L'affluenza per Ratzinger conferma: i cristiani cercano Dio, non le ONG
L'enorme massa di fedeli non si spiega solo con la compulsione rituale. I cristiani sono stanchi della religione militante, nella Chiesa cercano quei punti fermi che la globalizzazione ha travolto.
Li hanno contati e hanno concluso che a spanne saranno intorno a centomila, succedutisi nei tre giorni di affluenza. Centomila pellegrini per un vecchio, fuori dalla scena da dieci anni, non si spiegano facilmente anche se si tratta di un papa, un papa emerito. Per le esequie di Benedetto XVI, Joseph Raztinger, si stanno davvero versando oceani di inchiostro e ciascuno la sa più lunga degli altri, ma possiamo disinteressarci di chi lo conosceva o credeva di conoscerlo, di interpretarlo, di spiegarcelo, soffermandoci su questo abnorme flusso di cordoglio? Allora cominciamo col dire che il cristiano non esiste in sé; esistono svariate categorie di credenti, suddivisi e divisi più in ragione del credo politico che di quello mistico. Ci sono quelli di sinistra, i cattocomunisti, che non si perdono una enciclica ma così, per pura vanità, per sterile esercizio intellettuale, senza empatia. Ci sono i reazionari che vorrebbero cancellare il Concilio Vaticano II e risalire d'un balzo alla liturgia tridentina e non gli sta bene niente di come la Chiesa si adegui, bene o più spesso malamente, ma per forza di cose, al secolo. Infine ci sono i fedeli normali, che credono magari superficialmente, distrattamente, ma in modo incrollabile e in un pontefice si identificano mentre con un altro non legano. A pelle. Forse perché, come diceva Guareschi, la fede è una faccenda maledettamente complicata che ha a che fare con l'umanità e un prete come don Camillo, capace di rendere simpatico il Padreterno, è difficile da trovare.
I fedeli qualunque sono, naturalmente, la stragrande maggioranza e non si occupano, non hanno né la voglia né gli strumenti necessari, delle manovre all'ombra del Colonnato, degli intrighi e del fumo di Satana in Vaticano, degli orientamenti di politica religiosa, del cui prodest. Saranno superficiali, ma sono anche quelli cui Gesù Cristo si rivolgeva, quelli che preferiva frequentare e il suo insegnamento resta chiaro: la fede, alla fine, è una cosa semplice. Deve esserlo. Il resto, si potrebbe chiosare, viene dal demonio.
Ora, questi fedeli qualsiasi sentono, confusamente ma in modo netto, che al papa tedesco fu fatta una carognata epocale: distorsero un suo discorso a Ratisbona e ne approfittarono per farlo fuori. Non lo difese nessuno. Non lo voleva l'Islam, ma non lo desiderava neppure il Vaticano, non lo amava il clero progressista americano e lo detestava quella coppia di figuri antidemocratici degli Obama, gente che se gioca sporco su Twitter, chissà cosa ha il pelo di combinare nelle segrete stanze. Ratzinger capì l'antifona e, in modo mansueto, dignitoso, tolse il disturbo: lo sostituirono con uno che, possono metterla come vogliono, ma era tutto il suo contrario. Scelto apposta, perchè i cardinali tessono le loro tele di ragno e poi danno la colpa allo Spirito Santo. Un papa assai poco teologo, uno anche rozzo ma che andava al sodo, immerso nella politica come pochi in epoca recente e nel modo più fazioso: giustificava le stragi islamiste, come quella di Charlie Hebdo, cavalcava l'idolatria ambientalista, aveva attenzione solo per i migranti, che riteneva il nuovo proletariato rivoluzionario, in scia a certi pessimi maestri neomarxisti, e adesso esclusivamente per l'Ucraina: terra martoriata certamente, ma tanta ossessione è sospetta in un mondo dove i cattolici vengono trucidati, sempre di più, dalla Nigeria al Sudan, dalle Filippine ai regimi autoritari orientali e sudamericani. Ma Bergoglio, ligio alla realpolitik, non ha mai detto una parola contro la persecuzione dei preti cattolici in Cina, cui anzi ha messo la mordacchia. Ostentatamente infastidito dai governanti di destra o meglio non di sinistra quanto a suo agio, al limite della confidenza, con vari dittatori latinos dai Castro ai Lula fino ai Morales e ai Maduro. Anche su questi, mai un sospiro di critica.
Bene, la sorpresa è che al mondo cattolico, intesa la massa dei fedeli qualunque, questo papa piace molto meno di quanto i media globalizzati pretendano; rimpiangono l'altro, forse perché non aveva fatto in tempo a compromettersi con le logiche geopolitiche, sicuramente perché questi cristiani avvertono la nostalgia di una guida serena, rassicurante, mite, apparentemente distaccata dalle faccende mondane, forse pure svagata, ma vivaddio un papa prete, uno che si occupa più del Padreterno che delle ONG; non lo percepivano, e non lo hanno considerato in morte, come un “pastore tedesco”, secondo l'offesa del giornale veterocomunista il Manifesto, e se ne fregano se non piaceva al teologo narcisista, più narcisista che teologo, Vito Mancuso o se il matematico Odifreddi, uno di quelli dalla scemenza bene incartata, lo disprezzava così come lo compativa il semiologo Umberto Eco secondo cui Ratzinger come teologo non poteva sciogliergli i lacci dei calzari. A lui, a Eco.
Tutto questo vento di vanterie, patetiche come un ronzio di mosconi, ha cominciato a soffocare persino a sinistra, figuriamoci poi chi ha altro da pensare. Chi nutre un rapporto semplice ma intenso col sacro. I media che oggi lo celebrano, hanno dipinto Benedetto XVI come il cane da guardia di Giovanni Paolo II, il padrone del Sant'Uffizio tuttora dedito alla tortura, hanno infierito con le amenità più sciocche, ma i media sono puttaneschi e sono falsi e alla fine non convincono nessuno salvo loro stessi. Un po' come i virologi, che difatti vengono sostenuti dal circo della chiacchiera che li ha subito assoldati. Quello che conta, è il cordoglio spontaneo, anche ingenuo, anche sull'esibizionistico o fanatico, perché i tempi sono quelli che sono. Ma, se ci pensiamo bene, nessuno avrebbe saputo immaginare tanta partecipazione per un papa di un'altra epoca, consegnato all'oblio, di cui nessuno parlava mai. Un pontefice inadatto a guidare l'infernale macchina vaticana, impacciato, ma sorridente senza ringhiare. Uno che metteva Dio al centro del suo apostolato, il che comporta precise conseguenze, anche per i cristiani, la prima delle quali è non sostituire il vecchio Dio con idoli e ideologie alla moda, per dirla col musicante. Quei cristiani che oggi piangono, e rimpiangono, il pastore, tedesco o meno, perché il papa da centro sociale o da battaglia si direbbe non gli basti più.