La metamorfosi magica di Fabrizio Corona: da "mostro mediatico" ad una sorta di nuovo Carlo Lucarelli. Il caso: "Falsissimo"
La mutazione alchemica di un "ex reietto" che ora si rivela un abile Hermes della comunicazione mondana
Nei giorni scorsi vagando in modo erratico e annoiato sul web, come è il mio solito da contemplatore anarchico, mi sono bevuto due puntate di "Falsissimo" su You Tube. Protagonista assoluto: Fabrizio Corona. Ho sempre visto del talento nel linguaggio di questo personaggio. Certamente eccessivo, anomalo, irregolare, fuori dagli schemi, spregiudicato ma con una buona proprietà di linguaggio. Rispetto sempre chi sa usare bene la lingua italiana. E' il linguaggio infatti la matrice strutturante di tutto. Fabrizio Corona non solo ha sempre dominato la propria materia lavorativa e narrativa ma ha anche saputo reinventarsi, superando le proprie difficoltà, non lievi. Tanto di cappello. Una cosa che non ho mai capito è stato l'accanimento giudiziale e mediatico che ha subito. Nemmeno fosse stato un serial killer! Lungi dal volerlo idealizzare come martire ma penso che non possiamo non ammirare questo cambio radicale di prospettiva: da fotografo e giornalista gossipparo estremo a giornalista d'inchiesta credibile e smascherante. "Falsissimo" è un format indubbiamente innovativo, originale, efficace e creativo. Partiamo dagli aspetti visuali, minimalisti ma suggestivi: primo piano di tre quarti e mezzo fondo frontale. Seduto su un seggiolino con un'ottima gestualità teatrale e il fondo nero, caravaggesco. Ritmo impeccabile, narrazione coerente, lineare e fondata su fatti. Di quanti giornalisti si può dire lo stesso? Oggi ascoltiamo una specie di Sgarbi del pettegolezzo. Simile l'approccio narrativo: fare delle immagini e dei fatti un "teatro dell'interpretazione e del racconto". Andare all'essenza delle cose. Lasciamo stare i temi, inquietanti ma concentriamoci sul modulo e sullo stile. Personalmente ho ascoltato solo due narrazioni, avvincenti: quella sulla terribile vicenda della riapertura dopo tanti anni del caso di Chiara Poggi (orrore nell'orrore) e la vicenda massima della cronaca vip: la scissione dei "Ferragnez". In entrambi i casi Fabrizio Corona si rivela un vero mago della comunicazione, abile come Hermes nei gesti, nell'eloquio, nell'oratoria. Nel primo caso smaschera inesattezze giornalistiche nel racconto di un sms (e lui dice di averli tutti), mentre sulla complessa vicenda del rapporto fra Chiara Ferragni e Fedez raggiunge il massimo svelando molti retroscena, scendendo nel profondo con abilità che ricordano quelle dei migliori analisti politici e dei migliori criminologi. Alla fine del racconto ho persino solidarizzato con il Fedez raccontato da Corona: piange, è a suo modo autentico e sincero, ha bisogno di affetto. Il pianto è sempre sacro, come l'uso dei propri talenti. Corona è riuscito in pochi minuti a farmi cambiare idea su Fedez, a cui non è mai andata la mia simpatia. Significa che è un ermeneuta e un narratore vincente. Fabrizio è un alchimista. Contrario appare l'esito che si ricava dall'altra sua "operazione verità": quella sulle mail relative al famigerato caso "uova di Pasqua". Insomma: in poche parole Fabrizio Corona riesce, come Carlo Lucarelli, a creare tensione e aspettative su temi già straconosciuti, cambiando le prospettive e i moduli di lettura. Facile interessare su grandi casi ormai storici, rimasti enigmatici. Più difficile dare spessore e gravità antropologica-sociologica a casi ancora cronachistici e già abusati dai massmedia, su cui già tutti sembrano aver già detto tutto e il contrario di tutto. Operazione non facile. Non solo: il personaggio ci rivela le dinamiche della comunicazione di massa e ridona una certa dignità e quasi solennità a temi che solo apparentemente si riducono al semplice gossip ma sono uno spaccato profondo della società italiana e dei rapporti di potere. Un Corona quasi opposto a quello che credevamo di conoscere e che si reinventa quale credibile e abile giornalista d'inchiesta. Estremo nel rivelare le proprie fonti ed efficace nel regalarci riletture, reinterpretazioni sorprendenti e avvincenti come in un romanzo. Quando la realtà supera la finzione. Un'anomalia totale. Ne esce un dipinto fortemente chiaroscurale dove l'Italia dei vip rivela tutta la sua fragilità, tutta la sua incosistenza e miseria antropologica. L'alchimia consiste proprio in questo: nel trasformare le polarità in gioco nel loro opposto. Ci vuole carisma e metodo nel farlo. Pochi ci riescono. Chi prima nascondeva ora rivela. Chi costruiva ora smaschera. Fabrizio condivide con noi l'aura e i carismi dei retromondi del teatro massmediale (a metà strada fra un Virgilio e un Caronte) che lui conosce bene, dal profondo, apparendoci ora come una specie di Julian Assange della cronaca vip. Dopotutto è riuscito persino a pubblicare un suo libro per una casa editrice prestigiosa ed elegante come la Nave di Teseo. Il ragazzo è in gamba, proprio perchè sa surfare abilmente sulle insidiose onde degli immaginari e dei linguaggi di massa, che pochi sanno padroneggiare. L'ipocrisia e la falsa moralità di chi lo demonizza, senza riuscire ad imitarlo o emularlo, depone ulteriormente a favore della sua professionalità ed efficacia. Seguitelo: Fabrizio Corona ora è un abile affabulatore interessante che ha fatto del gossip una lente psicosociale e una metafora che svela i costumi (e i malcostumi) dell'Italia che conta tra lusso, movida, noia, crisi di identità, collasso spirituale, vuoto, talenti e ambizioni sfrenate. Una fitta e sottile rete di conoscenze che pochi conoscono bene come lui che si muove come un ragno in queste pericolose ragnatele. Un ragno non più velonoso ma, ora, veritativo, con toni epico-romanzeschi. Ora capisco il titolo del suo libro "Come ho inventato l'Italia" (che non ho letto); titolo che mi sembrava eccessivamente superbo e assurdo e che invece ora mi sembra realistico, sensato: il mago della comunicazione come diceva Carmelo Bene non informa in senso informazionale, tecnico ma "in-forma" cioè da forma, demiurgicamente, alla stessa materia che tratta, come il ragno che trae da se stesso la propria tela. Metafora amata da Julius Evola. Fabrizio reinventa l'immaginario televisivo per via ermeneutica, giornalistica. Impresa pazzesca. Meditate gente, meditate.