IL CAFFÈ SCORRETTO di Montel
Sansonetti e le sue inveterate arringhe da attentissimo agente di se stesso
Lunedì sera, a Quarta Repubblica, l’ubiquo Piero Sansonetti ha fatto un exploit teatrale, di stampo quasi dadaista, pronunciando una piccola arringa in favore di Soumahoro e definendolo più volte, per scandalizzare i presenti e “prendersi il palco” d’imperio, un “negro”. Negro! NEGRO!
Subito Porro ha precisato che l’ordine dei giornalisti non ammette l’uso di quel lemma e Sansonetti, giustamente, ha tirato dritto; giustamente, dico io, perché quali che siano le disposizione dell’O.d.G. ritengo importante che chiunque usi le parole che vuole per descrivere qualsiasi fenomeno e aggiungo, a sostegno teoretico della mia affermazione, che le parole usate per raccontare la realtà non hanno nulla a che fare con la realtà stessa e non qualificano essa quanto invece definiscono chi le pronuncia.
Ciò detto: che va cercando il caro Sansonetti? Davvero egli ritiene che esista un pregiudizio nei confronti di Soumahoro in virtù del colore della sua pelle? Cioè: se Soumahoro è stato additato dalla stampa come un farabutto perché sua moglie si sarebbe fatta promotrice di uno dei più sordidi, riprovevoli e ributtanti crimini, ovverosia la “riduzione in schiavitù” di un certo numero di immigrati, anche minorenni...se Soumahoro è in questa situazione sarebbe per il fatto di essere nero? Sul serio?!
Ma non basta: seriamente Sansonetti ritiene che basti abbaiare slogan come “le colpe dei padri non devono ricadere sui figli!” per sospendere fino al terzo grado di giudizio la nostra valutazione su di un uomo che divide la vita con una donna che compie azioni così riprovevoli, foss’anche all’oscuro di lui?
Insomma, cerchiamo di non essere ingenui: i primi a non sentirsi per nulla garantiti dall’operato di Soumahoro, dalla sua dabbenaggine, dalla sua cialtroneria di marito fatto fesso dalla moglie (forse), i primi sono proprio quei migranti che, nella loro semplicità tribale, non possono comprendere come la moglie di un acceso animalista possa gestire di nascosto una pellicceria clandestina, o come il marito di una pasionaria femminista possa essere beccato con il birillo fra le cosce di una minorenne che si vende per una borsetta da squinzia di provincia (giusto per fare due esempi).
Insomma: persone sane, con principi di base radicati, formulano pensieri semplici, mica teorie di complotti.
Riassumiamo il caso per il Direttor Sansonetti, per come la vediamo noi almeno: mentre suo marito occupa un seggio in Parlamento proprio per portare le istanze di quei poveretti, i migranti, all’attenzione dell’organo legiferatore, Madame Soumahoro non trova di meglio che raccogliere parte del bottino di uomini tratti in salvo dalla società civile per farne carne di porco, carne “di negro” urlerebbe Sansonetti, e chiuderli in casupole che in molti hanno definito canili abbandonati. Ma non basta! Perché proprio mentre lo Stato del quale il marito è un rappresentante ricopre sia lei che la madre di danari utili ad aiutare i migranti di cui sopra, Madame decide di non pagare i suoi “schiavi d’importazione” e preferisce fare shopping in centro coprendosi di banconote da 500 euro come fossero i capelli di Lady Godiva (giacché lo sappiamo tutti, vero, che quei vestimenti di cui fa sfoggio Madame non rispondono a nessun criterio estetico se non all’arrogante asserzione di ricchezza e potere).
Ma il signor Soumahoro non lo ha mai dato un colpo d’occhio al guardaroba da Imelda Marcos di Madame? Soumahoro ha capito dove lavora, quale sia il suo impiego e per quale ragione sia stato “assunto” dagli elettori? Cosa si aspettava, il Soumahoro che abbiamo visto spremersi finte lacrime in diretta? Una pacca sulla spalla e via?
Poi, certo, certa stampa è stata dura (non tutta, e con ritardo), ma va concesso che sia impossibile metabolizzare senza disagio i vari selfie di Madame Somahoro mentre si specchia avvolta in un’orgia di pattumiera griffata (il giudizio di stile è mio, e come tale va inteso).
Dunque, Sansonetti ci sembra troppo sagace per essere caduto nel banale crepaccio infangato di arrivismo e gretta avidità che sta ingoiando Soumahoro, come muto complice delle malefatte della moglie o come marito troppo disattento perché ci si fidi di lui in ufficio. Ci sembra anche abbastanza smaliziato, il Direttor Sansonetti, per sostenere che Soumahoro sia stato oggetto di razzismo; è l’esatto contrario, anzi!, dal momento che se non fosse stato un deputato PD, nero, in quota minoranze, la risposta collettiva della stampa lappatrice non sarebbe stata così sfrangiata, lenta, ipergarantista.
E allora l'ipotesi resta sempre una e solo una: anche Sansonetti, già Direttore de Il Riformista, già amico-di-tutti a destra e a sinistra, anche Sansonetti forse è montato sul carro dell’esecrato, dell’oggetto della riprovazione collettiva, più perché si parli di lui e delle sue boutade de negresse che per fare un favore al povero oggetto di tanta comprensibile riprovazione.