Festa della Croce Rossa Italiana, il nodo dei volontari che in pochi sembrano voler risolvere
C'è poi da segnalare l'assurda situazione che porta il personale di questa realtà a doversi far carico da se, delle spese di trasferta e addirittura delle stesse uniformi
Il 24 giugno è ricorso il 160° dalla fondazione della Croce Rossa Italiana. Appena pochi anni dopo la dopo la fondazione di questa
istituzione (creata dallo svizzero Henry Dunant dopo che aveva visto e vissuto gli orrori della battaglia di San Martino e Solferino), l'Italia si dotava di un suo Corpo Militare della Croce Rossa, rimasto sotto il controllo del Ministero della Difesa sino al 2012. In quell'anno il Governo Monti decise sostanzialmente di privatizzare la CRI, dopo che per più di un secolo e mezzo era stato un presidio pubblico di socialità e assistenza negli eventi bellici e naturali che hanno coinvolto il nostro Paese.
Il decreto 178/2012 ha di fatto portato alla soppressione del personale effettivo del Corpo Militare, lasciando in vita soltanto la realtà volontaristica. Per capire meglio questa matassa si deve iniziare proprio dalla liquidazione del personale effettivo del Corpo Militare che dalla data di applicazione del decreto ha vissuto una frustrante dismissione che ha portato molti militari della CRI a svolgere mansioni che poco o nulla avevano a che vedere con la vita di tale realtà. Successivamente dopo aver di fatto reso inattivo il mondo effettivo si è passati a rendere difficile la vita dei volontari, unica forza vera rimasta in seno al Corpo.
La richiamabilità del personale avviene occasionalmente. Al decreto del 2012 per questi Membri Volontari del Corpo, ormai indispensabili si è aggiunto il pesante "vulnus" della circolare INPS del febbraio 2021 dove l'Istituto di Previdenza Sociale negava a questa categoria gli stessi diritti retributivi spettanti ai richiamati in servizio degli altri corpi militari. Altresì il volontario se richiamato è sottoposto ai codici dell'ordinamento militare e non gode di tutela del posto di lavoro se impiegato nel settore privato. Tutto questo sta portando inevitabilmente molti militari appartenenti alla realtà volontaristica a non poter più svolgere l'opera con ricadute immaginabili sulla collettività.
C'è poi da segnalare l'assurda situazione che porta il personale di questa realtà a doversi far carico da se, delle spese di trasferta e addirittura delle stesse uniformi. Infine in un epoca in cui è diventata centrale la formazione(ne è prova l'alto livello professionale e tecnico raggiunto dalle nostre Forze Armate), in questa specifica in molti lamentano un meccanismo datato nel sistema delle promozioni e l'assenza di prove fisiche e psicoattitudinali per il personale. Anche a livello apicale gli avvicendamenti sono molto lenti, permanendo in alcuni settori le stesse figure da tempo. Urgerebbe un intervento del Ministero della Difesa, affinché i propositi rinnovati nei discorsi celebrativi, assumano un valore che trasporti questa gloriosa realtà (per caduti e impegno tra le più importanti d'Italia) nel posto che le spetta nell'articolato mosaico del mondo militare italiano.
Di Francesco Di Bartolomei.