Lo credono un trafficante di cocaina, invece era solo il mozzo del veliero: assolto, ora chiede i danni

Claudio Paradisi ha passato quasi due anni tra carcere e domiciliari in Portogallo. Sulla barca dove lavorava erano stati trovati 300 chili di droga

Lo avevano scambiato per un trafficante di droga, invece Claudio Paradisi, genovese di 62 anni, era un semplice mozzo. E sulla barca a vela Goldmund svolgeva lavori di fatica senza sapere cosa ci fosse a bordo. Una brutta avventura la sua, passata dalla galera ai domiciliari fino a una doppia assoluzione che adesso lo porta a chiedere i danni allo Stato portoghese per ingiusta detenzione, soprattutto per il periodo trascorso ai domiciliari, dato che ha dovuto pagare un affitto mensile di 550 euro per più di un anno. Complessivamente questa storia a lui e alla sua famiglia è costata circa ventimila euro. Soldi che vuole avere indietro, insieme alle scuse di chi lo ha trattato come un delinquente.

Paradisi era stato arrestato nell’estate del 2020 dalla polizia lusitana nel porto di Funchal, capitale dell’arcipelago di Madeira. L’accusa nei suoi confronti era di traffico internazionale di droga: sulla barca - la Goldmund - dove è stato fermato insieme al suo datore di lavoro gli agenti hanno trovato 300 chilogrammi di cocaina purissima. Un carico che una volta immesso sul mercato avrebbe fruttato quasi quindici milioni di euro. Manette, carcere e poi braccialetto elettronico ospite in una villetta di proprietà di un altro italiano che era stato il traduttore del processo che ha visto la sua prima assoluzione. Rischiava fino a 10 anni di carcere.

Grazie alle sue conoscenze meccaniche il sessantenne era stato scelto dal proprietario dell’imbarcazione per occuparsi del natante che trasportava i turisti dalla Spagna ai Sudamerica (Brasile), passando dai Caraibi. Il compito che gli avevano affidato lo ha svolto egregiamente, il problema è che non sapeva cosa trasportasse la Goldmund: «Quando il proprietario mi concedeva un permesso – ha detto al giudice che lo ha liberato definitivamente -, uscivo e non sapevo cosa avvenisse lì sopra». Gli investigatori lusitani indagando hanno accertato proprio questo: Paradisi era all’oscuro di quel nascondiglio segreto pieno di stupefacente. E quel carico è spuntato a sua insaputa.

E pensare che a Funchal la Goldmund non avrebbe dovuto nemmeno attraccare: la sosta serviva per riparare un guasto. «Dovevamo andare in Spagna e io lì avrei preso un volo per rientrare in Italia. Invece...». Invece l’arresto e la prima notte nella casa circondariale di Madeira: «Ero innocente e per questo avevo ancora più paura. Non sapevo come sarebbe andata a finire», racconta ora che è tornato in Italia. Due giudici - grazie alla confessione del datore di lavoro - gli hanno dato ragione e gli hanno spalancato le porte del carcere. Ma non gli basta.