Ferragni fa il tris, pure la Bambola Trudi sotto indagine dopo il pandoro e l'uovo di Pasqua. Aspettiamo il Sex Toy

Ormai abbiamo capito tutti come la Ferragni abbia sempre inteso le iniziative di beneficenza: io ci metto l’immagine, tu mi paghi, e se rimane qualcosa la dai al disgraziato di turno

Niente, la crime story della nota influencer cremonese non sembra trovare pace, forse solo il genio dell’August Dupin di Edgar Allan Poe potrebbe risolvere la faccenda, ma tant’è. Dopo lo scandalo Balocco, le uova di Pasqua, l’addio della Safilo prima e della Coca Cola dopo, un’altra tegola cade dal tetto della famiglia Ferragnez, una tegola “morbidosa”, direbbero i più attenti. La storia è semplice. Tempo fa, Chiara Ferragni ha pubblicizzato una bambola, la Chiara Ferragni Mascotte, feticcio autocelebrativo i cui ricavati sarebbero dovuti andare direttamente a un’associazione no profit contro il cyberbullismo e la violenza di genere, la Stomp Out Bullyng.

Morale della favola, le autorità avrebbero avviato un’indagine sulla gestione degli incassi, un’inchiesta ancora in corso che avrebbe portato il procuratore aggiunto di Milano, Eugenio Fusco, alla decisione di iscrivere nel registro degli indagati la signoraciao guys”.  Vedete, fin qui possiamo dire che non c’è niente di così sconvolgente. Ormai abbiamo capito tutti come la Ferragni abbia sempre inteso le iniziative di beneficenza: io ci metto l’immagine, tu mi paghi, e se rimane qualcosa la dai al disgraziato di turno.

C’è però un altro aspetto su cui riflettere. Il disastro della Ferragni, come immagine e come sistema, altro non è che la rappresentazione concreta della fine di un selvaggio berlusconismo 2.0. Rifletteteci. I parallelismi non sono pochi. Alla caduta della Prima Repubblica, l’era del Biscione ha abrogato ogni forma di contenuto culturale, derisa e sepolta dal culto della sola immagine fine a sé stessa; ha promosso un’idea distorta del sogno americano, illudendo milioni di italiani che per essere devi apparire; ha dato il via al tramonto del sapere, concetto vetusto e ridicolo, rimpiazzato con slogan e finta beneficenza, sì, quella finta beneficenza che si è tradotta nelle svariate mancette al popolo. Ecco il parallelismo. Cosa sono, se non le eredi del peggior berlusconismo, questo esercito di influencer che, truccate come delle Barbie, eternamente sorridenti (o in lacrime a seconda delle esigenze), propinano a milioni di cittadini scarpe, rossetti e modelli di ricchezza farlocchi e luccicosi? Certo, il Silvio nazionale chiedeva voti, non soldi, ma cambia poco. Chiarito il concetto di base, il Ferragni world ha un futuro? La domanda è mal posta. Il problema non è se l’impero della biondina di Instagram abbia o meno un domani, è pacifico che finirà nell’oblio e nell’ignominia, il vero dubbio è un altro: apriremo gli occhi? 

Di Aldo Luigi Mancusi.