Inclusività? Anche Jack Daniel’s ha detto NO alla "frociaggine". Il mondo Lgbtq+ è in crisi

Dopo la Harley Davidson, anche un’altra famosa azienda dice addio alla linea ultra-inclusiva che sta cercando di sottomettere l’America e il mondo si tratta della Jack Daniel's.

L'azienda leader nel mondo del whiskey ha confermato di aver cancellato i programmi aziendali dedicati a diversità, uguaglianza e inclusione, a causa delle crescenti pressioni da parte di consumatori, giornalisti e politici conservatori statunitensi.

Come di rado accade, anche questa volta dobbiamo ringraziare il dio denaro che vince dove l’intelligenza fallisce. Ad onor del vero, è giusto ricordare che anni fa la birra Bud ha perso milioni di dollari per uno spot promozionale con la star transgender Dylan Mulvaney. I clienti della birra che si è sempre definita la più maschia del mondo, non ci sono stati a essere associati con un femminiello.

La Brown-Forman Corporation, il colosso della distribuzione di vini e alcolici, tra cui il caro amico Jack, è passata ai ripari, prendendo le distanze da tutta questa chiappologia multicolore e precisando che gli incentivi e gli obiettivi dei dipendenti saranno legati alle "performance aziendali" e non ai progressi in materia di diversità, uguaglianza e inclusività. Affermando anche che non parteciperà più al Corporate Equality Index, un indice della Human Rights Campaign Foundation sul trattamento nelle aziende di dipendenti e consumatori Lgbt.

A cascata, anche altre aziende stanno scappando via come la John Deere che fa macchine agricole, la Polaris che produce motoslitte e moto d'acqua, e la catena Tractor Supply che vende prodotti per l'agricoltura.

La dittatura Lgbtq sta fortunatamente perdendo la sua infame battaglia.