La “task force” di Speranza ricorda i comitati di Cossiga, infestati di piduisti

L'ex ministro sanitario non aveva altra strategia che la chiusura sistematica, totale, il regime costruito sulle menzogne: sono i pm di Bergamo a dirlo. Ma le responsabilità vanno molto oltre.

In Grecia il ministro dei trasporti si è dimesso dopo il disastro ferroviario nella Valle di Tempe. In Ucraina il ministro della Difesa si è dimesso dopo le accuse di corruzione che lambivano non lui ma suoi funzionari. In Giappone il ministro dell'Economia si è dimesso per i suoi legami con un culto religioso. Sempre in Giappone, un ministro può dimettersi per un ritardo di un minuto sull'arrivo di un convoglio: qui le mezz'ore e le due ore di ritardo sono la norma e se protesti sei umiliato, minacciato perfino dall'ultimo sportellista, non si dica il capo delle ferrovie o il responsabile di un dicastero. In Germania volevano cacciare un ministro per essersi portato un tappeto su un volo di stato. Possiamo andare avanti per ore, per pagine. In Italia non si ricorda a memoria d'uomo un caso di dimissioni dopo un fallimento, non importa a quale titolo, se attribuibile o meno: la responsabilità politica non esiste, quello del chiedere le dimissioni del vertice di turno, la destra per Lamorgese, la sinistra per Piantedosi, è un gioco delle parti che tutti sanno essere di puro uso mediatico. L'unica volta in cui un ministro se ne andò, ma la faccenda lì era immane, fu Cossiga a seguito dell'omicidio di Moro per mano brigatista: dimissioni di facciata, strategiche: appena un anno dopo era già presidente del Consiglio, nel 1985 lo faranno presidente della Repubblica, per meriti evidenti. Ecco, la gestione della millantata task force del ministro della malattia e della disgrazia,Speranza, ricorda molto l'operato cossighiano: anche lui, come lo statista sassarese, costruiva comitati di crisi che assicurava attivi 24 ore su 24: era una balla e i comitati erano più che altro club di sfaccendati e di intriganti.

Quelli di Cossiga ben tre, tutti infiltrati da piduisti e dall'inviato americano Pieczenick, arrivato per far fuori Moro, recuperare il suo memoriale e disinnescare le Brigate Rosse o per meglio dire orientarle a svolgere fino in fondo la loro funzione di terroristi eterodiretti e strumentalizzati; quello di Speranza, varato alla fine di gennaio 2020, era se possibile più brancaleonesco: imbarcava la qualunque e si rivelò subito un burocratificio di primedonne e di personaggi inutili, oltre che, naturalmente, intriganti: diciamo che l'unica cosa che differenziava i comitati cossighiani da quelli speranzini era la P2, ammesso che prima o poi non salti fuori qualcosa del genere. Allora come ieri la specialità della casa era non prendere nessuna decisione e non saper stilare nemmeno dei verbali di riunioni degni di nota. La solita tattica italiana, perdere tempo per prendere tempo, offrire operazioni di parata e intanto curare gli affari: politici, commerciali, corruttivi. Invece, la strategia contro il virus misterioso dalla Cina, anche se Mattarella proibiva di dirlo, era la seguente: Speranza, il responsabile della Salute, ordinava; Brusaferro, capo dell'Istituto Superiore di Sanità, eseguiva. ISS, Istituto Superiore di Speranza. Il burocrate suggeriva di andarci piano? Il ministro s'incazzava, tutto ciò che voleva era rinchiudere. Il sottoposto manifestava scetticismo sulla chiusura delle scuole? Il ministro patologico ordinava la chiusura (e il burocrate obbediva). L'inferiore sosteneva l'inutilità di chiudere i cimiteri? Il ministro fanatico obbligava (e lo sguattero scientifico formalizzava). Non parliamo delle chiese, che al comunista Speranza danno fastidio in quanto templi cristiani: sbarrate anche quelle, senza che nessun prete protestasse dal Vaticano in giù.

Qui, mettendo da parte le indagini, le pippe quanto a piani pandemici e zone rosse, ce n'è abbastanza per la vergogna a vita. Speranza, lo dicono i magistrati d'accusa, ha mentito a tutti su tutto; è andato oltre le sue competenze; ha insistito sulla dimensione concentrazionaria; ne ha fatto un caso personale, di psicosi personale, sentendosi mancar l'aria “se passano anche solo due automobili”; un agorafobico che, per ideologia e per problemi suoi, puntava a stritolare la società per rifarla in senso gramsciano, autoritario del genere leninista: il partito-stato decide, la plebe si adegua. Ci hanno provato e ci sono anche riusciti. Nessuno si sarebbe mai dimesso. Ma non si vede perché, davanti a quest'orgia del potere e della menzogna, del regime costruito sulla menzogna, non dovrebbero risponderne il suddetto ministro, il sopraccitato burocrate manichino e i due primi ministri avvicendatisi, Conte e Speranza; lasciamo pur fuori il capo dello stato, ma solo per evidenti impossibilità di chiamarlo a rispondere del suo operato di responsabile dei responsabili: la sacra Costituzione ne ha fatto un intoccabile e qualsiasi presidente, giustamente, ne ha approfittato.

Speranza però no: dovrebbe, e probabilmente succederà, rispondere anche della morte sociale, delle migliaia di decessi e di invalidi a seguito di somministrazione insistita e, prima, della assurda linea terapeutica improntata a tachipirina e vigile attesa e orientata a massacrare i medici che pretendevano di curare davvero: mai si era dato il caso di una classe sanitaria che di fronte a un'epidemia teorizzava il diritto-dovere di non intervenire, e lo metteva in pratica. Comunque le oscurità, le opacità, i torbidi, lo stagnare dell'azione, le fandonie perenni, i comitati o task force millantati (è sempre la magistratura a rilevarlo), la pressione sugli organi scientifici, le chiusure indiscriminate, la latitanza di qualsiasi azione, il ricorso sistematico alla repressione, l'amio utilizzo di scimmie ammaestrate, gli ormai famigerati “virologi”, per la propaganda, la manipolazione dell'informazione, la comunicazione ossessiva e distorta, la censura della più flebile obiezione o opzione alternativa, questa è tutta roba che giustifica ampiamente un processo e, volendo, la custodia cautelare per evidenti rischi di manipolazione e di fuga se non più di reiterazione. Invece Brusaferro è stato addirittura riconfermato, tanto per ribadire la sostanziale continuità fra il regime precedente e quello attuale; e Speranza campa relativamente tranquillo, al netto delle preoccupazioni che gli vengono da Bergamo dove la Procura lo considera, e lo scrive, un emerito bugiardo e un irresponsabile. Peraltro, una responsabilità a Speranza non si può negare: quella della disperazione di milioni di famiglie, anche con persone disabili; dello sbando, della tortura di un paese, della discriminazione, della paralisi collettiva. Altro che dimettersi per un ritardo ferroviario di 10 secondi.