Abolizione del prossimo: il nuovo disumano paradigma neoliberale

Il prossimo come nemico da combattere, ecco l'antropologia neoliberista

Abolizione del prossimo. In ciò si condensa l'essenza del nuovo ordine turbocapitalistico sul piano sociale e antropologico. È, parafrasando Kant, la fase suprema dell'insocievole socievolezza, ove tutti sono chiamati a competere con tutti, mettendo al bando ogni solidarietà e ogni "social catena". Un sistema di egoismi abietti spacciato proditoriamente per "società". È la nuova fisionomia tetra del mondo sussunto sotto il capitale, fondato sull'atomistica delle solitudini telematiche: connesse astrattamente con tutto e con tutti, ma concretamente isolate dinanzi al proprio schermo digitale. E hanno pure il coraggio di appellare progresso la barbarie che avanza e che, a rigore, rappresenta un progresso soltanto per il fanatismo economico e per i suoi agenti apolidi privi di coscienza infelice. Anche per questo, dobbiamo ripartire dalla civiltà ellenica e dal suo insegnamento per cui l'uomo è un animale comunitario: un animale cioè fatto per stare nella polis, tra i suoi simili. Quei simili che, per inciso, la ragione neoliberale vorrebbe che considerassimo soltanto come competitors, come nemici e come virus da cui prendere le distanze. Sì, perché la civiltà neocapitalistica abbassa l'esistenza dell'uomo a semplice sopravvivenza, a bellum omnium contra omnes. Dobbiamo tornare a vedere nell'altro un nostro simile, con il quale agire e pensare, magari anche provando a elaborare piste di liberazione dalla miseria neoliberale.

di Diego Fusaro