Morte Simone Di Gregorio, l’autopsia: “Taser non c’entra con infarto”, ipotesi malore improvviso, dubbi sui sedativi

Si attende adesso l'esito degli esami istologici e tossicologici per stabile cosa abbia causato l'arresto cardiaco che ha ucciso il 35 enne di Pescara

Non c’è alcuna correlazione tra la morte del 35enne Simone Di Gregorio e l’utilizzo della pistola ad impulsi elettrici.

È quanto è emerso dall’autopsia effettuata ieri sul corpo del giovane e disposta dalla Procura della Repubblica di Chieti che ha aperto un fascicolo di inchiesta per omicidio colposo.

Il 35enne, affetto da disturbi psichiatrici, è morto domenica 13 agosto durante un intervento di polizia: stava correndo nudo alla stazione di Sambuceto dirigendosi verso i binari quando i militari per fermarlo hanno fatto ricorso al taser. Il giovane è stato bloccato e poi affidato alle cure dei sanitari che gli hanno somministrato un sedativo, poco dopo è morto per arresto cardiaco che, a quanto pare non è stato causato dal taser come appurato dall’esame autoptico.

Simone Di Gregorio, autopsia durata 3 ore

Tra l’altro, come rivelano fonti vicine all’Arma, il taser non avrebbe rilasciato forti scariche sul 35enne, in quanto uno dei dardi si sarebbe attaccato ad un asciugamano.

L’esame autoptico è durato circa 3 ore e mezza e si è svolto all’ospedale di Chieti dal medico legale Marco Piattelli, alla presenza del tossicologo Fabio Savini e del Cardiologo Marcello Caputo. I consulenti sono stati nominati dal sostituto procuratore Marika Ponziani che nei quesiti ha chiesto di conoscere cosa abbia causato l’arresto cardiaco.

Ipotesi malore improvviso, dubbi sui sedativi somministrati

Esclusa dunque la correlazione con la pistola a impulsi elettrici, le ipotesi che restano in piedi sono due: un malore improvviso oppure i sedativi che sono stati somministrati al giovane dopo il fermo, ma a fare chiarezza su questo punto saranno gli esami tossicologici e istologici disposti sulla salma del giovane e per i cui risultati bisognerà attendere ancora un po’, almeno 60 giorni. Al momento dunque, sarebbero escluse responsabilità in capo ai carabinieri che hanno effettuato l’arresto ricorrendo all’utilizzo del taser, anche perché questo non avrebbe sortito l’effetto che avrebbe dovuto, tant’è che una volta azionato, il 35enne ha continuato a inveire con calci e pugni contro l’auto di servizio dei militari.