Ragazze travolte dal treno a Riccione, il padre: "Le accompagnavo sempre io, quella sera stavo male"

Il genitore avrebbe voluto accompagnare le due sorelle in discoteca, ma non si è sentito bene. Così ha lasciato che prendessero il treno.  Il dolore di un uomo che in 12 secondi ha perso due figlie

Ognuno ha la sua idea. Peggio: ognuno ha il suo giudizio. La giovane età, la discoteca, Riccione, la vita notturna, la movida. Poi c’è un padre al quale non importa nulla della morale, dei social, dell’inutile retorica. «Le mie figlie ci tenevano ad andare alla festa in discoteca e io non me la sono sentita di guidare. Così ho detto: massì, per una volta potete prendere il treno da sole».

Il dolore. Resta quello. Il rimorso, anche. La fotografia di Alessia e Giulia sulle prime pagine dei giornali. Lacerante. «Avrei dovuto portarle in auto in riviera», sono le parole del padre delle due sorelle che la scorsa domenica sono state travolte e uccise da un Frecciarossa alla stazione di Riccione. Avrei dovuto. Il condizionale è al passato. Lì c’è tutto quel che passa per la testa di Vittorio, originario di Castenaso, nel Bolognese, dove risiede una famiglia spezzata dal fischio del treno. «Non mi sentivo bene. Così le ho fatte andare da sole». Il destino, forse. Pochi minuti prima della tragedia il genitore aveva ricevuto una chiamata da parte delle figlie. Dicevano che stavano per tornare a casa. «Erano la mia vita, lavoravo per loro», continua a ripetere.

Secondo le ricostruzioni, Alessia e Giulia avrebbero passato la serata in discoteca. Una di loro avrebbe subìto il furto della borsetta e del telefonino. Un ragazzo le avrebbe accompagnate in stazione per tornare a casa. «Vogliamo chiamare papà per dirgli che stiamo bene e che stiamo tornando», avrebbe detto Alessia. Le due sorelle, per motivi non ancora noti, avrebbero trascorso 12 secondi sui binari prima di sentire il fischio del treno. Era il macchinista che tentava di avvisarle.