Genova, paziente psichiatrica cade da una finestra e muore, rsa sequestrata: non aveva le autorizzazioni
La donna voleva uscire e ha creduto di avere aperto una porta, invece è volata nel vuoto. Cinque indagati, tra medici e dirigenti della struttura sanitaria
Una paziente di 57 anni con una grave patologia psichiatrica precipita nel vuoto, per quasi otto metri: è un tragico incidente. La struttura protetta dove era ricoverata con l’autorizzazione dei parenti, però, risulta priva delle autorizzazioni richieste per gestire pazienti non autosufficienti o con disturbi mentali come quelli della donna morta dopo la caduta. L’indagine di Procura e carabinieri del Nas ha portato al sequestro di una comunità alloggio che si trova poche centinaia di metri sopra la stazione ferroviaria di Genova di Principe, appartenente al gruppo Villa Basilea. Gli otto pazienti alloggiati nella residenza sono stati trasferiti in strutture messe a disposizione dall’Asl 3.
L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Pinto e dal sostituto Giuseppe Longo vede iscritti nel registro degli indagati due medici e tre imprenditori (rispondono tutti di omicidio colposo in concorso): Giuseppina Tabò, 58 anni, medico del centro di salute mentale dell’Asl 3; Donatella Cristina Querci, psichiatra di 79 anni e collaboratrice di Villa Basilea; Daniele Pallavicini, 37 anni; Luca Pallavicini, 64 anni, e Giuseppina Conta, 68 anni, dirigenti della società Villa Basilea. Daniele Pallavicini, in particolare, eletto con la Lista Toti alle ultime comunali, si era dimesso al momento di subentrare nell’assemblea e adesso è presidente dei giovani di Confcommercio. Luca Pallavicini, suo padre, per la medesima Confcommercio è presidente nazionale del settore Sanità e cura.
Le indagini dei carabinieri del Nas sono scattate in seguito al decesso della paziente affetta da gravi disturbi psichiatrici. La donna nel marzo scorso era precipitata dalla stanza della struttura dove era ricoverata. Voleva uscire nel cuore della notte e, per errore, è caduta nel vuoto. Per questo disturbo la paziente andava controllata continuamente. Ma questo non accadeva nella comunità alloggio dove, secondo quanto accertato nelle indagini, non c’era un’adeguata rete di operatori sanitari come quella richiesta dalla normativa. E non è bastato a salvarle la vita il sofisticato sistema di sorveglianza video che - non essendo visto da nessuno - non ha permesso di allertare i soccorsi in tempo reale.