasferimenti: devono contenere una spiegazione – per quanto sintetica – della matrice di quella scelta. C’è stata qualche forma di leggerezza nell’assegnare un detenuto dai tratti psicologici un po’ provocatori, per com’erano emersi nel primo segmento di detenzione, a uno spazio in cui erano presenti uomini di 10 o vent’anni più adulti e d’indole aggressiva? E ancora: com’è stato possibile che i maltrattamenti, profondi, si siano protratti lungo un arco di quasi 72 ore senza che gli agenti rilevassero anomalie? Entrambi i filoni vengono approfonditi in queste ore dalla Procura. E per quanto riguarda il secondo, in particolare, va ricordato che il protocollo base delle verifiche quotidiane da compiere nelle celle prevede la presenza di due operatori delle forze dell’ordine, l’accertamento che tutti i reclusi di quel locale siano presenti e la verifica delle condizioni di chi eventualmente si trovi a letto. È infatti ritenuto probabile che il diciottenne sia stato intimidito dai picchiatori, i quali potrebbero avergli ordinato di stendersi e coprirsi all'atto delle ricognizioni poliziesche. E però è indubbio che se il rilievo fosse stato un po’ più approfondito, difficilmente non sarebbe emerso quel che stava accadendo.