Vaccino Scanzi: quando le regole non sono uguali per tutti

Il giornalista del Fatto quotidiano ha commesso un passo falso e non è il primo: colpa della celebrità

Si chiama passo più lungo della gamba e di solito capita quando si ha una considerazione di sé stessi più alta del dovuto. Qualche volta fa inciampare appena, altre volte causa dolorosi ruzzoloni. E’ quello che è successo al giornalista Andrea Scanzi, redattore de il Fatto Quotidiano, che dopo mesi da “moralizzatore” su rispetto delle regole e da “giudicante” sui comportamenti altrui, si è trovato, suo malgrado, a finire nell’occhio del ciclone (e di un’indagine) additato come furbetto dei vaccini. Il giornalista ha cercato di difendersi, con un po’ troppa supponenza a dir la verità, adducendo scuse e giustificazioni che non hanno convinto molto, anzi, che sono state da più parti smentite. Così alla fine è stato lui a finire dall’altra parte ed, ora, tocca a lui subire attacchi che rischiano di affievolire quella popolarità che ha acquisito anche grazie alle sua capacità.

Non è la prima volta che, tuttavia, il giornalista del Fatto, impeccabile “Solone” nel giudizio altrui, incappa in errori marchiani che ricordano più i comportamenti di un vip che di un cronista. Basta fare un salto indietro di qualche mese e tornare all’agosto scorso. Gli italiani ed, anche, i loro affari, tiravano il fiato dopo mesi durissimi: si andava in vacanza sfruttando anche il famoso bonus messo in campo dal Governo, si tornava a fare qualche aperitivo, a fare il bagno al mare ed a prendere il sole. Dagli studi tv, politici e molti giornalisti urlavano allo scandalo “assembramenti”, criticavano gli italiani che tornavano alla vita dopo essere stati per mesi in casa e, non tutti, in villa. Scanzi, ospite quasi fisso, da Lilli Gruber, come in altre trasmissioni, scuoteva la testa indispettito e giudicava “il popolo bue”. Intanto lui, dopo qualche giorno, appariva in un bel selfie con il ministro Luigi Di Maio, amici e fidanzate: tutti insieme al ristorante sorridenti e senza mascherina. A pubblicare, poco argutamente, lo scatto fu proprio Di Maio che scatenò una “bordata” di polemiche nei confronti suoi e dell’amico giornalista. Tralasciando i discorsi etici e di libertà di informazione di un giornalista a cena con i politici nel suo tempo libero (per carità è sempre successo ma per lo meno non veniva reso pubblico in questa maniera), bisogna pensare alla mentalità che sta alla base di quanto è successo. Quella foto, molto simile a quanto scritto da Scanzi nel post per festeggiare la sua vaccinazione, è la prova di quanto la politica, ed il giornalismo che dovrebbe raccontarla, siano distanti dal mondo reale. E’ un modo di dire che l’italiano medio non può neanche quasi abbassarsi la mascherina per magiare, bere o fumare una sigaretta, o peggio ancora, per andare a correre (era l’epoca dell’astrusa guerra ai runner), mentre a chi al potere non solo è concesso, ma è anche lecito sbatterlo in faccia a tutti gli altri. E’ quello che è accaduto in pratica anche con il vaccino. In questa Italia c’è chi può togliersi la mascherina e fare assembramenti e chi no, c’è chi può saltare la coda dei vaccini e chi deve aspettare anche se ne ha più diritto ed, infine, visto che è stato un periodo stressante, anche andare a farsi un bel percorso rigenerante in una Spa in Alto Adige, passando da regione in regione quando gli altri non possono. Spiace che protagonista di questo episodio sia stato un bravo collega, vittima probabilmente delle luci della fama che gli hanno fatto perdere la strada: è bene che Scanzi torni a fare quello che sa fare, il giornalista, e abbandoni il percorso da guru dei social, quello porta solo danni. Come è bene che certi benpensanti imparino  a rispettare le regole prima di volerle insegnare agli altri.