Genova, regolamento di conti tra i gruppi di ultrà del Genoa, nove tifosi arrestati
Due sono finiti in carcere, gli altri ai domiciliari. Gli scontri erano scoppiati al termine di una partita del campionato dello scorso anno. Il gip: "La politica non c'entra"
Due ultrà in carcere, altri sette ai domiciliari. Le misure cautelari sono state eseguite dalla polizia a conclusione dell’indagine della Digos sugli scontri scoppiati in piazza Galileo Ferraris, nei pressi dello stadio di Genova, al termine della partita del campionato di serie B tra Genoa e Perugia, disputata a Genova il 15 aprile scorso. La rissa, hanno scoperto gli inquirenti, era un regolamento di conti tra i gruppi che volevano prendere il comando della Gradinata Nord, cuore del tifo rossoblù. Una guerra che durava da settimane, con zuffe e dispetti reciproci, e che oltre al calcio mischiava anche la politica, viste le simpatie con l’estrema destra di uno dei gruppi coinvolti: il Nucleo 1893, l’ex Brigata Speloncia. Durante la guerriglia urbana c’erano state decine di feriti, un giovane a causa di una bastonata aveva rischiato perfino di perdere un occhio. E un altro era stato trafitto da una lama.
In cella otto ultrà rossoblù e uno del Perugia
In cella sono finiti il supporter rossoblù Fulvio Bonavita, 51 anni, e Stefano Curti, capo ultrà del Perugia. Ai domiciliari, invece, i tifosi del Genoa Davide Masala, 40 anni, già in carcere per traffico internazionale di cocaina e imputato nel processo per estorsione ai danni della società ai tempi della presidenza Preziosi, Cristiano Grasso, 45 anni, Massimiliano Leonardi, 51 anni, Andrea Dassori, 30 anni, Loris Capatti, 30 anni, Paolo Galatà, 54 anni, Maximiliano Gaozza, 53 anni, e Mattia Moro, 25 anni. Si tratta di personaggi conosciuti nel mondo ultras, soprattutto per le loro intemperanze. Hanno denunce e Daspo alle spalle. La Digos li ha riconosciuti grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza e ad alcune testimonianze di chi si era trovato in mezzo al parapiglia suo malgrado (altri tifosi che passavano di lì per tornare a casa). Gli investigatori stanno ancora aspettando l’analisi della cella telefonica che copre la zona di Marassi, per avere la conferma della presenza di altri indagati che potrebbero essere raggiunti da misura cautelare.
Il gip: "La matrice politica non c'entra con gli scontri"
Dice il magistrato che ha firmato le ordinanze che non ci sono matrici politiche, nelle faide fra ultrà. E lo rimarca in virtù d’una consapevolezza specifica, essendo evidentemente un frequentatore dello stadio come lascia intendere dai documenti ufficiali. È uno degli elementi più interessanti che emergono dalla lettura delle carte sull’arresto degli ultrà. Il giudice dell’indagine preliminare Giorgio Morando va giù netto. «Il pubblico ministero nella richiesta d’arresto ha offerto una spiegazione della contesa, facendo riferimento anche all’ispirazione politica dei vari gruppi. In realtà, è opinione dello scrivente, che peraltro conosce bene il contesto delle tifoserie “da stadio” (senza che ciò abbia ovviamente influito nella valutazione dei fatti), che la politica non abbia particolare attinenza sugli accadimenti». Sempre il gip la definisce un pretesto «per imporre la propria supremazia e dedicarsi ai pestaggi, in modo abbastanza casuale o legato a motivi di opportunità, spesso economica o solo di “abitudine”, con conseguente gravissimo disagio per l’ordine pubblico e anche per chi si avvicina allo sport con atteggiamento molto distante da questi guastatori». Gli accertamenti riguardano nello specifico gli scontri scoppiati in piazza Galileo Ferraris al termine della partita del campionato di serie B tra Genoa e Perugia, disputata nel capoluogo ligure il 15 aprile scorso.