Giulio Regeni, la Consulta sblocca il processo: "Gli 007 egiziani possono essere giudicati anche in loro assenza"

La mancata notifica del rinvio a giudizio era dovuta al fatto che l’Egitto si rifiuta di recapitare gli atti agli agenti imputati, circostanza che oggi la Consulta giudica anticostituzionale

La Corte costituzionale ha deciso che il processo sul sequestro, le torture e la morte di Giulio Regeni deve procedere, dichiarando "anticostituzionale" una norma che ha permesso ai quattro imputati egiziani di eludere il processo non comunicando i loro indirizzi. Questa situazione ha impedito finora di notificare gli atti del processo, determinando il blocco del processo stesso secondo quanto stabilito dalla Corte di Assise di Roma e dalla Cassazione.

Giulio Regeni, la Consulta sblocca il processo: "Gli 007 egiziani possono essere giudicati anche in loro assenza"

Contro questa decisione si sono schierati i genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni, insieme al loro avvocato Alessandra Ballerini, trovando supporto dalla Procura e dal tribunale. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, che non prevede la procedura in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando è impossibile provare che l’imputato, consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo a causa della mancata assistenza del suo Stato di appartenenza. Il diritto dell’imputato a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa rimane garantito.

In particolare, la Consulta spiega che questa disposizione deve essere soppressa per il reato di tortura quando l’impossibilità di informare cittadini stranieri del loro status è dovuta alla mancata collaborazione con le autorità del loro Stato di appartenenza. La sentenza completa sarà depositata nelle prossime settimane. La Corte ha accolto le motivazioni con cui il giudice per l’udienza preliminare, Roberto Ranazzi, il 31 maggio scorso ha inviato gli atti alla Consulta. Quest'ultimo ha evidenziato come lo Stato egiziano, rifiutando la cooperazione con le autorità italiane, sottraesse i propri funzionari alla giurisdizione del giudice italiano, creando una situazione di immunità non riconosciuta da alcuna norma dell’ordinamento internazionale, in contrasto con delitti che violano i diritti fondamentali dell’uomo universalmente riconosciuti.

La Consulta ha quindi valutato la legittimità delle istanze avanzate dal procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, e dall’aggiunto, Sergio Colaiocco, sull’incostituzionalità dell’art. 420 bis del codice di procedura penale in tema di “assenza” dell’accusato. Si è focalizzata, in particolare, sull’articolo modificato dalla riforma Cartabia, nella parte in cui non prevede la procedura in assenza dell’accusato nei casi in cui la mancata conoscenza del procedimento dipenda dalla mancata assistenza giudiziaria da parte dello Stato di appartenenza o residenza dell’accusato stesso. Secondo tale articolo, non si può arrivare a una sentenza se gli imputati non sono a conoscenza dell’esistenza di un processo a loro carico. Tuttavia, nel caso dei 4 imputati egiziani, la mancata notifica del rinvio a giudizio era dovuta al fatto che l’Egitto si rifiuta di recapitare gli atti agli agenti imputati. Una circostanza che, per i giudici, rende incostituzionale l’applicazione dell’articolo 420-bis, comma 3, vista anche la gravità del reato di tortura.