Gigi Riva è morto. Sì, ma di che cosa? Come sempre nessuno lo spiega. E' morto perché è morto, ecco tutto
Con una grottesca conferenza stampa, e poi manipolando l'informazione serva, scopriamo che il campione del Cagliari era cardiopatico, aveva le coronarie saltate. Sicuramente, visto che è morto di quello. Ma la sua devastazione provocata da cosa? Forse c'entrano le dosi?
Mi scrivono gli amici dalla Sardegna: fai un ricordo del nostro eroe, Gigi Riva. Ma io penso che più del ricordo al nostro campione indomito spetti l’esercizio della verità. Insomma di chi è morto Rombo di Tuono? Di freddo? Di malinconia? Di vecchiaia a 80 anni? Scusate, non dite sempre che Mattarella a 83 è un virgulto che regnerà ancora un ventennio? Gigi Riva è morto perché è morto, ecco cosa si capisce dai resoconti dell’informazione di regime. Come sempre. Hanno rovesciato cascate di retorica, Italia-Germania, Riva e Cagliari, Riva e i pastori, Riva e Scopigno, lo scudetto del ‘70, Riva e De André, tutto pur di non dire, di girare all’altro, hanno chiamato i vecchi compagni, ma chirurgicamente, De Sisti sì, Rivera no che poi magari gli scappava di chiedere qualcosa, quello è uno che non si sta mai zitto. E la stessa domanda che non ho trovato da nessuna parte allora la faccio io: si era vaccinato Riva? Quante dosi? E gli amici di Cagliari mi confermano: sì, si era fatto fare 4 dosi e dopo non era stato più lo stesso. Un lento inesorabile implodere, minato, certo, da situazioni precedenti, ma, com’è come non è, dopo le solite fiale il crollo, il viatico verso una fine assurda e ingloriosa. Si sentiva debole, fiacco, poco bene, ma discuteva tranquillamente coi familiari; di colpo si è spento, un refolo sulla candela e il cuore che se ne va. Coi medici che prima dicono: non abbiamo capito niente, poi si rendono conto che non possono fare una tale figura da incompetenti o omertosi e allora fanno una conferenza stampa per spiegare l’evidenza: aveva le coronarie a pezzi. Sicuramente, visto che è morto di quello. Come dire: era cardiopatico ed è morto di un attacco di cuore. Resta il fatto che Riva gli muore fra le mani e incolparlo velatamente di essersela cercata, visto che aveva rifiutato una operazione d’urgenza, supera il limite del cattivo gusto: aveva rifiutato perché informato che non sarebbe cambiato niente, al massimo qualche altra settimana di agonia ma il suo destino appariva segnato. Come mai? Da quando? Esiste una incidenza, un peggioramento dopo i sieri che andavano, che vanno “somministrati soprattutto agli anziani” e difatti li sterminano? Quanti prima di lui? Migliaia? Decine di migliaia? Quanti dopo di lui?
E nessuno parla, nessuno chiede. Girare al largo, stare lontani. Mi ha chiesto stamattina l’amico Giulio Cainarca, direttore di Radio Libertà: tu pensi che possano riprovarci? Sì, lo penso, ne sono sicuro, hanno fatto un piano pandemico senza farlo, lo stesso di prima, mi sono inventato l’eroe maligno Robazio Schillanza, che sopravvive ai regimi, e il giorno dopo ho letto la seguente incredibile dichiarazione di Fratelli d’Italia: rifaremo il piano pandemico se no la gente si accorge.
Si accorge, vogliono dire, che li stiamo accerchiando, che siamo pronti a riprovarci come è venuto ad invitarci a fare Bill Gates, uno dei grandi criminali che investono sui nostri cancri e tumori e cardiopatie e morti improvvise. Tanto nessuno chiede, nessuno fiata. Gigi Riva, il nostro mito, sinistro di fuoco, coraggio e ritrosia, Riva che da Leggiuno, buco di culo del Varesotto, solo al mondo si trova sequestrato nel Paradiso spinato di Sardegna e impazzisce, vuole fuggire, poi ne viene rapito dentro e diventa uno di loro, diventa l’Idolo e i sequestratori gli offrono le prede, le vergini di Sardegna si porgono come ancelle sacrificali. Riva è più di un dio nell’isola e non se ne va più via, non può, lo scudetto con Scopigno, il filosofo, è solo il suggello a una scelta di vita, scelta obbligata per quel giovane ombroso che finalmente nelle dilatazioni e nei vortici dell’isola chiusa e misteriosa ancora ha trovato, ha raggiunto se stesso.
In Sardegna, dove vivere e morire. E ci muore ma in fuorigioco, senza preavviso, senza una spiegazione plausibile Così dunque bisogna partire, anche lui come migliaia e migliaia, vittime immolate sull’altare di un regime i cui sacerdoti hanno le facce truci che sappiamo, tutti insieme, tutti quelli che non si erano mai opposti e che si palleggiano i piani eversivi, da loggia P2, per tenerci chiusi, per negarci l’aria, non diciamo la democrazia che ormai è affidata a Chiara Ferragni, e chi non cade fulminato va e viene dai reparti di chemio. Andate affanculo in blocco, razza di bastardi.
Insomma di che è morto Riva, il taciturno, il tormentato, felice solo nell’attimo di un gol? È morto perché è morto, prima era vivo, e questo è tutto. E di che siamo morti noi, di cosa moriamo? E la principessa Kate di che soffre? Ah, niente, non ha niente, però la tengono in ospedale un mese. Le hanno asportato l’utero ma non si deve scrivere anche se si sa. Non ha niente, giusto una convalescenza di mesi, come per le malattie gravi. Quante dosi, la royal family del politicamente corretto, delle raccomandazioni sovrane? Ricordate quando l’allora principe Carlo ce l’aveva con la Brexit nel nome dell’ortodossia europeista vaccinale? Allora, quante dosi, principessa Kate? Sì, d’accordo, l’omertà condivisa non sarà una gran consolazione, ma almeno nel Regno Unito le voci, gli spifferi filtrano, non c’è una cortina di ferro arrugginito come qua. Ci riproveranno? E perché non dovrebbero se nessuno fiata? La faccenda più sordida, più miserevole, più mortificante di tutte è stata la quasi totale, granitica servitù nell’ortodossia: ci fosse stato un canterino, una canzone a denunciare lo sconcio eversivo e totalitario. Ci fosse stato un solo straccione di comico o di umorista. Uno scrittore. Un pittore. Un giornalista. Un balordo. Una puttana. Un cazzo che vi pare. Non dico a denunciare, ma almeno a chiedere. Ce ne fosse uno adesso: insomma quante dosi, Riva e prima e dopo di lui? Insomma di che muore un campione? E più ci penso e più non mi spiego cosa cazzo ci guadagnano tutti a mentire a loro stessi, ad obbedire al Mattarella, a uniformarsi nella menzogna di regime. Ecco, non avrò trovato parole per cantare il dio del calcio, Gigi Riva, ma sospetto che queste righe spinose le avrebbe apprezzate, mi sembrano più in linea col suo carattere e come ultimo ricordo vi lascio quello di quella volta che, da dirigente della Nazionale, sbottò con un cronista imbecille: “Ma te che cazzo ne sai?”. La stessa domanda che nessuno ha fatto, che mi sento di fare ancora una volta, adesso, mentre mi rattrista la morte di un campione, morte forse evitabile, certamente deliberata.