Migranti, a Niscemi 18 provvedimenti cautelari (11 tunisini e 7 italiani): i "taxi del mare" incassavano fino a 70 mila euro a tratta
"Se il motore non ce la fa, buttali in mare", queste le regole feroci della banda criminale composta di italiani e tunisini che guadagnavano da 3000 a 5000 euro a migrante e da 30000 a 70000 euro a viaggio
Migranti, a Niscemi 18 provvedimenti cautelari: "Se il motore non ce la fa buttali in mare"
Migranti, a Niscemi 18 provvedimenti cautelari e 12 arresti: 7 italiani
I destinatari della misura cautelare sono unidici tunisini e sette italiani. La procura diretta da Salvatore De Luca contesta la partecipazione a un'organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Con le aggravanti di "avere esposto a serio pericolo di vita i migranti e di averli sottoposti a un trattamento inumano e degradante per trarre un profitto". I capi del gruppo stavano a Niscemi, i due cassieri dell'organizzazione (tunisini) facevano base a Scicli, in provincia di Ragusa, cinque italiani si occupavano invece della logistica dopo lo sbarco (i migranti venivano ospitati in alcune abitazioni, mentre gli scafisti tornavano in mare). Quattro tunisini gestivano i rapporti con la madre patria.
"Il gruppo utilizzava piccole imbarcazioni dotate di potenti motori fuoribordo - spiegano gli investigatori - i viaggi avvenivano fra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche, Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento". Uno di questi viaggi, non portato a termine, ha consentito l'avvio dell'indagine: il 21 febbraio 2018, un'imbarcazione in vetroresina si incagliò nel porto di Gela poco dopo lo sbarco di decine di persone.