Che fine ha fatto Edwin Drood? Il romanzo più misterioso di Dickens torna in libreria e ancora ci accalappia con i suoi enigmi insolubili

È incompiuto e postumo. E da oltre 150 anni in tanti si scervellano per dargli un finale (compresi un fantasma ed Hercule Poirot)

L’antica cittadina inglese di Cloisterham, una cattedrale lugubre sullo sfondo del cimitero, un maestro di musica che di giorno istruisce educande verginali e di notte bazzica tetre fumerie d’oppio, una tempestosa Vigilia di Natale, figure subdole, complotti, inganni, colpevoli passioni, e chi più ne ha più ne metta…

Ecco gli elementi che caratterizzano vertiginosamente “Il mistero di Edwin Drood”, ultimo romanzo che Charles Dickens non fece in tempo a completare e uscito dopo la sua morte, nel 1870. Un “poliziesco” eccezionale dall’atmosfera allucinata, decadente, e gravido di domande inquietanti senza risposta: perché è scomparso Edwin Drood? perché sulla riva del fiume ne sono stati ritrovati la spilla e l’orologio? è fuggito? si nasconde? lo hanno ucciso? e chi lo ha ucciso? e se invece fosse vivo?...

Oggi la Mondadori ripropone nella Collana “Oscar Classici Serie Cult” questa trama cupa, pervasa di sottile malvagità, e così avvincente proprio perché insoluta. Il maestro del coro John Jasper - all’apparenza irreprensibile, in realtà schiavo dell’oppio che si procura nei malfamati bassifondi londinesi - insegna alle orfanelle della “Casa delle Monache” ed è follemente, ossessivamente innamorato di una di loro, la bella Rosa Bud. Ma la ragazza lo teme, ne diffida, e poi è fidanzata con suo nipote, appunto il ricco Edwin Drood. Lo scellerato Jasper, pazzo di gelosia, medita allora di sopprimere il rivale.

Con lo scorrere dei capitoli, le acque si intorbidano sempre di più. Anche il giovane Neville Landless s’invaghisce di Rosa e compete aggressivamente con Drood. Jasper organizza tenebrose spedizioni notturne nella cripta della cattedrale con l’ambiguo fabbricante di lapidi Durdles. E l’odio sembra crescere intorno a Edwin che, la mattina di Natale, sparisce nel nulla. Nessuno lo vede più, nessuno ne ha più notizie, mentre dalle indagini emergono indizi confusi e le reazioni degli altri personaggi appaiono contraddittorie. E intanto, a Cloisterham, è arrivato un tale Mr Datchery sconosciuto a tutti…e se fosse Drood sotto mentite spoglie?

Il romanzo s’interrompe qui. Come si sarebbe concluso?

Non lo sapremo mai. Il decesso imprevisto di Charles Dickens ha reso per sempre ignoto il vero epilogo di questo giallo strepitoso - non a caso scritto per gareggiare in suspence con l’amico-nemico Wilkie Collins che, grazie al libro “La pietra di luna”, era stato proclamato ’inventore’ della detective story.

Da allora una marea di fans, giallisti, critici, eruditi, fumettisti, si sono improvvisati ‘investigatori’ letterari e hanno formulato qualcosina come 200 ipotesi per risolvere “Il mistero di Edwin Drood”: per esempio lo scrittore britannico Leon Garfield, il disegnatore Alfredo Castelli che ne parla in un episodio del suo “Martin Mystère”, l’editore americano T.P. James che nel 1874 mise la parola “the end” al romanzo sostenendo di essere stato invasato dal fantasma di Dickens. Tra gli spiritisti del periodo ci fu grande scalpore e sull’argomento elaborò un saggio anche Arthur Conan Doyle, sempre molto sensibile a queste misteriose tematiche quando non scriveva le avventure di Sherlock Holmes.

Il colpevole, per molti, è ovviamente il perverso Jasper. Ma, chiedono altri, ha davvero ucciso Drood? o è solo una fantasia, un desiderio dei suoi sogni da drogato? E poi potrebbero nascondere scheletri nell’armadio anche Neville, anche la sua volitiva sorella Helena, anche Durdles, anche la cosiddetta “Principessa Puffer”, ovvero la tenutaria della fumeria d’oppio di cui non viene mai rivelato il vero nome. Dickens stesso, pare, confessò agli amici che non sapeva come tirarsi fuori da questo guazzabuglio…

Il sequel più divertente e arguto è in assoluto “La verità sul caso D.” firmato nel 1989 da Fruttero & Lucentini. Surreali sponsor giapponesi (non meglio identificati) allestiscono a Roma un congresso di esperti per completare celebri capolavori della storia, come l’Incompiuta di Schubert e la Turandot di Puccini. E per sbrogliare il “Mistero di Edwin Drood” arrivano in carne ed ossa Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Padre Brown, il Commissario Maigret, Nero Wolfe. Si analizza, si discute, si approfondisce. Ognuno propone la sua soluzione in un crescendo di dialoghi deliziosi. E Poirot addirittura ipotizza che anche Dickens, come Drood, sia stato ucciso…

La vicenda, insomma, rimarrà oscura in saecula saeculorum. Una cosa invece è chiarissima: Dickens fino alla fine si conferma tre metri sopra i romanzieri della sua epoca - e probabilmente anche di tutte le altre. Volendo attingere al proverbiale humour nero inglese, si potrebbe pensare che perfino questa interruzione di Edwin Drood sia stata un colpo da maestro ben congegnato…D’altronde, Dickens sapeva come mantenere viva l’attenzione dei lettori: “Falli ridere, falli piangere, falli aspettare”, diceva. E diceva bene! Con Drood li ha fatti aspettare per sempre.

Di Carla Di Domenico