Genova, dipendenti pubblici indagati per le pause caffè e i ritardi, il giudice proscioglie 13 persone

Gli accertamenti della polizia locale erano partiti dopo la segnalazione di un dirigente del Comune. Ma è emerso che l'ammanco non superava i 400 euro

Secondo la polizia locale i tredici dipendenti comunali assegnati a turno all’ufficio distaccato di via Prè per raccogliere le segnalazioni dei residenti del centro storico di Genova si erano assentati a più riprese dal posto di lavoro. Pause per un caffè o più lunghe (sino a 35 minuti), senza che queste venissero segnalate nel registro delle presenze, che sostituiva la normale timbratrice elettronica dei cartellini, assente in quel locale. E senza avvisare il proprio responsabile. Ma vi sarebbero state anche incongruenze fra l’orario d’ingresso dichiarato e quello effettivo. La giudice per l’udienza preliminare Paola Faggioni però ha archiviato tutte le accuse nei confronti di questi dipendenti, spiegando che «non emerge in alcun modo la prova che gli indagati si sono allontanati per motivi diversi da quelli di servizio». Anche perché «non è stata svolta alcuna attività di indagine (quale ad esempio servizi di osservazione e pedinamento) per accertare dove si recassero i dipendenti nei momenti in cui si allontanavano dai locali di via Prè». I quali, ricorda la giudice, in base agli atti dell’inchiesta avrebbero cagionato al Comune di Genova complessivamente, in sei mesi, 330 euro di danno. Quindi le contestazioni del reato di truffa ai danni di un ente pubblico per tutti i lavoratori vanno archiviate perché il fatto non costituisce reato (per uno invece è arrivato il proscioglimento perché il fatto non sussiste).
L’indagine della polizia locale era partita dalla segnalazione del settembre 2022 di un dirigente dell’ufficio Rigenerazione urbana e Centro storico del Comune, come si legge nell’ordinanza di archiviazione. Aveva avanzato sospetti sulla veridicità delle attestazioni di presenza dei dipendenti che, a rotazione, venivano assegnati agli uffici al 151 rosso di via Prè. Gli agenti della polizia locale avevano acquisito le immagini di una telecamera di sorveglianza cittadina collocata nella strada, girate fra l’8 giugno e il 29 ottobre del 2022. Dopodiché ne avevano installata una nascosta dentro il locale, rimasta attiva sino al 23 dicembre dell’anno successivo. Secondo gli investigatori, erano così emerse discrepanze fra gli orari di ingresso effettivo e quelli autocertificati dai dipendenti sulla piattaforma “IrisWeb”. L’unico modo per registrare la presenza in ufficio, vista la mancanza di una timbratrice di cartellini elettronici. Ma, come detto, ci sarebbero state anche uscite non giustificate e non registrate.
Sulla base degli elementi raccolti dalla polizia locale, già il pubblico ministero titolare del fascicolo aveva ritenuto di chiedere l’archiviazione per particolare tenuità del fatto. Insomma, i fatti contestati sarebbero stati commessi, per l’accusa, ma per loro natura erano talmente blandi da non poter arrivare a una sentenza piena di condanna. Gli indagati però si sono opposti alla richiesta, sostenendo di non aver commesso nulla di sbagliato. La giudice Faggioni, oltre a evidenziare l’assenza di elementi che comprovino assenze o ritardi per motivi personali, ha sottolineato come «si ritiene che allontanamenti di breve durata possano essere giustificati dall’esigenza di acquistare una bottiglietta d’acqua o uno snack all’esterno, tenuto conto dell’assenza di distributori di cibi e bevande nella sede» di via Prè.