19 Dicembre 2024
Geri Lensi Orlandi Cardini
Se n'è andato per un malore improvviso, l'architetto fiorentino Geri Lensi Orlandi Cardini, 85 anni, grande amante del Monte Argentario dove possedeva un casa nella quale trascorreva quasi tutti i weekend estivi, ma anche lunghi periodi invernali. Il decesso è infatti avvenuto a pochi giorni dal Natale nella sua abitazione di Sant'Antonio, una frazione del Comune di Monte Argentario, sopra il Convento dei Padri Passionisti. Ad accorgersi che qualcosa non andava, un amico con il quale avrebbe dovuto fare colazione, che non avendo più sue notizie si è recato nell'abitazione, ubicata nel bosco, trovandolo accasciato per terra. L'Argentario era un luogo che l'architetto amava particolarmente per la sua tranquillità e riservatezza, così come amava particolarmente la grande villa di Pian de Giullari così piena di cimeli e ricordi legati al Calcio Storico Fiorentino. L'architetto era infatti nipote di Alfredo Lensi (Firenze 1871 - Firenze 1952) anch'egli architetto, celebre a Firenze per aver "riesumato" negli anni Trenta il celebre gioco antesignano del moderno calcio, ridisegnando i costumi del corteo storico fiorentino, di cui conservava una collezione di tutti i bozzetti. Il Premio Marzocco d'Oro alla memoria era stato ritirato due anni fa nel Palagio di Parte Guelfa a Firenze da Geri in persona. I funerali sono previsti nella Chiesa di Santa Margherita a Montici domenica 22 dicembre alle ore 15,30. Il nonno Alfredo Lensi nacque a Firenze il 5 Novembre 1871 e già a 18 anni venne assunto come Tecnico nel Comune di Firenze e dallo stesso anno fu nominato dal sindaco come vice segretario della Commissione Storico Artistica creata dal comune per vigilare sulle attività di demolizione del centro storico. Il percorso di Lensi nell’ambito del restauro e della gestione urbanistica lo rende prezioso per l’amministrazione comunale che gli attribuisce numerose responsabilità: restaura nel corso della sua lunga e proficua carriera anche il Palagio di Parte Guelfa, interventi su Torre San Niccolò e sulle mura di Porta Romana, riorganizza inoltre la piazza San Lorenzo, il restauro del complesso monastico della Verna, gli arredi per la nuova sede del Gabinetto Vieusseux a Palazzo Strozzi, la realizzazione di alcune di ville tra cui la propria, ubicata nel borgo storico di Pian de Giullari sulle colline di Firenze, e quella per le sorelle Orlandi Cardini a Firenze e la realizzazione del Sacrario ipogeo nella cripta di Santa Croce a Firenze. Segue i lavori di demolizione del Ghetto di Firenze e nel 1907 viene nominato dal sindaco come capo dell’Ufficio Belle Arti del Comune di Firenze carica che ricoprirà fino al 1934 rimanendo comunque un riferimento sulla conoscenza delle architetture fiorentine fino alla sua scomparsa. Nello stesso anno viene incaricato della riorganizzazione del Museo Stibbert, ruolo che ricopre fino alla sua scomparsa l’11 marzo del 1952. Si occupa delle principali trasformazioni ed interventi sul patrimonio fiorentino tra cui: la riapertura dei quartieri residenziali e ricomposizione dello Studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio; ordinamento della donazione Loeser in Palazzo Vecchio e riapertura della Sala d'Armi su Piazza della Signoria; riorganizzazione del Museo Stibbert; interventi sul Palagio di Parte Guelfa; interventi su Torre San Niccolò e sulle mura di Porta Romana; riorganizzazione di piazza San Lorenzo. Come ricercatore e studioso ha pubblicato alcuni libri anche come ricaduta teorica e conoscitiva del proprio percorso progettuale, tra cui si ricordano: Palazzo Vecchio, Museo Stibbert, Napoleone a Firenze, La Verna, Poggiofrancoli, La donazione Loeser, Il giuoco del calcio fiorentino. Membro dell'Accademia delle Arti del Disegno nel 1940 riceve dalla Reale Accademia d'Italia un encomio nella classe delle Arti per il suo ruolo di cultura e di architetto sul patrimonio fiorentino. La riapertura della Sala d’armi di Palazzo Vecchio su Piazza della Signoria e la riorganizzazione del Museo Stibbert, innesca un interesse particolare per l’aspetto rievocativo legato alla ripresa della manifestazione legata al Giuoco del Calcio a Firenze. Negli anni 1928/29 viene incaricato di effettuare una ricerca storico-filologica sulla ricostruzione del Gioco del Calcio Fiorentino, tanto che nel 1931 per la Tipografia Classica della Società Editrice Rinascimento del Libro pubblica il volume dal titolo “Il Gioco del Calcio Fiorentino”. Insieme al altri collaboratori, in primis un anziano Pietro Gori, riesumatore del Calcio nel 1898, progetta la struttura del campo di gioco, ma soprattutto disegna in bozzetti di alcuni principali abiti storici del Corteo e dei Calcianti. Alfredo Lensi pubblica un importante numero di articoli e saggi e redige per l’Enciclopedia Treccani la parola “Armi” grazie all’esperienza maturata presso il museo Stibbert. L’attività fondamentale di Alfredo Lensi sul Calcio Storico Fiorentino è descritta in modo coerente e preciso in un volume dedicato al recupero della manifestazione.
La tradizione del Gioco del Calcio Fiorentino
Anticamente veniva giocato in inverno, per Carnevale, oggi si svolge in estate. Numerose erano le piazze nelle quali poteva svolgersi una partita di Calcio, a Il Prato, piazza Santa Maria Novella, piazza del Carmine, piazza Santa Croce erano soltanto alcune dove vi si svolgeva una partita organizzata. Per giocare al Calcio si circondava la piazza con uno steccato, addobbando i padiglioni con il colore delle livree delle due squadre. La linea centrale del campo separava in due metà perfettamente uguali la piazza. Vi erano arbitri e giudici che da posizioni strategiche regolavano il giuoco e decidevano su ogni diatriba. Con un corteo imponente, i giocatori divisi in due schiere, si portavano sulla piazza per giocare una partita di Calcio Fiorentino. Le bandiere in testa portate con orgoglio da un Alfiere ciascuno. Il gioco consisteva nel portare la palla alla fine del campo avversario, la si poteva colpire con il pugno o con il piede e da ciò chiamato Calcio. I giocatori chiamati Calcianti, erano venticinque o ventisette per parte, e ogni squadra si divideva in quattro ruoli diretti dall’Alfiere, oggi coadiuvato anche da un Capitano. Innanzi, o Corridori, Sconciatori, Datori Innanzi, Datori addietro. I Calcianti erano vestiti ognuno con i colori della livrea della squadra alla quale appartenevano e la divisa era formata normalmente da calze, giubbone, berretto e scarpe sottili, che erano della migliore fattura possibile e indossati in modo impeccabile perché a vedere queste partite di Calcio organizzate vi erano le donne più belle della città e gli uomini più importanti. Era un vero e proprio spettacolo, tutta la città veniva coinvolta e gli spettatori potevano trovarsi anche dopo il tramontar del sole in un grande raduno che riempiva la piazza, le finestre, i balconi e i tetti delle case che circondavano la piazza. Vinceva il gioco chi faceva passare la palla oltre lo steccato di fondo del campo avversario. chi più volte lo faceva aveva vinto la partita. Chi aveva vinto la partita sventolava la propria bandiera e gli Archibugi e le Colubrine sparavano dei colpi a salve per annunciare la vittoria. Ogni volta che la palla oltrepassava lo steccato veniva vinta la caccia e le squadre cambiavano campo. La schiera che vinceva teneva alta la bandiera quella perdente arrotolata e bassa. Quando si scambiavano il campo era un momento molto pericoloso perché chi era perdente difficilmente abbassava la bandiera e chi aveva vinto voleva naturalmente costringerla a farlo dando inizio a vere e proprie mischie e baruffe, dalle quali anche le bandiere potevano uscire rotte o strappate e i giocatori “pesti e mal conci”. Oggi il gioco si svolge in piazza Santa Croce a ricordo di una famosa partita disputata durante l’Assedio di Firenze giocata il 17 febbraio 1530. Il Torneo tra le squadre dei quattro quartieri fiorentini si disputa di norma nel mese di giugno durante i festeggiamenti del patrono San Giovanni Battista.
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