Omicidio Scagni, per il pm Alberto merita l'ergastolo perché era capace di intendere e di volere

Scontro in aula tra il legale del vedovo di Alice e i genitori di vittima e assassino. II presidente della Corte d'assise di Genova allontana il padre

Ha chiesto l’ergastolo il sostituto procuratore Paola Crispo, contestando i reati di omicidio volontario pluriaggravato e porto abusivo di coltello ad Alberto Scagni, l'uomo di 42 anni a processo davanti alla Corte d'assise di Genova per l'omicidio della sorella Alice, 34 anni. La donna era stata colpita con 24 coltellate sotto la sua abitazione, in via Fabrizzi a Quinto, levante genovese, la sera del primo maggio 2022. Per il pm sussistono le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e per aver usato un mezzo insidioso. Ovvero il coltello nascosto in un sacchetto, invisibile alla vista di Alice. Secondo l’accusa, l’imputato era pienamente in grado di intendere e volere al momento dell'omicidio, anche se per il perito nominato dal gip, Elvezio Pirfo, Alberto sarebbe semi infermo di mente ma capace di stare in giudizio, mentre per la famiglia sarebbe completamente incapace di intendere e di volere.

Tensione in aula, padre allontanato

Attimi di tensione quando l'avvocato di parte civile Andrea Vernazza, che assiste il marito e il figlio di Alice, durante la sua discussione ha fatto riferimento al fatto che i genitori della vittima e dell’assassino, all'inizio del procedimento, si sarebbero costituiti a loro volta parte civile con l’intento di chiedere l'assoluzione del figlio. Un'anomalia, l'ha definita Vernazza. A queste parole i genitori, presenti in aula, hanno protestato. "Non vogliamo sentire bugie - ha detto Graziano Scagni, il padre di Alice e Alberto -. Non vogliamo l'assoluzione, noi vogliamo una pena che sia giusta. Basta bugie". Il presidente della Corte Massimo Cusatti ha invitato l’uomo a sedersi e a non urlare, tentativo però andato a vuoto. Così il giudice ha disposto l’accompagnamento dell’uomo fuori dall'aula.

Alberto: "Cannabis usata per fini terapeutici"

Ma all’arringa dell’avvocato Vernazza ha voluto replicare anche l’imputato, in particolare quando il legale che rappresenta il vedovo e il figlioletto della vittima ha detto che Alberto è perfettamente in grado di intendere e volere e che "l'epilessia (di cui il quarantaduenne soffre da quando era bambino), non può essere curata con la cannabis e con il vino bianco prodotto e fornito dal genitore (come si vedeva in alcuni scatti pubblicati sui social)". Scagni a quel punto ha chiesto la parola e ha fatto alcune puntualizzazioni: “La cannabis- ha spiegato alla Corte - viene usata a fini terapeutici per la cura dell'epilessia". E ancora: “Mio padre produce vino rosso e non bianco". Il processo è stato rinviato al 28 settembre quando parlerà la difesa. Il giorno dopo ci saranno le eventuali repliche e, con ogni probabilità, la sentenza.

Il pm: capace di intendere e di volere

Nell’udienza della scorsa settimana alcuni vicini di Alberto, residenti nel condominio di via Balbi Piovera 15, a Sampierdarena, avevano raccontato le difficoltà che hanno incontrato nella convivenza con il quarantenne, soprattutto nei mesi precedenti al delitto: colpi nei muri con la mazza a baseball, stuzzicadenti infilati nei citofoni per farli suonare per ore, la porta di casa chiusa con una catena. Episodi che dovevano confermare, secondo la difesa, l’infermità di mente dell’imputato. Tesi questa che stamani è stata smontata dal sostituto procuratore Crispo durante la sua requisitoria.