Mani pulite e un eredità devastante tra cui il crollo del sistema economico-produttivo italiano
La moda, l’ingegneria, la chimica, la farmaceutica, l’impiantistica, insieme a tutte le principali attività professionali, dalla medicina, all’avvocatura, al design, alla pubblicità, erano i protagonisti del made in Italy e rappresentavano il traino economico del paese. Poi è arrivato all’improvviso un ciclone, una meteora, che ha bloccato e traumatizzato il sistema
Il mesto trentunesimo anniversario di mani pulite riporta ancora una volta all’attenzione, gli svariati errori giudiziari, i suicidi e/o le morti indotte e soprattutto i tanti atti di illegalità, di cui i media hanno ormai ampiamente parlato e che il vaso di Pandora, scoperchiato recentemente dal Sistema Palamara, ha tragicamente fatto emergere.
Alcuni cosiddetti eroi, protagonisti di quella stagione, hanno ottenuto nel frattempo fama, potere ed a volte anche denaro, raramente giustizia. “Canis canem non est” dice un antico proverbio latino e questo spiega forse l’inattaccabilità di quei protagonisti, che rarissimamente, come prevede la legge attuale, sono stati giudicati colpevoli dai loro stessi colleghi.
Ancora più gravi però, sono stati, a mio parere, i danni causati da mani pulite al sistema economico-produttivo italiano. Alcuni settori trainanti del nostro paese, sono stati infatti letteralmente devastati sotto i colpi mortali di quelle inchieste.
Mi riferisco per esempio alle imprese di costruzione, con nomi gloriosi, dominatori allora dei mercati internazionali, quali Torno, Lodigiani, Codelfa, Impresit e molti altri ancora. Bloccare i conti correnti delle società, perseguire indiscriminatamente ed arrestare a destra ed a manca, per giorni e per mesi i titolari ed i dirigenti di vertice di aziende, che fatturavano migliaia di miliardi di lire, ha significato affossare una parte determinante del paese.
All’inizio degli anni Novanta, le nostre imprese svettavano al terzo posto nella classifica mondiale dei costruttori, dopo Stati Uniti e Giappone. Oggi siamo al cinquantesimo posto.
Analogo discorso vale per la chimica, con il crollo tra l’altro di Montedison, della farmaceutica, passata in gran parte in mani estere, per l’engineering ed infine l’impiantistica dove grandi gruppi quali Belleli, Fochi, Ansaldo-Nira non compaiono nemmeno più nelle rubriche telefoniche.
Mi raccontava un carissimo amico, allora ai vertici di Fiat che, per due anni, il gruppo è stato praticamente paralizzato da inchieste, perquisizioni, interrogatori, incriminazioni ed arresti ovunque e dovunque.
Tutto il management viveva nel terrore e le priorità di tutti non erano più i programmi e le strategie, per produrre vetture vincenti sui mercati internazionali, ma esclusivamente il difendersi dalle inchieste giudiziarie.
Per una azienda come quella, che viveva di innovazione e di ricerca permanente, per poter competere nel mondo, due anni sono valsi un secolo!
Questa è la maggiore tragedia lasciata purtroppo in eredità da mani pulite, che ha visto l’Italia perdere tanti protagonisti del nostro sistema economico industriale, insieme a decine di migliaia di posti di lavoro.
L’Italia infatti in quel periodo, stava uscendo dalla gloriosa stagione degli anni Ottanta.
La moda, l’ingegneria, la chimica, la farmaceutica, l’impiantistica, insieme a tutte le principali attività professionali, dalla medicina, all’avvocatura, al design, alla pubblicità, erano i protagonisti del made in Italy e rappresentavano il traino economico del paese.
Poi è arrivato all’improvviso un ciclone, una meteora, che ha bloccato e traumatizzato il sistema.
L’errore imperdonabile di quegli inquirenti, è stato, a mio parere, quello di voler colpire le eventuali responsabilità personali dei dirigenti, contestualmente alla vita e all’anima stessa delle aziende, o degli istituti di riferimento.
Se oggi l’Italia, dal quarto posto, è scesa all’ottavo, nella graduatoria dei principali paesi industrializzati, se abbiamo un numero assai ridotto di grandi gruppi imprenditoriali, se siamo scomparsi o siamo stati acquisiti da operatori esteri in molti fondamentali settori, quali chimica, impiantistica, farmaceutica, fino all’automotive, se soprattutto i nostri salari sono fra i più bassi d’Europa, una parte significativa di questi demeriti, va sicuramente imputata anche a mani pulite, insieme ai tanti conniventi giornalisti, che l’hanno incoraggiata ed idealizzata.
di Pierfranco Faletti