Dopo Cospito è allarme terrorismo: ce l'hanno messa tutta per arrivarci
Le sommosse di lunga durata, le escandescenze striscianti partono spesso da episodi marginali o isolati: col caso Cospito la sinistra ha lavorato per incediare la prateria
Archiviata la farsa Cospito con la conferma del 41bis da parte del Guardasigilli Nordio, possiamo pensare alle conseguenze, al fallout. Le conseguenze sarebbero che una pagliacciata la si è voluta dipingere come il ritorno agli anni di piombo e tanta abnegazione da sinistra rischia di trovare concretezza. Questi post compagni, questi piddini sedicenti riformisti, sono innaturali nel loro correre dietro al richiamo della foresta, agli ululati dei Cospito che è uno di quei balordi psichiatrici in fuga dalla provincia narcotica per tentare il salto vitalistico. Già graziato da Cossiga, ha ringraziato mettendosi a sparare; messo in galera, è strategicamente ingrassato di 40 chili in previsione dello sciopero della fame che già gli aveva fatto gioco la prima volta. A questo punto la sinistra nostalgica s'è sciolta di tenerezza, ha preso a visitarlo, a coccolarlo con comportamenti più inumani che innaturali. In quattro parlamentari piddini partono in pellegrinaggio, ed è uno che dal carcere ha ordinato un attentato alla sorella della candidata segretaria del partito, la Elly Schlein. A livello manicomiale potrebbe bastare, ma non basta perché si vien a sapere che questi dal balordone pescarese si facevano dettare l'agenda: “Parlate prima coi boss della mafia”, e loro obbediscono. Oggetto del contendere il famigerato 41bis che dà fastidio ai mafiosi, i quali si muovono per interposto anarcoterrorista. Gente, questi piddini, che sul costume del moralismo antimafia hanno eretto cattedrali populiste. Come fanno a non capire che prima o dopo il loro comportamento sconcertante viene fuori? Difatti viene fuori ma quelli neanche una piega: anziché farsi da parte pretendono la cacciata di chi ne ha rivelato le trame con le pezze d'appoggio dei cavilli regolamentari, della petulanza da sinistra sindacale.
Da cui una contraddizione grottesca: la trattativa coi mafiosi è demoniaca, equivale alla complicità nelle stragi di Falcone e Borsellino, però se ci infili in mezzo un anarcoide comunista si può anzi si deve condurre. Ma, incurante, la sinistra circense dà il meglio: arriva anche questa Ilaria Cucchi, senatrice comunista per dubbi meriti, che si fionda in galera “come mi impone il mio vissuto” a sincerarsi delle condizioni di uno che ai suoi diceva: l'unica vita è nella morte, nell'attentato, nella distruzione di uomini e istituzioni. Il vitalismo un po' dannunziano e un po' mattoide che hanno sempre questi qui del rivoluzionarismo velleitario. Il vissuto della Cucchi sarebbe un fratello, piccolo spacciatore, massacrato in carcere dalla polizia: che c'entra col caso di un aspirante stragista cui nessuno torce un capello e che rifiuta di mangiare per calcolato ricatto? Ci si mettono pure gli universitari sprecati della Sapienza, che “okkupano” in solidarietà a un criminale; la stessa razza che impediva a Ratzinger di tenere un discorso, che aggredisce Capezzone lì per fare una conferenza ospite di una associazione universitaria di destra.
A questo punto la prateria è incendiata e negli ambienti dell'antiterrorismo si comincia a parlare di pericolo attuale e di non trascurabile proporzione. Tanto ci hanno lavorato, che alla fine sono riusciti ad appiccare i fuochi dell'esibizionismo e dello spontaneismo armato, come si diceva una volta. Enfatizzando il caso di un cialtrone votato alla delinquenza onirica, hanno catalizzato l'attenzione di falliti, lunatici, casinisti, in una replica un po' penosa di quello spettacolo già di suo penoso che fu il post sessantottismo. Ma i cortocircuiti sociali, le ondate dei sommovimenti che possono durare anche decenni partono spesso da episodi isolati, da cause secondarie o grottesche o irrilevanti. Finora questa polvere sovversiva, fisiologica in ogni contesto evoluto, era rimasta sotto il tappeto, facilmente controllata dagli organi di sicurezza anche perché i mezzi tecnologici postmoderni sono fatti apposta per agevolare il lavoro delle polizie. Nei tre anni di strategia marxista-concentrazionaria non c'è stato un solo attentato, una reazione, una protesta contro quello che a tutti gli effetti si rivelava il trionfo dello stato e duro stato, ossessivo, repressivo con la scusa della salute. Qualcosa che avrebbe dovuto fare impazzire per primi proprio gli anarchici. Invece non se n'è percepita traccia. Tutto è cambiato con la pagliacciata di Cospito, orchestrata dalla sinistra, che se l'è vista scoppiare in mano come il più sprovveduto dei provocatori, ma che ancora insiste: Cospito il martire, l'eroe vittima dello stato di polizia, il don Chisciotte che sale sul destriero armato e parte in tutte le direzioni, purché diretto “al cuore dello stato”. Cazzate monumentali, oggi più di ieri ma sia chiaro che se qualcosa succede, e prima o dopo è inevitabile che accada, la responsabilità è tutta e sola di una sinistra proustiana, romantica a modo suo ma insieme cinica e sconsiderata e oltre il lecito. A pendolo tra l'ortodossia liberista-autoritaria di stampo europeista e la coglionaggine guerrigliera e antistorica dei rottami della lotta armata antistorica. Dopodiché hanno pure il coraggio di stupirsi siccome non raggiungono le duecento, forse le centomila tessere, quando quindici anni fa erano ottocentomila.