Farina di insetti: passo decisivo verso la perdita dell'identità nazionale

O mia Patria, sì bella e perduta!

SCRITTI BELLICI

O mia Patria, sì bella e perduta!

Perché mangiare insetti è un passo decisivo verso la perdita dell’identità nazionale

Ho vissuto in Canada per due anni. Essere un emigrante aiuta a comprendere quali siano gli elementi distintivi della nostra identità nazionale. I nostri connazionali, spesso calunniati, vilipesi, derisi, giudicati inferiori perché poveri, hanno portato con sé la nostra cultura culinaria, fatta di ingredienti semplici e genuini, un’antica tradizione e quell’inventiva che ci contraddistingue. Basti pensare alla pasta di grano duro che con un filo d’olio d’oliva, uno spicchio d’aglio e il pomodoro diventa uno squisito piatto di spaghetti, alla pizza, al vino o (da ultimo) alla Nutella, nata dall’aggiunta al costoso cioccolato di un ingrediente povero e facilmente reperibile nei boschi intorno ad Alba come le nocciole.
La cucina italiana, la nostra musica (primo fra tutti il leggendario Enrico Caruso, che all’inizio del Secolo scorso fu il primo artista al mondo a vendere più di un milione delle sue incisioni), la nostra arte sacra (nata nella culla del cattolicesimo per rendere lode a Dio nell’alto dei cieli e testimoniarne la Parola agli uomini quaggiù nel Paese “dove fioriscono i limoni”), l’alta moda e il design sono gli aspetti esteriori che meglio ci definiscono. Poi, naturalmente, automobili e motociclette sportive nate dall’ingegno di nostri straordinari connazionali. C’è molto di più, una cultura antichissima, frutto dell’incontro tra la civiltà greca e quella romana, un’indole pacifica e tollerante che ci ha consentito di essere benvoluti ovunque andassimo. Siamo la patria del diritto moderno, nato col Corpus iuris civilis dell’Imperatore Giustiniano quando i nordeuropei erano analfabeti.
A testa alta, con orgoglio, rivendico la mia italianità. Poco m’importa se politicamente siamo una colonia americana, se il nostro reddito pro capite è una frazione di quello della vicina Svizzera, se nell’Unione Europea siamo sempre stati trattati come parenti poveri e persino insultati con l’acronimo “maiali” (“PIGS”): era soltanto invidia.
Oggi, dopo tre anni di follia collettiva, siamo in molti a scorgere tutti i segnali di un attacco premeditato e potenzialmente letale alla nostra identità nazionale.
Dopo gli schifosi cibi industriali delle catene di ristoranti, dopo l’affronto dell’etichetta sulle bottiglie che dichiara (falsamente) che il vino nuoce alla salute in qualsiasi quantità, dopo l’assurdo divieto di produzione dei motori a combustione, i paladini della cancel culture ci impongono di mangiare farine di insetti.
Impoveriti dalla perdita della sovranità monetaria, completamente in balia di poteri sovranazionali, vestiti con indumenti cinesi, indotti dal marketing ad ascoltare musica italiana identica a quella di qualsiasi altra Nazione, tra poco ci nutriremo di insetti, senza neppure renderci conto che seduta insieme a noi a tavola non c’è più una tipica famiglia italiana (che ormai sopravvive soltanto nei ricordi di noi boomers).
Qualcuno penserà che è il progresso: il mondo unipolare a trazione americana non tollera la sopravvivenza delle identità nazionali. Qualche elemento diventa patrimonio comune, il resto si getta via, bollandolo come obsoleto. Io non sono un cantore delle piccole cose di una volta, non vi è in me un briciolo di sentimentalismo. Eppure, davanti alla follia di un’intera Nazione che rinnega il proprio passato, che accetta la mistificazione che ne fanno quotidianamente gli americani attraverso i loro social media, ho voglia di gridare che la misura è colma: yankees go home!

di Alfredo Tocchi