Vittorio Emanuele di Savoia, morto l’ultimo erede al trono d’Italia. I funerali nel Duomo di Torino

L’erede sabaudo era stato protagonista di travagliate vicende: dall’esilio, al matrimonio non riconosciuto dal padre Umberto, dall’appartenenza alla Loggia P2, alla sparatoria di Cavallo, da cui poi uscì definitivamente assolto dalle Assise francesi.

C’è un detto. Grandi famiglie, grandi disgrazie. E’ il caso degli Agnelli, dei Kennedy, dei Grimaldi, ma anche dei Savoia. Ed è proprio il caso del principe Vittorio Emanuele di Savoia, scomparso alle 7.05 di sabato 3 febbraio all’Ospedale di Ginevra, all’età di 86 anni. Assistito fino all’ultimo dall’amata moglie Marina e dal figlio Emanuele Filiberto di Savoia, “la mia più grande fortuna è stato averla incontrata, non è facile trovare la persona giusta” aveva detto anni fa in una tante interviste, alcune delle quali molto polemiche. Come quando definì le leggi razziali controfirmate dal nonno “roba di poco conto, non erano così terribili”. I problemi, veri, per Vittorio Emanuele erano iniziati con i fidanzamenti non “consoni ad un principe di sangue reale”, come più volte il padre Umberto II gli aveva fatto notare in lettere ormai note al grande pubblico perché diffuse dei settimanali italiani del Dopoguerra che quasi tutti i mesi dedicavano dettagliati servizi giornalistici ed fotografici sulla vita “movimentata” dei principini Savoia. A fare discutere non erano solo le fidanzate e le carabine esibite da Vittorio Emanuele, ma anche le sorelle, in particolare Maria Beatrice di Savoia, detta “Titti”, con le sue love story poco regali con Maurizio Arena. Umberto II, per tradizione dinastica, aveva imposto all’unico figlio maschio e quindi continuatore della dinastia, un matrimonio con una principessa di sangue reale. Paradossalmente, anche se Vittorio Emanuele avesse sposato una nobildonna (contessa, marchesa, duchessa o principessa, ndr) non sarebbe stato un  matrimonio all’altezza. Era infatti obbligo nelle famiglie reali di una volta sposare, per non perdere i diritti dinastici, una donna di pari grado, appartenente ad un'altra famiglia reale europea. Ma così non fu per Vittorio Emanuele, che alle ragioni del sangue antepose quelle del cuore. Dopo 13 anni di fidanzamento, e ripetuti ammonimenti del padre che più volte gli aveva fatto presente che sposando una borghese avrebbe perso i diritti dinastici, aveva impalmato con rito civile l'11 gennaio 1970 a Las Vegas e con rito religioso il 7 ottobre 1971 a Teheran, Marina Ricolfi Doria, discendente di un ecclesiastico elvetico che in piena rivoluzione francese aveva dismesso gli abiti sacri per sposare con rito civile Geronima Angiola Maria Doria, figlia di Francesco Agostino Doria e di Teresa Sauli. Non era bastato neppure, per farlo desistere dai suoi intenti matrimoniali, che a Vittorio Emanuele venisse tolto il lauto appannaggio mensile che il padre gli passava per condurre una vita più che decorosa. Lui si era rifatto vendendo gli elicotteri di Corrado Agusta allo Scià di Persia, suo grande amico, che gli aveva consentito di affrancarsi dal portafoglio paterno e fare una vita da milionario: villa con parco e piscina alle porte di Ginevra, villa nell’esclusiva Isola di Cavallo, poi scenario dell’imbarazzante sparatoria in cui perse la vita il giovane ventenne tedesco Dirk Hamer in dinamiche tuttora sconosciute (ma poi assolto dalle Assise francesi, ndr), chalet nell’esclusiva cittadina Gstaad nel cantone tedesco di Berna, famosa per ospitare tutti i grandi ricchi del pianeta in quanto paradiso fiscale. Tutte proprietà acquistate con i guadagni del traffico d’armi - per le malelingue - mentre frutto del regolare lavoro di uomo d’affari per i partigiani della monarchia. E di affari, l’erede sabaudo, ne aveva fatti tanti nei lunghi anni di esilio, ben 56. Un esilio iniziato qualche giorno prima del 2 giugno 1946, quando, in vista del referendum istituzionale che avrebbe visto vincere la repubblica con uno scarto di appena 2 milioni,  la regina Maria Josè e i quattro figli, furono fatti imbarcare sull’incrociatore Duca degli Abruzzi che gli avrebbe condotti in Portogallo. Una vita apparentemente privilegiata, quella di Vittorio Emanuele, ma solo fino all’età di 9 anni, cioè fino al referendum che avrebbe condotto non solo alla fine della monarchia, ma anche di una famiglia che aveva mille anni di storia. Con la perdita del regno, Umberto e Maria Josè decisero di mettere fine anche al legame matrimoniale: pur senza mai separarsi ufficialmente, Umberto decise di vivere la sua esistenza di esiliato a Cascais, in Portogallo, con le tre figlie Maria Pia, Maria Gabriella e Maria Beatrice. Maria Josè preferì la più cosmopolita Ginevra, dove si stabilì con il figlio Vittorio Emanuele. E fu proprio nella ricca Ginevra che, l’erede del trono che non c’era più, conobbe appena più che adolescente la giovane Maria Doria, appena più grande di lui di due anni (sono nati lo stesso giorno, il 12 febbraio, ndr) grande sportiva campionessa di sci nautico e figlia di un industriale svizzero. Non si sarebbero più lasciati. Un matrimonio felice che ha dato l’unico figlio maschio, Emanuele Filiberto, nato nel 1972, che alle rivendicazioni dinastiche ha preferito seguire le orme del padre come uomo d’affari. Prima come private banker in una nota banca ginevrina, poi come show man in svariate trasmissioni televisive, infine come imprenditore nel campo della ristorazione con il suo Prince of Venice, una società che negli Stati Uniti produce pasta con i food trucks. Tra un’attività imprenditoriale e l’altra, Emanuele Filiberto mette su famiglia con l’attrice francese Clotilde Courau, dal quale avrà due figlie: Vittoria e Luisa. Poi la decisione, implicita, non avendo figli maschi, di cambiare la legge salica e nominare erede del casato la ventenne Vittoria, che su instagram può vantare quasi 100 mila follower. Decisione contestata, naturalmente, dall’altro ramo dei Savoia, gli Aosta, i quali fin dagli anni dell’esilio di Umberto II, hanno sempre rivendicato per sé il ruolo di continuatori della millenaria dinastia. Aimone di Savoia Aosta, manager della Pirelli, dal suo matrimonio con la principessa Olga di Grecia, può infatti vantare ben due figli maschi, Umberto e Amedeo, e una figlia femmina, Isabella. Vittorio Emanuele di Savoia, nel bene o nel male, è stato protagonista per una parte della sua vita, delle vicende reali dei Savoia, la millenaria casa che partendo dal Piemonte ha portato all’unificazione dell’Italia sotto un’unica dinastia, e delle vicende reali di molte case regnanti europee. Era infatti cugino di quasi tutti i Re ancora sul trono in Europa, in particolare del Belgio e della Spagna. Al funerale all’Abbazia di Hautecombe della regina Maria Josè, deceduta il 27 gennaio 2001, erano presenti tutte le teste coronate regnanti europee. Una sovrana che non ha mai dato adito a scandali o pettegolezzi, ha sempre curato i suoi interessi culturali e musicali e ha viaggiato in molti paesi del mondo, anche quelli comunisti, come la Cina di Mao, insieme alla madre, la regina Elisabetta del Belgio, soprannominata “la regina rossa” per le sue idee socialiste. Maria Josè, molto elegantemente, aveva dichiarato in una intervista di aver votato scheda bianca al referendum “non mi sembrava elegante votare per se stessi” mentre per le politiche i socialisti di Saragat, poi nominato Presidente della Repubblica. Non sappiamo chi delle case reali europee sarà presente ai funerali del principe sabaudo, e non sappiamo se le salme degli ex sovrani del regno d’Italia riusciranno ad essere sepolte al Pantheon, le resistenze da parte della comunità ebraica sono ancora molto forti per le famose legge razziali, argomento infuocato nonostante le ripetute scuse di Emanuele Filiberto.  I funerali di Vittorio Emanuele di Savoia si terranno sabato 10 febbraio nel Duomo di Torino alle ore 15.