Controlli Green Pass stazione centrale di Milano: "Perdo il treno". Accusato di oltraggio, il giudice lo assolve: "Ingiusta prevaricazione della polizia"

Dopo due anni di processo è stato assolto dall'accusa di oltraggio l'uomo che a Milano aveva chiesto di uscire dalla fila per il controllo del green pass per non perdere il treno. Secondo il giudice si è trattato di prevaricazione da parte degli agenti

Si è concluso il processo che dal 2021 vedeva imputato un uomo per l’accusa di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. I fatti risalgono al periodo delle restrizioni Covid, quando cioè l’uomo, secondo quanto riportato dalla polizia ferroviaria della stazione centrale di Milano, avrebbe rivolto frasi ingiuriose nei confronti degli agenti impegnati a verificare i green pass. Secondo il giudice Dani, che ha infine deciso per l’assoluzione dell’uomo, la versione degli uomini in divisa non è credibile. Credibile, invece, la ricostruzione che vuole gli agenti colpevoli di atti arbitrari e ingiustamente persecutori nei confronti dell’uomo.

L’uomo era stato denunciato nel 2021 con l’accusa di offesa e resistenza a pubblico ufficiale

L’evento è avvenuto nel pieno del periodo delle restrizioni Covid del 2021. Un uomo di 40 anni ha appena perso il lavoro a causa dei lock down. Non è più in grado di permettersi di vivere a Milano e, dopo anni, è costretto a tornare nel paese natale del Centro Italia, da cui era partito sognando di costruirsi una vita nella grande metropoli. Quest’uomo è in coda, nella stazione centrale di quella città che avrebbe voluto continuare a chiamare casa, mentre attende che i lunghi controlli dei green pass gli permettano di raggiungere il treno che lo traghetterà a Perugia. Passano i minuti, la fila si muove lenta, troppo lenta, potrebbe perdere il treno. L’uomo non ce la fa più, e sbotta contro gli agenti impegnati a verificare i documenti sanitari: “Muovetevi! Eh bravi state lì, non servite a niente, fate perdere il treno alle persone”. Le altre persone in coda applaudono alla protesta spontanea, poi la bagarre. Gli agenti lo prendono per le braccia, lo strattonano, lo trascinano “con modi decisi” nell’ufficio della polizia ferroviaria. Per lui scatta l’accusa di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Eppure, dopo ben due anni di processo, il tribunale ha dato ragione all’uomo.

La versione degli agenti non ha convinto il giudice Dani, che l’ha considerata di dubbia attendibilità

A far prendere la decisione al giudice monocratico Cristina Dani, la versione fornita dagli agenti, che “sconta più di un dubbio in tema di piena attendibilità”. Secondo quanto riportato da un assistente capo della polizia, dopo gli inviti ironici a darsi una mossa, gli agenti avrebbero chiesto all’uomo i documenti. A questo punto, l’uomo avrebbe dato in escandescenza, urlando frasi ingiuriose come “siete dei pezzi di m…, che c… volete da me?”. A questo punto i poliziotti si sarebbero visti costretti a portare di peso l’uomo in ufficio, per eseguire i dovuti accertamenti. Trasporto avvenuto forse con “modi decisi”, viene ammesso dall’assistente capo, ma solo a causa dell’aggressività dell’uomo, che avrebbe anche cercato di colpire con calci gli agenti. “Colpi – rassicurano dalla polizia ferroviaria – che abbiamo parato o schivato grazie alla nostra preparazione”. Un’operazione da manuale, quindi, che non ha però convinto il giudice Dani, più incline a credere alla versione dell’uomo.

La versione dell’uomo svelerebbe momenti di abuso ai suoi danni da parte degli agenti

Secondo quanto riferito dal legale dell’imputato, l’avvocato Claudia Invernizzi, l’uomo avrebbe semplicemente chiesto, con educazione, di uscire dalla fila per non rischiare di perdere il treno. Per lui, nessuna risposta. In cambio, continua l’avvocato, un agente aveva mimato un saluto romano alla volta di un collega per poi alzare la punta del manganello verso l’uomo, a mo’ di intimidazione. È a questo punto che sarebbero partite le frasi riguardo al “darsi una mossa”. Dopo le frasi, nessuna richiesta di documenti o tentativi di fuga divincolandosi, eppure l’uomo sarebbe stato sollevato da terra e “strattonato da tutte le parti”, con conseguente rottura degli occhiali e traumi contusivi ad anca, ginocchio e braccio, con postumi durati due mesi. Solo dopo questi gravissimi fatti, la comprensibile rabbia dell’uomo si sarebbe tradotta nelle frasi ingiuriose.

Il giudice Dani ha infine riconosciuto l’arbitrarietà del trattamento riservato al 40enne

Con queste parole, quindi, il giudice Dani ha infine deciso per l’assoluzione dell’uomo, vittima di un’ingiusta prevaricazione: “A fronte di frasi che esprimevano essenzialmente solo una critica e che pertanto non erano denigratorie (”eh bravi state lì, non servite a niente, fate perdere il treno alle persone”), è da evidenziare come la richieste degli agenti di esibire i documenti e la loro successiva decisione di condurre l’uomo negli uffici, peraltro trascinandolo, possano essere state vissute da costui come una ingiusta prevaricazione”. Per questo motivo, continua la sentenza, vanno scriminate, almeno a livello putativo, le successive esternazioni dell’uomo, chiaramente vittima di un atto arbitrario o ingiustamente persecutorio.