Omicidio Scagni, il difensore di Alberto gioca l'ultima carta per evitare l'ergastolo al fratricida
L'avvocato dell'uomo che a Genova ha ucciso la sorella in un'ora e mezza di arringa ha negato le aggravanti e ha invocato il vizio di mente dell'imputato
"Alberto Scagni non deve essere condannato all'ergastolo, ma a una pena giusta che ne permetta il recupero". E’ il passaggio più importante della lunga arringa dell'avvocato Alberto Caselli Lapeschi, legale del quarantenne che il primo maggio dell'anno scorso ha ucciso a Quinto la sorella Alice con una ventina di coltellate e per cui il pm Paola Crispo ha chiesto l'ergastolo. Il difensore in un’ora e mezza ha provato a smontare le aggravanti richieste dall’accusa: "Alberto non ha ingannato la sorella uccisa custodendo il coltello in un sacchetto biodegradabile perché è solo servito al trasporto dell'arma, non ha premeditato il delitto né usato crudeltà. Alice ha perso subito conoscenza ed è morta immediatamente. Una vittima che perde subito la vita e prima ancora conoscenza perde la coscienza del dolore". Caselli Lapeschi per rafforzare questa convinzione ha citato il caso di Carol Maltesi, la donna uccisa con tredici martellate in testa e poi fatta a pezzi, per cui i giudici avevano escluso la crudeltà. E concludendo l'avvocato Caselli Lapeschi ha continuato facendo sue le conclusioni del perito nominato dal giudice per le indagini preliminari: “Scagni è seminfermo di mente. Quando ha agito c'era un allontanamento dal piano della realtà". Infine ha chiesto "una giusta pena che non può essere l'ergastolo, ma una condanna che permetta il recupero dell’imputato". Una condanna che secondo la difesa dovrebbe essere dai 24 ai o 30 anni, ma che senza le aggravanti permetterebbe al fratricida di beneficiare anche del rito abbreviato con il conseguente lo sconto di un terzo.
Domani la sentenza: Alberto Scagni rischia l’ergastolo
Domani è attesa la sentenza della corte di Assise presieduta del giudice Massimo Cusatti, a cui toccherà vagliare la ricostruzione fatta in aula dal sostituto procuratore Crispo. Per il pm sussistono le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e per aver usato un mezzo insidioso. Ovvero il coltello nascosto in un sacchetto, invisibile alla vista di Alice. Secondo l’accusa, l’imputato era pienamente in grado di intendere e volere al momento dell'omicidio, anche se per il perito nominato dal gip, Elvezio Pirfo, Alberto sarebbe semi infermo di mente ma capace di stare in giudizio, mentre per la famiglia sarebbe completamente incapace di intendere e di volere.
Le tensioni tra la famiglia e il vedovo
L’udienza stavolta non ha riservato colpi di scena, né tensioni. Anche se l’imputato ha annunciato l’intenzione di fare una dichiarazione prima che la corte si ritiri. La volta scorsa invece si erano vissuti attimi di tensione quando l'avvocato di parte civile Andrea Vernazza, che assiste il marito e il figlio di Alice, durante la sua discussione aveva fatto riferimento al fatto che i genitori della vittima e dell’assassino, all'inizio del procedimento, si sarebbero costituiti a loro volta parte civile con l’intento di chiedere l'assoluzione del figlio. Un'anomalia, l'ha definita Vernazza. A queste parole i genitori, presenti in aula, hanno protestato. "Non vogliamo sentire bugie - ha detto Graziano Scagni, il padre di Alice e Alberto -. Non vogliamo l'assoluzione, noi vogliamo una pena che sia giusta. Basta bugie". Il presidente Cusatti aveva invitato l’uomo a sedersi e a non urlare, tentativo però andato a vuoto. Così il giudice ne aveva disposto l’accompagnamento fuori dall'aula. A quel punto era diventato protagonista Alberto Scagni, replicando in particolare il punto dell’arringa di parte civile quando il legale che rappresenta il vedovo e il figlioletto della vittima aveva detto che l’imputato è perfettamente in grado di intendere e volere e che "l'epilessia (di cui il quarantaduenne soffre da quando era bambino), non può essere curata con la cannabis e con il vino bianco prodotto e fornito dal genitore (come si vedeva in alcuni scatti pubblicati sui social)". Scagni a quel punto aveva chiesto la parola e ha fatto alcune puntualizzazioni: “La cannabis- aveva spiegato al collegio - viene usata a fini terapeutici per la cura dell'epilessia". E ancora: “Mio padre produce vino rosso e non bianco".