Pistoia, voleva ingrandire il pene ma l'operazione lo ha reso impotente: risarcito di 110mila € e condannato il medico

Dopo un mese dall'intervento chirurgico, il 40enne toscano ha cominciato a lamentare fastidi: è stato solo l'inizio della sua odissea

Un'operazione per l'ingrandimento del pene di un 40enne finisce nel peggior modo possibile. Succede a Pistoia, dove il desiderio di un uomo si infrange al momento dell'operazione. Una dozzina gli interventi ai quali si è sottoposto, con complicazioni nate fin dopo la prima operazione. Il medico, per circa tre anni ha portato avanti visite e ritocchi col tentativo di risolverle, ma il 40enne toscano è finito col trovarsi come una "impotenza e disfunzione erettile", e non solo.

Pistoia, voleva ingrandire il pene ma l'operazione lo ha reso impotente: risarcito di 110mila € e condannato il medico

Malformazione all'organo genitale, "l'impossibilità dell'atto sessuale" e difficoltà nella corsa. Un'odissea senza fine per il paziente che si ritrova impotente ed ha anche rifiutato l'ennesima proposta del chirurgo di tornare sotto i ferri. Tutti in tribunale e richiesta di maxi risarcimento al dottore e alle due strutture sanitarie private in cui si erano svolti gli interventi.

L'uomo si è visto riconoscere 110mila euro di risarcimento danni dopo che il tribunale di Pistoia gli ha dato ragione. I giudici hanno riconosciuto le responsabilità sanitarie disponendo per lui una somma che comunque non allevierà mai il dolore di non poter più utilizzare il suo pene. 

Operazione di ingrandimento al pene andata male: la ricostruzione 

Sarebbe dovuta costare circa 5mila euro l'operazione di ingrandimento del pene. Dopo un mese dall'intervento chirurgico, il 40enne toscano ha cominciato a lamentare fastidi. All'inizio si è sottoposto a due interventi di lipofilling: ovvero trasferire del grasso da una parte all'altra del corpo, ma non è andata bene. Poi le continue visite perché i genitali non mantenevano forma e volumi previsti e si formavano accumuli di grasso, che ne "deformavano l'anatomia", si legge nella sentenza del tribunale.

In seguito, l'uomo si è sottoposto a "svariati" ritocchi in sedi diverse, anche se difficili da appurare perché mancano le prove che questi siano avvenuti. I consulenti tecnici hanno sostenuto come sia stato utilizzato persino "silicone vietato sin dal 1993". Il medico che lo ha sottoposto ad intervento ha respinto le accuse, ma il giudice ha ribattuto con la tesi che non fosse consapevole dei rischi fisici cui andava incontro (e che poi si sono verificati). Il fatto che il paziente nell'immediato, fosse "soddisfatto del risultato estetico” appare "del tutto irrilevante. Era compito del sanitario valutare l'opportunità degli interventi".

Il paziente aveva anche intrapreso un percorso di iniezioni in autonomia a casa, una "condotta incauta", seppur queste fossero state prescritte dal medico. Delle iniezioni che gli avrebbero causato circa il 30% del danno, ragion per cui il risarcimento danni che sarebbe dovuto essere di 153mila euro è stato poi ridotto a 110mila.

Il tribunale ha così frazionato il risarcimento: 60% per il medico, per la "condotta imperita e negligente" e "pratiche sanitarie scorrette e dannose", mentre un altro 20% a testa per le strutture sanitarie.