Cambiamenti climatici, l'alibi dell'inquinamento atmosferico nasconde la superficialità dei politici italiani

Perché nei paesi del Nord Europa, dove le piogge sono assai più abbondanti che da noi, non si verificano le stesse calamità? Perché l’attenzione ai sistemi idrici naturali ed al governo delle acque, è stata ben diversa, tutelando e gestendo una ricchezza basilare per la vita dell’uomo, che solo da noi, per l’ignoranza e la pochezza della nostra classe politica, si è trasformata in danno

Nel maggio/giugno 218 A.C., Annibale attraversò le Alpi portandosi al seguito, dicono gli storici, ben 37 elefanti, 90.000 fanti e 12.000 cavalieri.

L’altezza massima raggiunta era stata di 2.950 metri.

Non esistevano strade, non esistevano sentieri e quindi, raccontano sempre gli storici, a parte qualche sporadica nevicata, il percorso fu assai accidentato, ma fattibile.

Sono noti i periodi di desertificazione che la Terra ha subito nel corso del Medioevo, con un andamento climatico oscillatorio, che deriva addirittura, nei millenni passati, da periodi interminabili di glaciazioni.

Non esistevano allora problemi di CO2, né emissioni di ossidi di azoto od altro, legati alla produzione di impianti industriali.

Va ricordato peraltro che oggi, la CO2 prodotta da quanto costruito dall’uomo, non supera il 3% del totale presente in atmosfera. Il restante 97% è prodotto in natura, nella combustione, nella fotosintesi clorofilliana, nel decadimento della materia organica, nei fertilizzanti e tanto altro ancora.

Se poi constatiamo che l’80% del 3% prodotto dall’uomo, è prevalentemente concentrato nei paesi orientali, con alla testa la Cina, ne conseguiamo che, per i fenomeni metereologici negativi, che stanno investendo l’Italia, la presenza di CO2 prodotto dagli impianti è certamente secondaria.

Anche perché i cosiddetti ambientalisti, climatologici, ecologisti verdi, e chi più ne ha più ne metta, continuano a confondere inquinamento con mutazioni climatiche. I due concetti non sono sovrapponibili.

Eminenti scienziati, accreditati Premi Nobel, quali l’italiano Carlo Rubbia, hanno dimostrato infatti a più riprese, che i problemi climatici del nostro pianeta sono infatti prevalentemente dipendenti dal suo rapporto con il Sole.

La Terra è infatti totalmente dipendente dal Sole, una immensa caldaia in perenne combustione, che condiziona la nostra vita, in termini di luce e di calore. 

Due elementi che, insieme ad aria ed acqua, rendono possibile la nostra esistenza.

Bastano infatti infinitesime differenze nell’angolazione dei raggi solari, che raggiungono il nostro pianeta, per modificare le nostre condizioni climatiche.

La campagna dei media, scatenata contro l’inquinamento atmosferico, quale unico imputato dei cambiamenti climatici, è soltanto una falsa campagna fuorviante dalla realtà, pagata e sovvenzionata dall’economia green.

È soprattutto certamente un alibi dei politici, per coprire l’enorme incuria e la superficialità con cui in Italia si è trattato il problema della gestione delle acque, che vanno guidate ed organizzate all’interno di fluvii naturali, che se necessario, devono essere rafforzati ed incrementati.

Il grande Cavour, a metà dell’Ottocento, riempì il Piemonte di canali, di cui il principale prese addirittura il suo nome. Essi avevano non solo lo scopo di garantire la fertilità dei terreni agricoli, ma anche quello di incanalare e sottomettere le acque, impedendo loro di creare inondazioni e disastri ecologici.

La stessa città di Milano, circondata da una quantità di fiumi, canali e vasche di compensazione, che non hanno eguali nel resto del paese, ha sempre salvato così il suo equilibrio idrogeologico evitando, a parte l’unico marginale caso del Seveso, disastri incontrollabili.

Perché nei paesi del Nord Europa, dove le piogge sono assai più abbondanti che da noi, non si verificano le stesse calamità?

Perché l’attenzione ai sistemi idrici naturali ed al governo delle acque, è stata ben diversa, tutelando e gestendo una ricchezza basilare per la vita dell’uomo, che solo da noi, per l’ignoranza e la pochezza della nostra classe politica, si è trasformata in danno.

Di Pierfranco Faletti.