Schiaccianoci, si può fare Natale senza il mitico balletto di Čajkovskij? No, la Fata Confetto non lo permette!
Tradizionale, metaforico o psicoanalitico, resta lo show con la S maiuscola. E ha il pas de deux più bello della storia
…Chi avrebbe mai detto che il racconto “Schiaccianoci e il Re dei Topi”, pubblicato nel 1816 da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, sarebbe diventato uno dei classici natalizi più gioiosi, sfavillanti e spensierati di tutti i tempi? Lo scrittore no di certo.
Infatti Hoffmann eccelle in quelle trame che, dopo un prologo “normale”, scivolano lentamente nei toni cupi tra figure irreali e situazioni angosciose - ricordiamoci i suoi “Racconti notturni” con la famiglia del piccolo Nataniele che si riunisce ogni sera serenamente per la cena ma viene sempre turbata dall’arrivo di un “amico”, il sinistro Coppelius, dall’inspiegabile influenza nefasta. Lo “Schiaccianoci” è del medesimo stampo.
L’esordio è piacevole. È Natale, e Hoffmann mette in scena un’agiata casa borghese: il salotto è illuminato, il caminetto scoppietta, gli addobbi scintillano, i fratellini Fritz e Maria ricevono molti regali dal padre e dalla madre. Il loro padrino, Dottor Drosselmeyer, porta in dono uno schiaccianoci di legno a forma di soldatino. Baci, abbracci, contentezza. Ma durante la notte un esercito di topi feroci invade la stanza di Maria, scoppia una battaglia furibonda, i giocattoli si animano improvvisamente ricalcando una macabra favola raccontata dall’inquietante Drosselmeyer, con un effetto più da incubo che da sogno infantile…
Per fortuna, molti anni dopo, nel 1845, Alessandro Dumas riprende la vicenda nella sua “Storia di uno Schiaccianoci” alleggerendone gli aspetti più lugubri e incrementando invece quelli più allegri come il visionario viaggio di Maria nel Regno dei Dolci e delle Bambole. Questa versione rivisitata ispirò il balletto “Lo Schiaccianoci” al grandissimo coreografo Marius Petipa e al suo assistente Lev Ivanov, con la protagonista Maria che assume il nome di Clara e la magica musica di Petr Il'ic Čajkovskij composta nel 1891.
Da allora, apriti cielo. Una vera mania. E oggi, durante le festività natalizie, bisogna cercarli con il lanternino i cartelloni teatrali privi di questo titolo suggestivo e sempre applauditissimo.
Tra gli altri, il Teatro Verdi di Firenze lo propone il 23 dicembre nella sua veste più tradizionale con il prestigioso Russian Classical Ballet: risplenderà così l’avventura di Clara e dello Schiaccianoci che si trasforma in Principe conducendola nel reame della Fata Confetto tra fantastiche creature, galop, grand ronde, arabesque e melodie celeberrime, dal Valzer dei Fiocchi di Neve al Valzer dei Fiori.
Bologna programma il balletto al Teatro Duse il 28 dicembre, incantando il pubblico con il fiabesco peregrinare di Clara e la metafora del suo passaggio dall’infanzia all’adolescenza attraverso l’amore per il Principe. “Schiaccianoci” sarà la star anche al Teatro Grande di Brescia dal 5 al 7 dicembre. E a Milano il Teatro Lirico Gaber lo rappresenta in modo nuovo e originale dal 19 al 21 dicembre, in una raffinata cornice Anni ’20 ispirata all’Art Déco dove Drosselmeyer guida Clara tra miraggi e realtà.
Roma risponde con un’audace trasposizione il 5 e 6 dicembre al Teatro Brancaccio, abbinando l’eleganza della danza classica al forte impatto delle coreografie contemporanee. La Vigilia di Natale Clara e la sua famiglia entrano in un luna park abbandonato. Il luogo è dimenticato, deserto. Ma poi, misteriosamente, i cancelli si aprono, le luci e le musiche si riaccendono, le giostre si rimettono in moto. Per Clara, e per gli spettatori, comincia un percorso carico di poesia, fantasia, sorpresa, all’insegna dell’innovazione più immersiva ed emozionante.
D’altronde, le rivisitazioni di “Schiaccianoci” si sprecano. E su tutte svetta, grandiosa, quella che il “Tartaro volante” Rudolf Nureyev firmò nel 1968 trasformando questa fiaba tardo-romantica in un’autentica introspezione psicologica. I familiari di Clara si mutano in neri pipistrelli per simboleggiare paure e inibizioni, la giovanetta proietta sul Principe i suoi turbamenti adolescenziali, e la vittoria sui topi, indispensabile per approdare nel paese delle meraviglie della Fata Confetto, è una prova iniziatica che le fa raggiungere l’età adulta.
L’appassionato pas de deux finale è l’apoteosi del balletto: magia allo stato puro! La musica del brano è sublime, ripetuta più volte e più volte e più volte ancora, una volta più struggente dell’altra, in un crescendo strepitoso. Petipa scrisse appositamente a Čajkovskij pregandolo di farne un pezzo “colossale” e, non c’è dubbio, venne accontentato.
Il compositore buttò giù un uragano di dolcissimi arpeggi della “celesta” - strumento musicale che aveva introdotto per la prima volta da Parigi, segretamente, temendo che i colleghi glielo rubassero - e poiché aveva perso proprio in quel periodo una giovane nipote, restandone molto addolorato, impresse un immenso slancio tragico a questo indimenticabile pas de deux che spezza il cuore. Rivederlo nei video eseguito da Nureyev e dalla magnifica Merle Park, quando sembra che lui la sostenga nell’aria, così, senza fatica, senza forza di gravità…no, non si può descrivere.
Ma, tra tanto lirismo, spicca anche uno “Schiaccianoci” esilarante e stravagante, forse il più esilarante e stravagante di ogni epoca: “Nutcracker!”, allestito dal geniale coreografo inglese Matthew Bourne nel 1992 - egli ama sperimentare con risultati dissacranti, non dimenticate il suo “Lago dei Cigni” del 1995 con muscolosi cigni uomini al posto delle ballerine eteree…
In questo rifacimento Clara vive in un desolato orfanatrofio dal sapore dickensiano, in epoca vittoriana. La scena è tristissima in bianco e nero, la direttrice è un’arpia arcigna, il Dottor Dross, in un luttuoso completo di pelle, sembra un impresario di pompe funebri. Ma un bel giovane aitante farà fuggire Clara e l’introdurrà a Sweetieland, luogo luccicante dove i grigi personaggi dell’orfanatrofio diventano amabili, giocherelloni, coloratissimi.
Ecco l’essenza di “Schiaccianoci”: la partitura psico-emotiva di Čajkovskij che risveglia, con virtuosismo insuperato, le illusioni, le chimere, i desideri di evasione presenti in tutti noi, e si fa spettacolo natalizio per eccellenza. C’è necessità di lieto fine. C’è necessità di sogni. E se non si sogna a Natale, che Natale è?
Di Carla Di Domenico