L'Italia in decadenza: il disastro che ha colpito il nostro sistema economico
Cosa è accaduto all'ossatura del sistema economico italiano?
Classe politica e classe dirigente
E’ banale e scontato addossare alla classe politica italiana, la maggior parte, se non la totalità, degli attuali mali del paese. Non e’ così, a parte gli ultimi scampoli teatrali dei cinque stelle, che hanno cavalcato la disperata immagine wagneriana di un popolo guerriero, sotto il tiro delle walkirie, al servizio di Beppe Grillo, trasformatosi in novello Odino. Soltanto nell’era Renzi infatti, ben quattro, fra i principali dieci gruppi industriali italiani: Indesit, Pirelli, Italcementi, Pininfarina, sono stati ceduti ad operatori esteri, con risultati non pare esaltanti. Ad essi si sono aggiunti alcuni grappoli di grandi aziende del settore moda e del lusso, quali Bulgari, Loro Piana, Gucci, Valentino, Versace, Bottega Veneta e l’elenco sarebbe troppo lungo per non tediare chi sta leggendo. L’ultimo coup de theatre é stata Fiat, che é destinata a diventare soltanto un marchio, nel coacervo di altri quattordici, all’interno del neonato gruppo Stellantis, con incerte prospettive relative alla proprietà. Quando ero ragazzo, a Milano, alla fine degli anni sessanta, si riuniva ogni martedì a pranzo, il “Rotary Club”, presso l’Hotel Continental in via Manzoni. Rappresentava il gotha dell’imprenditoria della città e del paese. I nomi erano tanti, tutti finiti, insieme alle loro aziende, nell’oblio delle nebbie: Motta, Alemagna, Rizzoli, Mondadori, Bassetti, Marinotti/SNIA Viscosa, Faina/Montecatini, Valerio/Edison, Bonomi Bolchini, Falck, Riva, Lodigiani, Torno, Marzotto, Carlo Erba, Lanerossi, Galbani, Invernizzi, Buitoni, Borghi, Zanussi, Gardini/Ferruzzi, Olivetti e tanti, tanti altri. Formavano l’ossatura del sistema economico italiano, il motore della nazione, con dimensioni e strutture idonee ad entrare, da protagonisti, nell’incombente mercato globalizzato. I loro nomi, oggi, non esistono nemmeno come recapito telefonico. Perché questo disastro, non riscontrabile in altri paesi del mondo capitalista? Tanti fattori certamente: un mondo politico più attento al mantenimento del potere, che non allo sviluppo di una società dinamica, flessibile, libera, competitiva e soprattutto meritocratica; un mondo sindacale, difensore dei diritti, indipendentemente dall’aver assolto prima ai propri doveri; un settore giudiziario, regolato dal sistema Palamara, invece di essere, lui per primo, espressione rigorosa dei valori e delle leggi, imposte ai cittadini.
Il caso Benetton sintetizza esemplarmente, il degrado di cui soffre la classe dirigente italiana nel suo complesso. Un impero nel settore tessile, costruito con ingegno, capacità, sacrificio, tenacia da quattro sconosciuti fratelli veneti, vincente su tutti i mercati internazionali, venti e più anni fa, si lascia irretire dalle sirene di alcune sciagurate privatizzazioni, offerte dall’allora governo di centro sinistra. Dalla produzione di magliette, golfini e pantaloncini, si passa alla gestione di autostrade, gallerie, ponti e viadotti. Dalla quotidiana faticosa guerra sui mercati, si passa alla più comoda riscossione quotidiana di pedaggi in giro per l’Italia. Il titolare abbandona le briglie del comando e si mette a veleggiare in giro per i mari del mondo, gli altri arrancano in un mestiere che non é il loro, incassando ricchi utili, come fossero buoni del tesoro. Purtroppo, nel frattempo, ci sono stati anche quarantatré morti. Le Walkirie di Beppe Grillo/Odino, avrebbero altri guerrieri da portare nel Walhalla.