Adolescenza, fra pandemia e social le fragilità della Generazione Z messe a nudo

Dalle maxi risse che diventano virali all’aumento di episodi di autolesionismo. Intervista alla psicologa Vanesa Rojas per approfondire le cause del disagio dei più giovani

Spesso si danno appuntamento online e i loro incontri diventano virali su tutte le principali piattaforme social perché si trasformano in vere e proprie risse fra bande. I protagonisti sono sempre più giovani, adolescenti e preadolescenti che, a partire dal primo lockdown a cui tutto il Paese è stato sottoposto nel 2020, sembrano aver sviluppato un’aggressività incontenibile, che viene sfogata su coetanei o soggetti indifesi di fronte al potere del “branco”. Non un fenomeno nuovo, ma che sembra essersi acuito a causa durante gli ultimi anni di restrizioni. Per cercare di approfondire le cause della diffusione di questa rabbia fra i ragazzi della cosiddetta Generazione Z, abbiamo chiesto aiuto alla dottoressa Vanesa Rojas, psicologa specializzata in psicoterapia cognitiva e terapia focalizzata con orientamento sistemico che si occupa di disturbi emotivi, comportamentali, relazionali e dell'apprendimento di bambini e adolescenti.

Partiamo dalla cronaca: secondo i titoli delle principali testate, locali e nazionali, sembra che il fenomeno delle risse fra i cosiddetti "giovanissimi" sia in forte aumento. Quanto è veritiera questa versione dei fatti? 

La violenza tra i giovani esiste da sempre e, purtroppo, si tratta di un fenomeno sociale in crescita che riguarda tendenzialmente le fasce più fragili della popolazione ma anche la classe medio-alta, dove gruppi di adolescenti decidono di ritrovarsi generalmente in luoghi aperti come piazze e parchi e dare libero sfogo a comportamenti molto aggressivi.

Sicuramente la tecnologia ha amplificato la situazione presente: è frequente che sui social si diano appuntamento, riprendano con il cellulare le risse e immediatamente le pubblichino sul web o sulle stesse piattaforme social con l’obiettivo di “dare spettacolo”, creare eco e senso di appartenenza.

A tal proposito, la letteratura evidenzia come, soprattutto nell’adolescenza, il gruppo di pari abbia una sostanziale influenza nella messa in atto di comportamenti a rischio.

Il concetto di violenza e di scontri fra gang si ricollega storicamente ad ambienti degradati, ma non sembra essere più così: quali potrebbero essere le cause di quello che sembra essere una diffusione capillare dell'aggressività verso i coetanei e non? È che differenza c'è alla base della scelta del soggetto da eleggere a "vittima" della gang? 

Come segnala Franco Pina nel suo libro Gang Giovanili, ciò che spinge i ragazzi all’aggregazione fino a formare una banda di strada sono essenzialmente bisogni diffusi in quella fascia d’età quali: desiderio di identità e di aggregazione, di andare contro le regole sociali, di soddisfazione i desideri indotti dalle mode, di riempimento di vuoti esistenziali e relazionali, di iniziare a dare forma al proprio futuro. Purtroppo, in presenza di certe condizioni sociali, alcuni vivono questi bisogni in forme più “radicali” e in più aperto conflitto con il mondo degli adulti e con le istituzioni.

Rispetto alle motivazioni, diverse sono le cause che posso spiegare da dove nasce tutta questa violenza: emulare i crimini commessi dagli adulti, desiderio di sfidare le regole, prendere in giro chi è “diverso”, percezione delle disuguaglianze presenti nella società attuale e la crescente vulnerabilità dei ragazzi.

Alla base troviamo un desiderio di riconoscimento sociale, che stimola gli adolescenti a tentare di ottenere una posizione di supremazia, di rispetto e di stima attraverso atti violenti. Contribuiscono a questa condizione anche: la mancanza di sicurezza, l’invidia, la rabbia repressa, la frustrazione, la noia e le paure.

Non solo violenza contro gli altri ma anche contro sé stessi: si è registrato un cambiamento anche nella diffusione dell'autolesionismo? Se sì perché e qual è il panorama attuale del fenomeno in Italia? 

Assolutamente sì. L’autolesionismo è un fenomeno molto diffuso tra gli adolescenti a partire dalla fascia compresa fra i 12 e i 14 anni. Ultimamente, la pandemia con la conseguente mancanza di contatti e relazioni oltre alla paura, la solitudine e le misure restrittive, ha impattato significativamente sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti, comportando un aumento delle richieste di aiuto per autolesionismo e tendenze suicide.

Secondo i dati ISTAT, il fenomeno dell'autolesionismo tra gli adolescenti è in aumento. Uno studio internazionale pubblicato su Journal of Child Psychology and Psychiatry, segnala che in Europa oltre un quarto degli adolescenti (27,6% con un’età media 14 anni) mette in atto comportamenti autolesivi occasionali o ripetuti nel tempo.

In Italia il fenomeno riguarda circa il 20% dei ragazzi.

È opinione comune che la diffusione del virus Covid-19 sia tra le cause dell'aumento di episodi di disagio fra adolescenti e preadolescenti: si dichiara d'accordo o ritiene che i motivi maggiormente influenti sulla salute mentale dei ragazzi siano altri? 

Sappiamo che l’adolescenza è una tappa cruciale dello sviluppo umano. Rappresenta una fase di transizione dall’infanzia all’età adulta, in cui si verificano profonde trasformazioni nel corpo, la costruzione di relazioni significative a livello sociale, l’autonomia, gli interessi e la riorganizzazione dell’immagine del sé attraverso la definizione dell’identità.

Purtroppo, la pandemia, il lockdown, la didattica a distanza hanno creato, per gli adolescenti, delle condizioni di sviluppo anomale e inaspettate. In questo senso, i ragazzi hanno risentito del cambiamento delle proprie abitudini e routine, privati dei loro spazi educativi, scolastici, ricreativi e sportivi.

I mesi di isolamento e i cambiamenti improvvisi che ha portato la pandemia, hanno comportato negli adolescenti diversi disagi mentali, tra cui ansia, depressione, consumo di sostanze, disturbi alimentari, autolesionismo e suicidio. In questo senso, la pandemia ha indebolito psicologicamente molti adolescenti accrescendo le situazioni di fragilità mentale o aggravando problemi preesistenti.

Quale differenza si rileva nell'approccio delle differenti generazioni alla tematica della salute mentale e delle sue derive? Crede che ci sia una maggiore consapevolezza o attenzione all’argomento man mano che la società si evolve?

Dalla mia esperienza personale, come professionista della salute mentale e collaboratrice con diversi servizi del territorio in cui vivo, ho notato che, dall’inizio della pandemia, i servizi sociali e sanitari sono sotto pressione e di conseguenza la richiesta di aiuto ha fatto aumentare la domanda di prestazioni sanitarie e di interventi sociali.

Rispetto agli anni precedenti, c’è una maggiore richiesta di aiuto e una maggior consapevolezza dei disturbi mentali (ansia, depressione, disturbi del sonno, ecc.) che viviamo, oltre ad aspetti legati a pensieri legati al contagio, alla morte, alle difficoltà lavorative ed economiche, alle restrizioni, alla lontananza dagli affetti.

Essere in contatto con ciò che sentiamo e consapevoli delle nostre emozioni è fondamentale per capire meglio da cosa dipenda il nostro benessere psico-fisico personale e a instaurare relazioni più sane con chi ci circonda. Quando comprendiamo quello che stiamo provando, infatti, diventiamo parte attiva della nostra vita e siamo in grado di migliorare anche le relazioni con gli altri, accogliendo e comprendendo le loro emozioni.

Bisogna pensare sempre di più alla nostra salute mentale, al benessere fisico e psicologico, vivendo appieno il nostro presente, il qui ed ora.

Finora abbiamo parlato di aspetti negativi ma mi piacerebbe concludere l'intervista ricorrendo all'ottimismo: quali potrebbero essere le strade percorribili per offrire all’adolescente una soluzione ai disagi identificati finora?

Bisogna pensare a chi è l’adolescente di oggi, quali sono i suoi bisogni e come porsi per sostenerlo nello sviluppo della sua identità e della sua autonomia.

Il ruolo dell’adulto è fondamentale, perché deve accompagnare gli adolescenti con interesse e discrezione, stabilire una comunicazione sana, creando ponti e non muri, assumendo un atteggiamento rispettoso e aperto, in questo modo si sentiranno capiti ed accolti.

Creare vicinanza emotiva, empatia e condivisione rappresenta il modo migliore che un adulto ha di farsi ascoltare e di aiutare l’adolescente a prevenire eventuali situazioni di rischio. Cerchiamo di ascoltarli di più quando parlano.

È importante riuscire a creare un gioco di squadra con loro, anche coinvolgendo altre istituzioni attraverso una convergenza educativa e un contenimento nel rispetto della libertà del ragazzo e delle sue potenzialità. Agli adolescenti serve una guida discreta ma sicura. L’obiettivo non è dominare l’adolescente nelle sue intemperanze, ma trovare il giusto modo di porre dei limiti.