Dietro la tragedia di Casal Palocco, tutta la miseria di un mondo senza futuro: "creator", "influencer" sono persuasori del nulla
Una cosa resta vera: questi della Theborderline sono finiti: non sapranno fare niente nella vita. Mentre i Ferragnez crollano vertiginosamente perché hanno stufato. Ma niente paura, si fa avanti una nuova generazione perfino peggiore.
L’etica del lavoro, caposaldo ipocrita ma reale della società borghese, del secolo borghese, ha subito una curiosa ridefinizione antagonista: lavorare sarebbe non fare un cazzo, non combinare niente e l’etica sarebbe farci sopra più soldi possibili, un’etica da mercante, da imbonitore delle tre carte. O, se si vuole essere più adeguati ai tempi, il lavoro come creazione digitale, elaborazione di contenuti vuoti tipo correre a 160 all’ora in un centro abitato finché non succede qualcosa. Difatti succede la morte di uno di 5 anni che l’etica dei difensori a vario titolo cerca di spacciare come una specie di suicidio assistito, agevolato dalla madre. Non un granché, in tutti i sensi. Nessuno dei cinque eroi della Lamborghini, stretti in sodalizio nella Theborderline società a irresponsabilità illimitata, faceva altro che contenuti, detti anche “challenge”, sfide più o meno estreme ma regolarmentee idiote e votate a sicura distruzione. Avevano a disposizione mezzi e sponsor: la Sony gli dava le telecamerine per filmarsi, Youtube gli forniva il canale social per diffondersi, il concessionario passava la macchina senza andar per il sottile, potevano andare a Cinecittà World, il parco divertimenti sulla Pontina chiuso al pubblico e lasciato a loro disposizione (e la società smentisce qualsiasi accordo?), potevano scegliere tra ville, casali, piscine, dentro e fuori Roma, un giro d’affari da centinaia di migliaia di euro, da cui l’etica del lavoro. In modo questo sì ipocrita, farisaico, tutti questi partner si sono tirati fuori dopo lo scontro, non chiamiamolo incidente, di Casal Palocco dove ha perso la vita il piccolissimo Manuel. Non per l’omicidio stradale in sé, così come adesso lo ipotizza la Procura, ma, si direbbe, per il modo maldestro di gestire la sporca faccenda da tutti questi creatori di distruzione: l’arroganza diffusa, la totale assenza di senso di responsabilità, il cordoglio come occasione per farsi pubblicità, l’occultamento dei video, qualcuno li avrebbe visti ridere e filmare la carcassa della Smart con dentro la vittima, comunque le menzogne: adesso il pilota, figlio di uno del generone presidenziale, sta dentro, per modo di dire perché ben pasciuto nell’appartamento familiare, ai domiciliari, avendo un autista dell’Atac confermato le corse folli, da missile impazzito, nel quartiere altoborghese di Roma, ciò che per giorni si è provato a negare.
Così potrà giocarsi la carta della vittima, atteggiarsi a novello Enzo Tortora. La “vita dorata”, come scrivono i giornali, dei creator digitali è finita. Hanno tentato fino all’ultimo, volevano perfino andare alla fatale fiaccolata di domani, che non può mancare e che è stata dedicata “alla pace e contro i cambiamenti climatici”, dal che uno potrebbe chiedersi chi davvero si salva in questa fiera oscena del cinismo estremo, e potrebbe concludersi che a questo mondo non vale la pena scrivere, non vale la pena incazzarsi, non vale la pena vivere, non vale la pena niente. “Venite con su qualcosa di bianco” dicono gli organizzatori. Non alla memoria di Manuel ma per il colpo d’occhio, sono attese migliaia di persone e ci saranno le televisioni, fanno sapere con oscena eccitazione, come al gay pride o ai concerti pop. A volte vien da pensare che qualsiasi orrore serva a queste liturgie disgustose. Insomma la follia di Casal Palocco comincia nello squallore, finisce nello squallore, senza spazio per domande o riflessioni di sorta. Una potrebbe essere che nella neoetica dell’antilavoro o i soldi li hai fin dall’inizio o non vai da nessuna parte. Lo spirito del capitalismo protestante prevedeva, magari con buona dose di retorica, l’uomo che si faceva da sé, che partiva dall’orfanotrofio o dal carretto e arrivava all’impero, oggi si parte dall’impero e si vivacchia di merda restando 50 ore in una fuoriserie finché non travolgi qualcuno. Al massimo vai a Dubai ma anche lì non puoi smettere di “selfarti” perché, alla fine della fiera, è sempre lavoro, duro lavoro, anzi non-lavoro. Chi glieli ha dati a quattro o cinque neomaggiorenni, a malapena scolarizzati, nullafacenti, i capitali e i ganci per arrivare all’intrapresa supersponsorizzata? Chi glieli ha forniti i consulenti e gli esperti per gestire la baracca? Anche la nostra Chiara Ferragni, bocconiana che alla Bocconi non ha mai dato un esame, ci passava davanti in tram, campa sulla leggenda squisitamente capitalistica di quella partita dal blogghettino, “The blonde salade”, e arrivata ai fatturati milionari con l’abnegazione e la dura forza di volontà. Quanto a dire una bufala che fa impallidire quella dei cambiamenti climatici. Ferragni è stata letteralmente creata da un fidanzato manager di studi americani, e seguita, come ancora oggi, dalla madre, a lungo direttrice commerciale del marchio Blumarine. Poi ha sposato un altro come lei, il Fedez dei tormentoni riciclati dagli anni ‘60, e si sono alimentati come coppia creator. Ma creatori di che? Questi sono la negazione di Schumpeter, qui c’era se mai la distruzione non creativa, affidata al solito esercito di addetti, di curatori, di venditori d’aria che cammina. Entrambi, lei in particolare, sono definiti imprenditori digitali ma in concreto rappresentano la smentita di ogni imprenditoria: non realizzano, non creano, non investono, a costi zero propongono i loro corpi, moltiplicati in modo seriale, alla Warhol, da raffiche perenni di filmatini, di fotografie. Tutto qui. Una truffa che può durare anche anni, ma inesorabilmente destinata a franare, presto o tardi: basta un momento, un dettaglio, un passo falso a travolgere tutto perché il castello è fatto di carte. Per i Ferragnez è stato il passaggio a Sanremo, come ampiamente previsto da chi scrive: essendo artisticamente nulli, non potevano che uscirne con le ossa, cioè l’immagine, a pezzi: da lì solo una perenne scivolata nel pozzo, con lei che vendeva a un fondo estero la sua attività e tutti e due ad annaspare nelle solite provocazioni sempre più patetiche. Fino al colmo di una cavallerizza undicenne, dichiarata seguace della Chiara, che volendo rosicchiare un po’ di popolarità, insomma punta a diventare come lei, la accusa di esibizionismo per le foto nude, al che Ferragni non trova se non una risposta a bassissima scolarizzazione: “Se offendo i puritani ci sto”. Ma i puritani c’entrano niente: sono i boccaloni ad essersi stancati, le loro facce sono vecchie, i loro corpi invecchiano, ci sono alternative sempre più giovani e spregiudicate, come sempre il prototipo genera una successione peggiore, più infame. Il traffico social per entrambi si è quasi dimezzato e non è questione di “diversity” o di”overloading” come vaneggiano i presunti esperti, la cruda realtà me l’ha scritta un lettore: “Era ora, hanno rotto il cazzo”.
E non c’è niente da capire. Adesso, come per tutti quelli in disarmo, ma famosi, si ipotizza per i Ferragnez un futuro in politica, col PD, anche questa una svolta che chi scrive ipotizza da mesi. Una invece che il cazzo vorrebbe romperlo ma, dice, non glielo fanno fare è un’altra faccetta insopportabile che da un po’ gira su tutti i canali, non solo social: pretende di fare creazioni industriali per l’azienda porno di Siffredi ma papà non vuole, una roba straziante. E questa si fa intervistare per dire: “Sono una schiava, una troia di merda”. “Perché di merda?” chiede l’intervistatore, ammiccante. “Perché così mi degrado di più”. Se una sta combinata in questo modo a 18 anni che le resta, che campa a fare?
È duro il non-lavoro degli influencer e la vida loca e dorata passa presto, esattamente come nel porno. E difatti non è meno osceno e spesso le due cose si intrecciano, come nelle esibizioniste di OnlyFans. Una cosa centrata, per dire sicura, indiscutibile, l’avvocato difensore di Matteo di Pietro, il pilota della Lambroghini impazzita, l’ha detta: “La sua vita è distrutta”. Non per il rimorso, non scherziamo, questa è gente che cresce senz’anima e nessuno la metterà mai di fronte all’orrore compiuto; ma semplicemente perché uno che non sa fare niente, se non fare e farsi del male, resta del tutto privo di sovvenzioni. E non avrà né la voglia, né la forza, né la testa per fare altro, meno che meno espiare al servizio degli altri. I domiciliari sono acqua fresca, qualche giorno nella bambagia con mamma e papà, anche la condanna sarà indolore se mai, però davvero i giochi si chiudono qui. Pensati libero, creator, se ti riesce.