Il potere: una breve riflessione ispirata dal saggio del Professor Alessandro Roncaglia, ho compreso il monito di Giorgio Agamben
“Il lavoro che ci sta davanti può cominciare solo là dove tutto è perduto, senza compromessi e senza nostalgie". Mario Draghi: "Ci sono i potenti e i normali. I potenti sono quelli che contano, i normali sono quelli che guardano la realtà da normali"
Circola da qualche anno un video in cui Mario Draghi pronuncia queste parole: “Porto a casa il fatto di riuscire a guardare al potere e ai potenti. Anch’ io ho fatto parte della recita, ma ora non più. Ecco perché non faccio molta fatica a staccarmi dalla situazione in cui mi trovo e a guardarmi da fuori. Ci sono i potenti e i normali. I potenti sono quelli che contano, i normali sono quelli che guardano la realtà da normali, appunto, con stupore e con distacco. (…) Non tutti gli italiani sono attori, la maggior parte non lo sono”.
Le parole di Mario Draghi mi tornano in mente dopo avere terminato la lettura del saggio Il potere del Professor Alessandro Roncaglia, Professore Emerito di Economia Politica alla Sapienza, Accademico dei Lincei.
Dopo una fase di dissidenza - maturata contro i lock down, gli obblighi vaccinali, le sanzioni alla Federazione Russa, la censura sui social media eccetera eccetera – nella quale mi bastava “schierarmi contro” per avere la certezza di essere dalla parte giusta (e lo ero, come lo sono!), vivo una fase di riflessione costruttiva: non è sufficiente “schierarsi contro”, occorre contribuire a costruire un’alternativa. Così, è riemersa in me (ma anche in molti altri) la domanda che a un certo punto si devono porre tutti i dissidenti: qual è la mia visione politica?
E ancora, facendo un altro passo avanti: sono massimalista o riformista?
Temo che in questo mio ragionamento esternato mi seguiranno in pochi, per cui vengo subito al punto: se fino a una certa data i miei compagni di lotta erano (anche) i marxisti e (persino) i neofascisti, ha un senso per me – vecchio liberale – votare Marco Rizzo?
In definitiva, la domanda alla quale devo dare una risposta è una soltanto: qual è la mia visione politica?
In un discorso pubblico, il Professor Roncaglia si è definito “rosa pallido”. Traducendo, un uomo lontano sia dal marxismo che dal neoliberismo che ha il coraggio di rivendicare il meglio dell’eredità riformista, da Carlo Morselli a Riccardo Lombardi. Mi ritrovo in questa definizione: liberale ma non neoliberista, convinto della necessità di tutelare la concorrenza con severe normative antitrust, i meno abbienti con politiche a favore dell’accesso all’istruzione superiore, la salute pubblica destinando adeguate risorse al servizio sanitario nazionale.
Il saggio del Professor Roncaglia ha un approccio multidisciplinare (filosofia, sociologia, diritto, economia) ed è una lettura alla portata di molti. Ovviamente, chi conosca i temi di volta in volta trattati sarà in grado di apprezzare più a fondo le riflessioni sui singoli autori; per tutti gli altri, sarà uno stimolo per approfondire in un secondo momento.
Gli ultimi capitoli potrei definirli “un’agenda riformista”, o “suggerimenti alla sinistra”: quattro temi principali vengono toccati (la riforma della pubblica amministrazione, del sistema tributario, della giustizia e del sistema scolastico).
Non posso che essere d’accordo: sono temi fondamentali e finiti ai margini del dibattito politico.
Tuttavia, l’agenda è davvero poca cosa rispetto alle sfide (davvero epocali) che ci troviamo ad affrontare.
Ci sono temi che non vengono neppure accennati e – con sorpresa – si tratta in molti casi di temi macroeconomici. Ritengo che il non accennarvi sia stata una scelta ponderata: temi da massimalisti per eccellenza, non da “rosa pallido”. Il primo è quello dell’emissione di moneta (e, come suo corollario – quello della sovranità monetaria). Vi sono accenni storici (a Bretton Woods, al suo superamento da parte di Richard Nixon quando – nel 1971 - dichiarò l’inconvertibilità del dollaro), ma mi sarei aspettato (in un saggio con quel titolo) una disamina del potere esercitato dai banchieri privati sui Governatori delle banche centrali. Il neoliberismo è esattamente questo: il predominio della finanza sulla politica a tutti i livelli e il primo da considerare è l’esercizio del potere di decidere in materia di politica monetaria.
Altro tema fondamentale è l’assetto geopolitico del mondo: qui non si trova neppure un accenno ai cambiamenti in atto. Non è sufficiente citare qualche organismo sovranazionale se poi non si denunciano le pesanti infiltrazioni lobbistiche (presenti ovunque ma particolarmente evidenti nella NATO, nell’OMS e nella Commissione Europea).
Come ha detto Mario Draghi, occorre guardare al potere e ai potenti: qual è il potere di Bill Gates, Elon Musk, Larry Fink di BlackRock o di George Soros?
Forse, esaminando in dettaglio le ramificazioni del potere di un uomo come Bill Gates, il lettore avrebbe avuto una rappresentazione concreta di concetti astratti: nel 2017, con la costituzione del CEPI (a Davos, sede del World Economic Forum) il 21 luglio 2017 da parte della Bill & Melinda Gates Foundation, della casa farmaceutica Wellcome e del World Economic Forum presieduto dal Professor Klaus Schwab e della Norvegia (il cui fondo sovrano utilizza gli algoritmi sviluppati da BlackRock), inizia l’opera di lobbying per modificare la legislazione in materia di approvazione dei vaccini. Qui il documento ufficiale https://www.who.int/medicines/ebola-treatment/TheCoalitionEpidemicPreparednessInnovations-an-overview.pdf .
Elon Musk non soltanto controlla il sistema satellitare Starlink – indispensabile per gestire la guerra moderna – ma (con la sua Neuralink) è anche il promotore del più ambizioso progetto transumanista della Storia e ha già impiantato microchip all’interno di esseri umani (per ora facendosi scudo di motivazioni umanitarie, domani chissà).
Larry Fink gestisce 5,4 trilioni di dollari (che diventano 7 aggregando Vanguard, fondo collegato da BlackRock da intrecci azionari). Orientare gli investimenti in una Nazione piuttosto che in un’altra può determinare il successo (o l’insuccesso) del governo locale (si pensi all’esperimento anarco capitalista di Javier Milei, sostenuto dal World Economic Forum nonostante le critiche che il Presidente argentino gli ha rivolto giusto un paio di settimane fa).
Inutile aggiungere che le manovre di George Soros hanno pesantemente influito sul buon esito di rivoluzioni colorate, hanno fatto tremare e persino cadere governi e – non da ultimo – censurato noi dissidenti diffondendo notizie spacciate per vere ma completamente false: per restare a Mario Draghi “Non ti vaccini, ti ammali, muori”.
Concludo con un accenno alla peculiare situazione italiana: che senso ha scrivere un saggio sul potere e tacere sulla nostra sudditanza dagli Stati Uniti? Accennare in forma dubitativa a influenze americane in relazione al caso Moro, a Mani Pulite o a Gladio è peggio che omissivo, è mistificatorio.
Insomma, tornando alla mia domanda: qual è la mia visione politica? La mia visione - che coniuga liberalismo e socialdemocrazia, tutela dei diritti individuali e ruolo dello Stato nel garantire libera concorrenza e i diritti fondamentali sanciti da tante convenzioni rimaste lettera morta – è simile a quella di altri laici moderati, incompatibile con quella dei marxisti, dei neoliberisti, dei sovranisti (che credono di potere risolvere a livello locale problemi che coinvolgono intere aree geografiche).
Nessuna forza politica mi rappresenta (e questo già lo sapevo). Prendo atto delle parole di Mario Draghi e, per quel poco che ho imparato in 10 anni spesi a fianco di un membro del Gruppo Bilderberg, non posso che dargli ragione. La lettura del saggio del Professor Alessandro Roncaglia mi ha chiarito le idee e la consiglio a tutti con un avvertimento: io l’ho iniziata da riformista e poso il libro da massimalista. Ho compreso il monito di Giorgio Agamben: “Il lavoro che ci sta davanti può cominciare solo là dove tutto è perduto, senza compromessi e senza nostalgie”.
Di Alfredo Tocchi.