Il Bhutan: un modello di felicità e armonia con la natura

Il Bhutan è considerato uno dei Paesi più felici al mondo, non perché dia importanza ai beni materiali, ma perché pone al centro il benessere delle persone e il rispetto per l’ambiente. Ma qual è il segreto di questa felicità?

Situato tra India e Cina, immerso tra le vette dell’Himalaya, il Bhutan è un piccolo Stato con una storia affascinante. Nel 1972, il re Jigme Singye Wangchuck decise di adottare un nuovo approccio allo sviluppo del Paese, diverso da quello delle altre nazioni, che puntavano solo sulla crescita economica, lasciando però molte persone in condizioni di povertà. Per questo motivo, il sovrano introdusse la Felicità Interna Lorda (FIL), un indicatore che misura il progresso basandosi sulla qualità della vita anziché sulla ricchezza materiale.

Secondo questa filosofia, sia l’economia che la vita quotidiana devono essere in equilibrio con l’ambiente. Un esempio concreto è la pratica dei bhutanesi di piantare un nuovo albero ogni volta che ne abbattono uno. Il buddhismo, radicato nella cultura del Paese dal VII secolo, ha contribuito a rafforzare questi valori, promuovendo il rispetto per la natura e l’armonia sociale. La tutela del patrimonio culturale è un altro aspetto fondamentale della FIL, come dimostra la capitale Thimphu, ricca di templi e tradizioni, e unica al mondo per non avere semafori.

Questa visione potrebbe essere d’ispirazione per il futuro, insegnandoci che la vera felicità non dipende solo dall’economia, ma anche dai legami umani e dall’ambiente in cui viviamo. Tuttavia, applicare un modello simile nei Paesi più sviluppati sembra difficile, perché le grandi economie si basano ancora sulla crescita finanziaria e sul consumo di risorse. Un esempio è il World Happiness Report, l’indice di felicità adottato in Europa, che include anche il PIL pro capite tra i suoi criteri di valutazione.

Il Bhutan si distingue per il suo impegno nella tutela dell’ambiente. La sua Costituzione stabilisce che almeno il 62% del territorio debba rimanere coperto da foreste, garantendo così un equilibrio ecologico duraturo. Inoltre, in occasione delle negoziazioni per l’Accordo di Parigi sul clima, il Paese ha annunciato l’intenzione non solo di restare carbon-neutral, ma addirittura di diventare carbon-negative, assorbendo più CO₂ di quanta ne produca.

Uno studio del 2007 condotto dagli psicologi Nathan DeWall e Roy Baumeister dell’Università del Kentucky ha dimostrato che la consapevolezza della morte può favorire pensieri positivi. Durante l’esperimento, alcuni studenti dovevano immaginare una visita dal dentista, mentre altri riflettere sulla propria fine. Successivamente, veniva chiesto loro di completare parole come "jo_". Il gruppo che aveva contemplato la morte era più incline a formare parole positive, come "joy" (gioia). I ricercatori hanno così concluso che, sebbene la morte sia un concetto minaccioso, affrontarla porta automaticamente la mente a cercare pensieri felici.

Gli abitanti del Bhutan hanno fatto propria questa filosofia di vita. Accettare la morte non significa temerla, ma usarla come stimolo per vivere meglio il presente. L’autrice Linda Leaming, nel suo libro A Field Guide to Happiness, racconta: "Pensare alla morte non mi deprime. Mi aiuta a vivere pienamente il momento e a notare dettagli che altrimenti ignorerei. Il mio consiglio? Pensate più volte al giorno all’impensabile, a ciò che vi spaventa."

Questa visione della vita deriva dalla profonda cultura buddista del Bhutan, che ha preservato le sue tradizioni restando a lungo isolato dal resto del mondo. Fino a vent’anni fa, internet, televisione e abbigliamento occidentale erano banditi dal Paese. Oggi, pur aprendosi alla modernità, il Bhutan mantiene un equilibrio tra globalizzazione e tutela della propria identità. Un esempio è la rigida regolamentazione del turismo: l’ingresso è consentito solo a un numero limitato di visitatori, che devono pagare 200 dollari al giorno, una misura pensata per proteggere il territorio e la cultura locale.

Secondo la visione buddista, la morte non è la fine, ma l’inizio di una nuova esistenza. Come dice un antico detto: "Non dovresti temere la morte più di quanto non tema di buttare via i tuoi vecchi vestiti."

Per i bhutanesi, riflettere sulla morte non è un tabù, ma una pratica quotidiana che aiuta a vivere in modo più autentico e sereno. Un concetto che, nella nostra società, appare distante, ma che potrebbe offrire una nuova prospettiva sulla felicità.

E voi, credete che un modello di sviluppo come quello del Bhutan possa essere realizzabile anche in altre parti del mondo?