Funivia Mottarone: "Tadini mi disse, prima che si rompa il cavo ce ne vuole"
La frase che inguaia il caposervizio. Ora è ai domiciliari
Ha ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte, Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, interrogato per circa tre ore dal gip Donatella Banci Buonamici. Difeso dall'avvocato Marcello Perillo, l'uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. "Non sono un delinquente".
Funivia Mottarone: Gabriele Tadini ai domiciliari
Va ai domiciliari Gabriele Tadini. Liberi invece Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio: è quanto ha deciso il gip di Verbania.
"Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini", ha detto al gip Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. Poi lasciando il carcere: "Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime". "L'errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto - ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia".
Dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia del Mottarone, tutte riportate nell'atto, "appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini", il caposervizio dell'impianto, perché "tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio", ha scritto il gip di Verbania nell'ordinanza con cui ha disposto i domiciliari per Tadini e ha rimesso in libertà gli altri due fermati, spiegando che quelle dichiarazioni "smentiscono" la "chiamata in correità" fatta da Tadini.
Contro Luigi Nerini e l'ingegnere Enrico Perocchio direttore di esercizio dell'impianto della funivia del Mottarone è "palese" al momento della convalida del fermo e della richiesta di applicare la misura cautelare del carcere "la totale mancanza di indizi che non siano mere, anche suggestive supposizioni". Lo scrive il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell'ordinanza con cui non ha convalidato il fermo e ha rimesso in libertà i due indagati che devono rispondere, tra i vari reati, di omicidio colposo plurimo per la morte di 14 persone avvenuta esattamente una settimana fa.
Il giudice ritiene che "nulla è stato aggiunto al quadro esistente al momento della richiesta e che, al contrario il già scarno quadro indiziario sia stato ancor più indebolito". Tradotto i pochi elementi portati dalla Procura per far scattare il fermo si sono sgretolati di fronte ad altre testimonianze rendendo Gabriele Tadini, il capo servizio dell'impianto e grande accusatore, non credibile contro Nerini e Perocchio.
Gli addetti alla funivia del Mottarone sapevano della prassi del caposervizio Gabriele Tadini di lasciare inseriti i ceppi per bloccare il sistema frenante, ma forse potevano rifiutare di assecondarla. E' quanto si ricava dall'ordinanza con cui il gip di Verbania ha disposto gli arresti domiciliari per Tadini. Alcuni passaggi del testo sembrano volere indirizzare la ricerca delle responsabilità: di un manovratore in servizio il 23 maggio, giorno dell'incidente, il giudice scrive che "mai avrebbe dovuto essere sentito come persona informata sui fatti, dopo le dichiarazioni assunte prima delle sommarie informazioni rese da Tadini".
Funivia Mottarone: potrebbero esserci altri indagati
A breve potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati anche altri dipendenti della società che gestisce la funivia del Mottarone. "Valuteremo in che termini sapevano dell'uso dei forchettoni", ha detto la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi, e "valuteremo se hanno consapevolmente partecipato o se si sono limitati ad eseguire indicazioni provenienti dall'alto".
Funivia del Mottarone: giornata di lutto in tutto il Piemonte
Giornata di lutto in tutto il Piemonte per le vittime della funivia del Mottarone. Il presidente della Regione, Alberto Cirio, ha invitato, tramite firma di un decreto, tutta la popolazione ad osservare un minuto di silenzio alle ore 12 e gli enti pubblici piemontesi a unirsi nella manifestazione del cordoglio a una settimana dall'incidente. "Nulla può lenire il dolore, ma sentiamo il bisogno di ricordare in un modo solenne coloro che hanno perso la vita in questa follia. Il Piemonte non smetterà mai di stringersi alle loro famiglie e al piccolo Eitan", afferma il governatore Cirio.
Funiva Mottarone, Alexandroae Ionel Adrian: la testimonianza
Alexandroae Ionel Adrian è una della tante persone che hanno preso la funivia del Mottarone nelle ore e nei giorni prima della tragedia di domenica scorsa e che ora si sentano miracolati. Lui e sua moglie, dunque, come altri, sono sfuggiti per poco alla tragedia di Stresa, dove hanno perso la vita 14 persone. Nel giorno dove i tre indagati sono stati sentiti dai magistrati, l'uomo ha raccontato cosa ha visto e sentito poco prima di salire sulla funivia.
Funivia Mottarone, operai prima della strage: "L'abbiamo aggiustata, domani si vedrà"
"Siamo stati baciati dalla fortuna", ha detto Alexandroae Ionel Adrian, il quale con la moglie aveva preso il mezzo il pomeriggio prima. "È stata una vera e propria roulette russa quella della cabinovia. Hanno giocato con la vita delle persone. Io e mia moglie siamo ancora sotto choc". E ancora: "Ho sentito degli operai parlare tra loro dei lavori che stavano facendo. All’inizio non ho dato nemmeno importanza a quello che dicevano. Sentivamo dare delle martellate. Poi una volta risaliti in cabina con i meccanici che avevano lavorato sull’impianto e due coppie di fidanzatini ho sentito alcuni di loro dire: ‘Oggi l’abbiamo aggiustata, domani si vedrà’".
Infine l'uomo racconta che gli operai "discutevano di un cuscinetto che non erano riusciti a togliere. Portavano giù un rullo, come una specie di cerchione zincato delle macchine, ma senza gomma. Con il senno di poi ho capito di che cosa parlavano".
Sono iniziati nel carcere di Verbania gli interrogatori dei tre fermati mercoledì scorso per l'incidente della funivia del Mottarone che ha causato domenica scorsa 14 morti, tra cui due bimbi, e un ferito grave, il piccolo Eitan di 5 anni ancora ricoverato.
Funivia Mottarone: la difesa di Tadini
"Ha risposto in maniera compiuta a diverse domande del giudice, è stato un interrogatorio profondo. Ha confermato le sue responsabilità e ha ammesso di aver messo ‘forchettone’" sulla cabina numero 3, ha riferito l’avvocato Marcello Perillo, difensore di Gabriele Tadini, al termine dell’interrogatorio di convalida del fermo davanti al gip, Donatella Banci Buonamici, udienza durata circa tre ore. L’avvocato ha chiesto la scarcerazione e in seconda battuta i domiciliari. "E' distrutto, sono quattro giorni che non mangia e non dorme, il peso di questa cosa lo porterà per tutta la vita - ha detto il legale - E' morta gente innocente, potevano esserci il figlio di Tadini o il mio" in quella cabina precipitata.
Ha dunque ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte, Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone. Ha spiegato inoltre che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. "Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse", ha detto ancora Tadini, secondo quanto riferito dal suo difensore.
La difesa di Gabriele Tadini ha chiesto al gip, al termine dell'interrogatorio, la misura degli arresti domiciliari, non la libertà. Il suo legale ha chiarito di non aver chiesto al giudice che non venga applicata una misura cautelare. Per contenere le esigenze cautelari, per la difesa, bastano i domiciliari.
Funivia Mottarone, il legale di Tadini: "Ha confessato tutto al gip"
"Non è un delinquente, non avrebbe mai fatto salire le persone con l’impianto bloccato sapendo che la fune si poteva rompere" ha continuato l'avvocato Marcello Perillo, che ha chiesto gli arresti domiciliari per Tadini essendoci le condizioni, a suo dire, per concederli. Secondo "il mio cliente e i consulenti che ho sentito, non è collegabile il problema dell’impianto frenante con la rottura della fune", ha spiegato il legale, secondo il quale non c’è il reato di falso - rispetto alle mancate annotazioni sul malfunzionamento dell’impianto - perché l’indagato "non è un pubblico ufficiale".
I tre fermati davanti al giudice: "Se colpevoli, ergastolo"
Il caposervizio dell'impianto, Gabriele Tadini, difeso dal legale Marcello Perillo, è il primo sentito dal gip. Già martedì sera ha reso le prime ammissioni spiegando di aver deciso lui di piazzare e mantenere i forchettoni sulle ganasce che hanno disattivato il sistema frenante d'emergenza, che non è scattato quando il cavo traente si è spezzato. Lo avrebbe fatto, per sua stessa ammissione, come quasi "abitualmente" nell'ultimo mese, per evitare blocchi della cabinovia dovuti alle anomalie dei freni.
Così però quando la fune si è spezzata la cabina numero 3 non è rimasta agganciata al cavo portante ed è volata via. Tadini dovrebbe confermare questa versione e la difesa chiederà che venga messo almeno ai domiciliari.