Banda del buco a Roma: l’errore di scavare un tunnel in una città che cade a pezzi da sola
Se ci provi o non conosci le strade della Capitale, e allora sei uno sprovveduto, oppure sei talmente pazzo da conoscerle e ci provi lo stesso, e allora sei Roberto Gualtieri
Quella entrata in azione a Roma è la banda del buco nell’acqua. Ore e ore di duro lavoro non retribuito per emergere in superficie, finire in manette tra gli applausi degli anziani che non avevano mai visto un cantiere così movimentato e farti appioppare dai giornali un soprannome da film poliziesco anni ‘70 tipo “uomo-talpa”. Tra Tomas Milian e Scuola di ladri. E poi ci sono soltanto due circostanze che possono spingerti a scavare un tunnel in una città che cade a pezzi da sola: o non conosci le strade di Roma, e allora sei uno sprovveduto, oppure sei talmente pazzo da conoscerle e ci provi lo stesso sapendo di fallire, e allora sei Roberto Gualtieri.
Banda del buco a Roma: la Casa di carta alla carbonara
Via Innocenzo XI, strada residenziale del quartiere Aurelio, alle spalle di San Pietro. È lì che i tre uomini e una banda hanno iniziato a inoltrarsi sottoterra. Secondo le ipotesi, l’obiettivo era un istituto di credito. I banchieri avranno anche un cuore, come ha detto Mario Draghi, ma soprattutto hanno un caveau. Ed è lì che probabilmente si concentrava il piano infallibile dei tre della Casa di carta alla carbonara.
Sembra che le cose siano andate più o meno così: hanno iniziato a scavare in un locale sfitto, a un certo punto hanno fatto i conti con l’urbanistica romana, il terreno ha ceduto, due sono riusciti a scappare, uno è rimasto incastrato a sei metri di profondità, senz’aria, senz’acqua, senza luce, oddio, cos’è quello, un cinghiale? Era solo un assessore della giunta Raggi che supervisionava i lavori della metro C.
Gli altri due sono riusciti a fuggire da un tombino, hanno chiamato i soccorsi, sono stati fermati dai carabinieri e hanno detto che stavano passando di lì per caso, è così bello passeggiare in via Innocenzo XI ad agosto con un caschetto da minatore e un martello pneumatico nello zaino. Nel frattempo il terzo era sempre laggiù, sottoterra, ignaro che ormai fosse diventato “l’uomo-talpa”, a metà tra un personaggio di Sarabanda e uno sterile nemico di Batman. Secondo gli inquirenti potrebbe esserci un quarto complice di origini napoletane. Magari è la mente. L’ideatore della rapina del secolo. Il genio del male. ‘O Professore. Un pluriripetente campano con gravi problemi di consecutio temporum che si era stancato di vendere bibite allo stadio San Paolo per sopravvivere. Ah no. Quello è alla Farnesina.
di Filippo Merli