Famiglia Agnelli, ricchi e dannati tra eccessi, intrighi e amori fino alla guerra per l’eredità
Intrighi, successi, fallimenti, lusso, tragedie, della Famiglia Agnelli; tutta la saga familiare da Giovanni a John Elkann ripercorsa nel libro di Jennifer Clark
“L’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato. Forse però non è meno vano affaticarsi a comprendere il passato, ove nulla si sappia del presente”. Così scriveva Marc Bloch in Apologia della storia (1949) ed è parso inevitabile andare alla ricerca della storia familiare e industriale della famiglia più famosa d’Italia, gli Agnelli, per comprendere o per lo meno per avere un’opinione ragionata della storia attuale della famiglia che, come una dinastia reale, ha “mutato” il proprio nome in Agnelli-Elkann. L’ultima dinastia, La saga della famiglia Agnelli da Giovanni a John è il titolo dell’ultimo libro di Jennifer Clark, strumento attento e indispensabile per capire la storia di questa famiglia, considerata “La Famiglia”, la più importante italiana al pari di una casata reale, la storia di cinque generazioni che per un doloroso caso del destino diventano solo tre ma che hanno attraversato tutto lo scorso secolo e che sono arrivate al primo quarto del nuovo.
Leggere il libro della Clark - che ha ricostruito questa saga familiare attingendo ai documenti, a nuovi archivi, a interviste esclusive - significa cercare di capire cosa fa di una famiglia una dinastia: il caso, l’abilità, o la spregiudicatezza? Dalla fondazione della Fiat - nel 1899, grazie al fiuto di Giovanni Agnelli, imprenditore visionario si unì a una cordata di nobili torinesi per realizzare la fabbrica di automobili a cui legherà le fortune di tutti i suoi discendenti, su tutti Gianni Agnelli, l'Avvocato - ai momenti storici delicatissimi, come le due Grandi Guerre, i bombardamenti, i rapporti con il regime fascista, l’altalena di boom e di crisi dell’Italia moderna, la famiglia Agnelli vide parallelamente affiancarsi a questi eventi i destini individuali dei suoi componenti, tra solidi matrimoni, amori scandalosi, morti tragiche e premature di figli ed eredi. Ribellioni e scontri di potere che dovevano fare i conti con la presenza dei riflettori del jet-set internazionale e che invece trovavano rifugio nelle diverse lussuose ville di proprietà.
Ma se vogliamo capire il presente - come scritto sopra - occorre partire dal passato. Diventa infatti impossibile capire alcuni passaggi familiari ed economici, fino ai più recenti, della famiglia Agnelli se non si compie un salto temporale di più di mezzo secolo, fino al 16 dicembre 1945, giorno della morte di Giovanni Agnelli, fondatore dell’impero Fiat. All’apertura del testamento il Senatore Agnelli assegna due dodicesimi del patrimonio al nipote Gianni oltre a Villar Perosa e alla società RIV, cinque dodicesimi ai sei fratelli di quest’ultimo e altri cinque dodicesimi ai sette cugini Nasi stabilendo la regola non scritta che in casa Agnelli il capofamiglia è uno. “Giovanni aveva stabilito il principio che avrebbe sempre regolato la successione in casa Agnelli” e continua la Clark “bisogna che a decidere e comandare sia sempre uno alla volta, in modo da evitare condivisioni del potere o divergenze spinose. Più tardi anche Gianni avrebbe preso quella stessa decisione”. Una decisione che avrebbe però creato molti problemi.
È impossibile nella memoria collettiva slegare il nome degli Agnelli da quello della Fiat, anche se Giovanni, nato a Villar Perosa nel 1866 in una abbiente famiglia di imprenditori piemontesi e grande appassionato di tecnologia e velocità, fu solo uno dei membri fondatori, insieme ad esponenti dell’aristocrazia e della buona società torinese desiderosi di creare un marchio automobilistico italiano. Il 1° luglio 1899 fu fondata la Fabbrica Italiana Automobili Torino, un anno dopo inaugurato il primo stabilimento Fiat e quotata alla borsa di Torino nel 1903; grazie a brillanti intuizioni e ad alcuni episodi di sfortuna - come la morte di alcuni soci - tramutati in fortuna, Giovanni Agnelli divenne sempre più importante nella società tanto da detenere nel 1906 il 41% della società insieme ad altri due soci, mentre il 29% era in mano agli altri soci e il 30% sul mercato quotato in borsa. Grazie al suo ingegno, Giovanni fondò la RIV, (acronimo di Roberto Incerti & C. - Villar Perosa) composta da piccole aziende fornitori della Fiat che gli permisero di reinveste gli introiti in quote Fiat, diventando presto il maggior azionista e portando l’azienda a diventare la più grande azienda italiana.
Ispirato agli stabilimenti di Highland Park di Ford, nel 1921 fu inaugurato il Lingotto, la fabbrica voluta e plasmata da Giovanni Agnelli che Le Courbousier definì “uno degli spettacoli più impressionanti che l’industria abbia mai offerto” divenuta simbolo di Torino, e miccia inaugurale per il cambiamento della città e della famiglia stessa. Proprio in quegli anni, nel 1919, il figlio di
Giovanni, Edoardo, sposò Virginia Bourbon del Monte, principessa romana dal sangue americano, che portò il glamour e l’allure aristocratico agli Agnelli, creando la coppia regina del jet-set italiano degli anni ’20, superata solo dai principi di Piemonte, Umberto e Maria Josè di Savoia. Il matrimonio portò splendidi frutti, ben sette figli in quattordici anni - tra cui l’erede dell’impero Gianni - che andavano di pari passo con i successi industriali della Fiat portandola ad essere il terzo gruppo industriale per grandezza in Italia e a diventare produttrice del 92% dei camion con più di 40.000 dipendenti.
Villa Agnelli in corso Matteotti divenne la casa di Edoardo e Virginia con i loro sette figli: Clara, Gianni, Susanna, Maria Sole, Cristiana, Giorgio e Umberto diventando al contempo uno dei salotti meglio frequentati d’Italia. Seppur nei primi anni dell’avvento del fascismo, il 1927 fu per la famiglia Agnelli un anno importante; Giovanni riuscì infatti ad assicurarsi il controllo totale della Fiat e decise di creare la holding IFI (Istituto Finanziario Italiano), chiave della longevità della famiglia che, mantenendo il controllo all’interno della stessa famiglia, poteva gestire una trentina di società in innumerevoli settori tra cui il quotidiano “La Stampa”, la Juventus Football Club, immobili a New York e una piantagione di cotone in Egitto con unici azionisti Giovanni Agnelli e i suoi due figli, Edoardo e la sorella Tina Nasi, che morirà dopo pochi mesi.
Fu proprio grazie ad Edoardo che la famiglia acquistò la Juventus, costruì il complesso sciistico del Sestriere e rese famosa Forte dei Marmi. La tanto celebre località fu infatti scelta dalla coppia per la costruzione di Villa Agnelli dove trascorrere le vacanze estive con i loro figli diventando subito un elegante luogo di ritrovo. Sotto la grande tenda bianca degli Agnelli in spiaggia era abitudine trovare Oleg Cassini ed Emilio Pucci così come Galeazzo ed Edda Ciano e fu proprio nella località marina che la famigli apprese la notizia che cambiò il destino del giovane Gianni. Edoardo Agnelli morì infatti a bordo del suo idrovolante nel porto di Genova il 14 luglio 1935; il ruolo di comando a questo punto avrebbe dovuto saltare una generazione e passare dal nonno Giovanni al nipote Gianni, il futuro avvocato. La Guerra piombò sulla famiglia Agnelli come su tutte le altre famiglie italiane, creando danni, distruzione e crisi, ma contemporaneamente fece emergere alcuni tra i protagonisti più interessanti della famiglia. Chi si aspettava da Virginia una ritirata vedovanza dedicata alla famiglia e ai figli aveva davvero sbagliato tutto. La giovane vedova di Edoardo infatti divenne una dei protagonisti, grazie al suo salotto, della vita culturale del paese e suo malgrado di una lunga battaglia giudiziaria per la custodia dei figli con il suocero, il senatore Giovanni.
Virginia, colta e bellissima, ritratta da Leonor Finì nel 1939, non rimase a lungo sola; già poche settimane dopo la morte di Edoardo si accompagnò al colto ma anticonformista scrittore Curzio Malaparte, bellissimo avventuriero ma inviso al regine fascista che criticava, tanto da venire esiliato a Lipari, e altrettanto inviso a Giovanni Agnelli ma anche al giovane Gianni. “A trentotto anni, con i capelli pettinati all’indietro, il corpo unto di olio solare e le ascelle depilate, Malaparte sembrava un divo del cinema muto.
Eroe decorato di guerra e autore di successo, portava con sé il frisson di pericolo dato dall’essere un oppositore del regine. Gianni lo detestò praticamente dal primo istante” scrive Jennifer Clark nel suo libro. Curzio e Virginia decisero di sposarsi il 10 ottobre 1936 ma il 7 ottobre Giovanni chiese la custodia dei sette figli di lei, offrendole in cambio cinque milioni di lire e il permesso di sposare Malaparte. Virginia rifiutò e rimandò, poi si scoprirà per sempre, le nozze con Malaparte, innescando però una continua lotta con il suocero per la custodia dei figli che ufficialmente finirà solo con la morte del suocero, che nel testamento non la nominerà neppure.
Nel 1941 con il grado di secondo luogotenente Gianni iniziò la guerra a fianco di quello che per i prossimi anni fu una delle figure a lui più vicine, Raimondo Lanza di Trabia e della sorella Susanna che si arruolò come crocerossina e che presto si innamorò dell’amico del fratello. Intanto la Fiat subiva ingenti danni a causa dei bombardamenti che distrussero Mirafiori e danneggiarono il Lingotto; nei primi anni della guerra la fabbrica, vicina al regine fascista per ragioni più che altro economiche, produsse armamenti, camion e veicoli da guerra per l’Italia, salvo poi appoggiare di nascosto la resistenza fornendo loro altrettanto attrezzature, mossa ideata dal senatore Agnelli che la giudicò l’unica che potesse salvare la sua creatura. Nel mentre Virginia si era rifugiata in Svizzera, non prima di aver compiuto alcune mosse diplomatiche per salvare la città eterna mettendo in comunicazione il Vaticano con gli alleati ma anche con i tedeschi in modo da creare meno danni possibili al patrimonio romano durante la loro ritirata, dove si ricongiunse a Losanna con le figlie. “Virginia era arrivata a Losanna con una valigia piena dei suoi gioielli, praticamente tutti i suoi averi. Benché i suoi figli fossero eredi di una fortuna, lei come vedova di Edoardo non aveva nulla”, viene riportato nel libro.
Il 1945 fu uno degli anni più duri della storia Fiat. I tedeschi si ritirarono da Torino il 27 aprile; il 29 la città era libera e in mano ai partigiani e il vecchio Senatore, nominato tale da Mussolini, si trovò in una situazione scomoda: aveva si aiutato gli alleati ma prima di loro i fascisti. Decise quindi di dimettersi da presidente, spaventato che la sua Fiat facesse la fine della francese Renault (Louis Renault, che aveva collaborato con i nazisti, fu imprigionato e gli fu confiscata l’industria che da quel momento divenne statale). Virginia morì il 21 novembre in un incidente stradale a soli 46 anni, mentre il 16 dicembre moriva il senatore Agnelli, creatore della Fiat e della dinastia, lasciandola in uno dei momenti più complicati della sua storia: solo tre giorni dopo il processo contro di lui si risolse in nulla.
A gennaio il ventiquattrenne Gianni divenne, anche solo se di fatto, il capofamiglia e la Fiat tornò a essere libera e della famiglia che approvò la ricostruzione delle fabbriche; Gianni avrebbe dovuto però aspettare sino al 1963 per essere azionista di maggioranza a causa della clausola imposta dal nonno nel testamento: solo al decimo anno dopo il compimento della maggiore età dell’ultimo fratello di Gianni, Umberto nato nel 1934, i nipoti avrebbero potuto entrare in possesso dell’eredità. A quel punto Gianni era l’uomo più ricco d’Italia e uno degli scapoli d’oro d’Europa, ma con molto, molto tempo libero. Gli anni che seguirono per il giovane Gianni furono divisi tra l’imparare gli ingranaggi del complicato meccanismo Fiat, che grazie all’amministratore delegato Valletta aveva avuto un importante linea di credito dal piano Marshall per la ricostruzione, e la frenesia sentimentale che gli era concessa dal suo nuovo status: una delle conquiste più famose fu sicuramente Pamela Churchill. La brillante ex nuora di Winston Churchill, dopo una relazione con l’Aga Khan che la lasciò per sposare Rita Hayward, iniziò una relazione con il giovane rampollo Fiat, che durò più di quattro anni ma non portò al tanto desiderato, almeno per Pamela, matrimonio.
Nel 1951 Agnelli acquistò Villa Leopolda, una lussuosa dimora di ventotto stanze costruita per il re del Belgio e tutt’ora considerata una delle proprietà più lussuose della riviera vicino Cap-Ferrat dove Gianni trascorse l’estate e dove il destino gli presentò per la prima volta il conto. La notte del 2 agosto a causa di un incidente Gianni rimase gravemente ferito; al suo fianco viaggiava una ragazza che rimase miracolosamente illesa ma il pericolo corso dal giovane Agnelli, che lo portò per tutta la vita ad avere una leggere zoppia, gli fece prendere coscienza che era venuto il tempo di prender moglie e creare una famiglia. Marella Caracciolo di Castagneto, figlia dell’ottavo principe di Castagneto e dell’ereditiera americana Margeret Clarke, era di nobile famiglia con un patrimonio assai esiguo e incontrò Gianni Agnelli dopo la guerra.
“Gli Agnelli e i Caracciolo erano molto diversi. Nella famiglia di Gianni, l’imprenditoria si mescolava alla tradizione militare; i Caracciolo erano intellettuali. Gli Agnelli avevano socializzato con Galeazzo ed Edda Ciano, i Caracciolo avevano partecipato alla Resistenza” inoltre Marella era grande appassionata di arte, dotata di un finissimo gusto estetico che l’aveva portata a studiare a Parigi all’Académie des Beaux-Arts, a New York a posare e diventare assistente del fotografo Erwin Blumenfeld e ad avere un contratto con Condè Nast al suo ritorno in Italia nel 1953, contratto che rifiutò per sposare Gianni Agnelli. Nel settembre 1953 Marella rimase incinta e Gianni le chiese di diventare sua moglie; la coppia si sposò il 19 novembre 1953 al castello di Osthoffen con lo sposo in tight appoggiato ancora al bastone per l’incidente e Marella in un lungo abito di raso di Balenciaga.
Edoardo Agnelli, primo figlio di Marella e Gianni, nacque il 9 giugno 1954 e la coppia decise di abitare a Villa Agnelli in corso Matteotti a Torino, abitazione che Marella iniziò a ri-arredare e gestire, come avrebbe poi fatto per tutta la vita per tutte le case acquistate da Gianni e lei: Villar Perosa, New York, Roma, Milano, Marrakech, Corsica solo per citarne alcune. Fu grazie alla contessa Nathalie Volpi che Marella imparò l’arte di mandare avanti una casa a stuoli di domestici, ma presto la contessa si accorse che la giovane signora Agnelli l’aveva superata diventando la perfetta moglie anche nelle occasioni pubbliche con il marito, una moglie impeccabilmente vestita e silenziosamente brillante. Il 26 ottobre 1955 arrivò la seconda figlia Margherita che non modificò lo stile di vita familiare e nemmeno le più o meno sporadiche infedeltà di Gianni Agnelli; i bambini furono affidati, come era stato per loro e come era di consuetudine, a tate e governanti mentre la giovane coppia intraprese una calendarizzazione dell’anno che li portava a New York in novembre, a Sankt Moritz per la stagione sciistica fino a metà marzo, sulla riviera francese ai primi caldi per poi trasferirsi in agosto a Villar Perosa con Gianni che faceva il “pendolare” con il Lingotto a Torino.
Gli Agnelli facevano parte del jet set internazionale e avevano tra le loro frequentazioni i Kennedy, Onassis, Rockefeller, i Niarchos, i Rothshild, i Paley, i Thyssen, Truman Capote, Oleg Cassini e Oscar de la Renta e il nome di Marella dal 1959 era apparso per ben cinque anni consecutivi tra le donne meglio vestite del mondo.
Nel 1966 Gianni Agnelli prese finalmente il controllo totale della Fiat che dava lavoro a 123.000 persone in Italia e con circa un milione di auto vendute l’anno: tre auto su quattro di quelle che circolavano in Italia erano Fiat; iniziava finalmente l’era dell’avvocato. Negli anni ’70 il giovane erede, Edoardo, si trasferì a Roma per studiare su decisione dei genitori, che proprio in quegli anni, in particolar modo Gianni, si accorse che il figlio non era l’erede che tanto aveva sognato. Appassionato di letteratura e filosofia, non condivideva la passione per il rischio del padre e, come molti ragazzi della sua epoca, iniziò una vita alternata tra eccessi e depressioni, che continuò anche durante l’università in America che frequentò a intermittenza tra un viaggio in Messico e uno in India.
Anche Margherita cresceva completamente diversa dai genitori, abbracciando uno stile hippy e rinnegando i capi di alta moda indossati dalla madre Marella; iniziò a studiare arte e a dipingere e appena le fu concesso andò a vivere da sola. Un giorno Margherita entrò all’improvviso nello studio del padre a Villa Frescot, con la testa completamente rasata. “Cosa diamine hai combinato?” le chiese Gianni sconcertato. “Sono lieta di vedere che ti sei accorto di me” replicò Margherita andandosene dalla stanza. L’episodio, da moltissimi raccontato e ormai divenuto celebre, fa percepire il clima di tensione tra genitori e figli, probabilmente tipico in ogni famiglia, ma ancor di più accentuato nella famiglia Agnelli: Edoardo, il presunto erede che non era all’altezza di prendere il posto di capofamiglia, e Margherita l’invisibile che non poteva diventare capofamiglia proprio perché donna.
L’11 ottobre 1975 nel municipio di Villar Perosa Margherita sposò lo scrittore Alain Elkann con rito civile in un abito rosa di Yves Saint Laurent che nascondeva con discrezione la sua gravidanza. Durante la loro luna di miele la madre di Elkann fu rapita a Torino e liberata dopo il pagamento del riscatto; era iniziata in Italia l’epoca dei sequestri. Per questo la coppia decise di vivere a New York dove nacquero nel 1976 il primo figlio John e nel 1977 il secondogenito Lapo, mentre Ginevra venne alla luce nel 1979 a Londra. Sempre a causa dei continui rapimenti anche Marella decise di trasferirsi in Svizzera, prendendo la residenza nel paese elvetico dove acquistò una proprietà e trasferì alcuni beni di famiglia mentre la Fiat, come quasi tutte le aziende italiane subiva contraccolpi sociali e politici, con scioperi, licenziamenti e diminuzione del lavoro.
All’inizio degli anni ’80 la famiglia Agnelli sembrava aver attraversato la crisi della fine del decennio precedente anche grazie alla diversificazione dei propri investimenti; le società della famiglia ammontavano a un quarto della capitalizzazione azionaria della borsa di Milano e fu in quegli anni che Gianni Agnelli decise di iniziare a inserire nelle società di famiglia il nipote Giovanni Alberto, detto Giovannino, figlio del fratello Umberto, iniziando dalla Juventus dove lo mise nel consiglio di amministrazione insieme al figlio Edoardo; in poco tempo Giovannino divenne il figlio perfetto che Gianni non aveva avuto. Giovannino era tutto ciò che Edoardo non era e, ambito scapolo d’oro, veniva paragonato al giovane John Kennedy Jr.; era laureato alla Brown, aveva fatto il servizio militare nell’esercito come il padre e lo zio, e aveva iniziato a lavorare in una delle aziende Fiat anche se ambiva a diventare presidente della Piaggio, di proprietà della madre.
Gli anni ’90 dal punto di vista familiare si presentarono nel modo peggiore per la famiglia; Edoardo dopo un arresto per possesso di droga a Malindi compromesse la sua situazione definitivamente e fu deciso che sarebbe vissuto a Villa Bona, a poca distanza dai genitori, sottoposto a stretta sorveglianza in quella che lui stesso definì una gabbia dorata, che lo escluse definitivamente dal ruolo di erede, portando in primo piano il cugino Giovannino che entrò nel consiglio Fiat e IFI. Durante una riunione di famiglia in cui era da discutere la ricapitalizzazione dell’azienda di famiglia Gianni Agnelli davanti all’intera famiglia pronunciò “Se dovesse succedermi qualcosa non vedo perché uno dei figli di Margherita non potrebbe prendere il mio posto come azionista di riferimento” lasciando stupiti tutti i presenti. Stava chiaramente parlando del diciassettenne John Elkann. Come ai tempi di suo nonno, anche con la scelta di John la successione avrebbe saltato una generazione. Contemporaneamente nel 1995 Gianni rese pubblica la scelta di Giovannino per la presidenza Fiat e poco tempo dopo John Elkann decise di trasferirsi a Torino per frequentare il Politecnico.
John e i suoi fratelli, Lapo e Ginevra, erano molto affezionati ai nonni Agnelli, che frequentavano assiduamente, in special modo dopo il fallimento del matrimonio tra il padre Alain e la madre Margherita che nel 1982 aveva sposato il conte russo Serge de Pahlen da cui aveva poi avuto cinque figli, Maria, Pietro, Anna, Sofia e Tatiana. Lo stile di vita dei de Pahlen era molto diverso da quello degli Agnelli, molto vicino alla religione ortodossa e a una visione romantica della Russia zarista di inizio secolo; per questo Gianni e Marella cercavano di trascorrere il maggior tempo possibile con i tre nipoti Elkann, timorosi che a loro venisse riservato un trattamento diverso rispetto ai fratelli de Pahlen e desiderosi che fossero il più economicamente indipendenti possibile dalla madre. “Margherita non aveva mai cercato una notorietà pubblica in relazione alla Fiat e spesso utilizzava il cognome da sposata. Qualche giorno dopo la presentazione le venne chiesto di commentare la nomina di John nel consiglio di amministrazione e rifiutò educatamente” scrive la Clark nel suo libro.
Il 10 settembre 1996 Gianni Agnelli decise che le sue quote della Dicembre (ne possedeva il 99,9%), la società che aveva la quota più rilevante della Giovanni Agnelli, attraverso la quale Agnelli e Nasi controllavano la Fiat, sarebbero andate in parti uguali a Marella, Margherita, Edoardo e John, mantenendosi l’usufrutto; Edoardo rifiutò la sua parte ritenendo ingiusta l’inclusione del nipote che nei progetti del nonno Gianni era ormai destinato a diventare il capofamiglia: le tragedie però incombevano sulla famiglia. Il 13 dicembre 1997 morì a soli trentatré anni Giovannino, a causa di un tumore, lasciando la giovane sposa Avery e una bambina nata solo 3 mesi prima, Virginia. Una settimana dopo la morte del nipote, Gianni chiese a John di rappresentare la famiglia nel consiglio di amministrazione Fiat per dissipare ogni incertezza sul futuro e lasciar ancora una volta intendere che sarebbe stato il ramo Agnelli di Gianni ad avere il controllo, e non quello del fratello Umberto.
“Ho tolto la spensieratezza della sua gioventù e l’ho gravato con una responsabilità così grande per un ragazzo così giovane” confidò Gianni Agnelli a Alain Elkann riguardo al giovane John. La mattina del 15 novembre 2000 il corpo senza vita di Edoardo Agnelli fu ritrovato, dopo il suo fatale salto nel vuoto, sul greto di un fiume sottostante un viadotto della Torino-Savona. Come suo nonno prima di lui, a Gianni Agnelli toccava riconoscere e seppellire un figlio, anche lui Edoardo, e
ammettere il fallimento come genitore e come guida. Il giorno del funerale Gianni uscì dalla cappella di famiglia al braccio del nipote John; alcuni anni dopo le parole del nipote Lapo portano nuova luce sulla figura di Edoardo “Mio zio era un’amina gentile…molte delle cose che mi diceva si sono avverate. Era un precursore del tempi”.
Ancora una volta i primi anni 2000 furono un periodo difficile per la Fiat che era in perdita da anni; secondo alcuni calcoli tra il 1998 e il 2003 aveva perso 14,3 miliardi di euro. “Quando penso a cosa la Fiat rappresenta per questa città e per questo Paese, e se penso che un giorno non ci sarà più, non riesco a sopportare di vivere qui”. Gianni Agnelli morì il 24 gennaio 2003. Che cosa ne sarebbe stato della Fiat? E della famiglia Agnelli?
“Alla morte di mio padre è come se si fosse rotta la molla di un orologio: si sono sparpagliati i pezzi” dirà anni dopo Margherita Agnelli; alla morte del padre la Dicembre era valutata 267 milioni di euro. Il patrimonio di Gianni Agnelli si rivelò più complesso del previsto e all’apertura del testamento l’avvocato aveva indicato solo le case in Italia in usufrutto a Marella ma di proprietà di Margherita, mentre le case in America e in Svizzera erano da anni proprietà di Marella; la maggior parte del patrimonio di Gianni Agnelli era detenuto nella Dicembre, Fiat compresa, che seppur in difficoltà valeva all’incirca 3,8 miliardi di euro. Gianni possedeva il 25,38% della Dicembre mentre Marella, Margherita e John il 24,87%; grazie allo statuto della società Gianni lasciava a questi ultimi tre un terzo della sua quota e contemporaneamente Marella donava al nipote John il suo 24,8% della società, trasformando John nell’azionista di maggioranza della società e lasciando la figlia Margherita in una situazione di minoranza e nell’impossibilità sua, e dei suoi figli, di ereditare in un prossimo futuro la quota della madre Marella.
Davanti all’incredulità di Margherita verso la madre Marella, quest’ultima le disse che stava solo rispettando ciò che il marito Gianni le aveva chiesto di fare: John doveva diventare il capofamiglia.
Dopo qualche mese di diatribe a fine anno fu raggiunto un accordo, anche perché la Fiat stava attraversando un momento terribile e Margherita, che aveva poca fiducia nella sua sopravvivenza, aveva paura che potesse fare la fine della Parmalat che era appena fallita. Nel dicembre 2003 Marella e Margherita ottennero un accordo sull’eredità dell’Avvocato e sulla futura successione alla morte di Marella: Margherita ereditava 1187 miliardi di euro e in cambio rifiutava di chiedere informazioni alla madre sul patrimonio offshore del padre, oltre alla futura eredità di Marella che sarebbe stata libera di scegliere i suoi eredi. Margherita vendette a Marella la sua quota della Dicembre recidendo così ogni legame con la Fiat. “Accetto, per ottenere la pace” dichiarerà Margherita “Anche se ai miei occhi alcune somme non sono conformi alla realtà”.
Marella morirà il 23 febbraio 2019; nel mezzo ci sarà l’arrivo di Marchionne, la nuova Fiat divenuta poi Fiat-Chrysler e poi Stellantis, il matrimonio di John con Lavinia Borromeo, la vita da regista di Ginevra e le mille vite imprenditoriali e personali di Lapo il tutto costantemente intervallato da battaglie legali in tribunale tra Margherita e la madre e poi tra Margherita e i suoi tre figli. Senza dimenticare anche le traiettorie calcistiche di Andrea Agnelli - figlio di Umberto, il fratello di Gianni - che dal 2010 al 2023 è stato Presidente della Juventus (vincendo 9 storici scudetti consecutivi dal 2012 al 2020 e riuscendo altresì a piazzare anche il “colpo del secolo”, ovvero l'acquisto di Cristiano Ronaldo).
La storia con la S maiuscola finisce il giorno della morte dell’Avvocato, la fine di un’epoca per Torino, per la Fiat e per la famiglia Agnelli. Qualunque cosa accada, John continuerà ad essere il capo della Dicembre e di conseguenza di tutte le altre società attraverso le quali gli Agnelli e i Nasi controllano Stellantis indipendentemente dalla quota da lui detenuta.
Gianni e Marella Agnelli sono stati per tutta la loro vita icone di stile, simboli di un'Italia brillante e all’avanguardia nel mondo, forse i migliori ambasciatori del made in Italy nel mondo; le battaglie legali continueranno, la storia giudiziaria sarà scritta nei tribunali che per un “pugno” di dollari apriranno vasi di pandora che non avremmo voluto scoprire offuscando figure quasi mitologiche della nostra Storia Italiana.
Di Mattia Boffi Valagussa
Vogue Italia