Ponte Morandi, indagini concluse: partiti gli avvisi per gli indagati

Sono 71, per loro accuse a vario titolo: quello che è certo è che 43 persone morirono a causa dell'avidità e dell'imperizia di altri

Dopo quasi tre anni sono giunte a conclusione le indagini della procura di Genova sul disastro del Ponte Morandi, il viadotto autostradale della A10 sgretolatosi il 14 agosto del 2018, portando alla morte 43 persone: gente comune, senza colpe, immolata, a quanto pare, sull’altare del profitto. Nelle ultime ore la Guardia di Finanza sta notificando gli avvisi agli indagati, ben 71 persone, ed alle società Aspi e Spea, tra ex vertici e tecnici dell’aziende, ex e attuali dirigenti e tecnici del ministero delle infrastrutture e del provveditorato.

Le indagini

Le indagini sono state condotte da i pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno, insieme all'aggiunto Paolo D'Ovidio. Hanno coinvolto oltre 200 testimoni e viste attivate migliaia di intercettazioni. Uno sforzo enorme che ha portato per gli indagati accuse a vario titolo che vanno dal disastro e omicidio colposo all’attentato alla sicurezza dei trasporti alla rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, passando per l’omicidio stradale.

Le conclusioni

I periti hanno concluso che: “C’è stata un’incosciente dilazione dei tempi rispetto alle decisioni da assumere ai fini della sicurezza E ciò nonostante si fosse a conoscenza della gravità e della contemporanea evoluzione degli stati di ammaloramento del viadotto. Confusione e accavallamento di ruoli nella catena di responsabilità dei vari soggetti coinvolti, ovvero Aspi, Spea, Autorità preposte alla vigilanza e al controllo consulenti e tecnici esterni. Non è stata presa alcuna decisione operativa in merito alla sicurezza strutturale perché “tale decisione avrebbe dovuto comportare scelte importanti, quali l’immediata chiusura al traffico del viadotto”.