Maigret, sessant’anni fa la Rai varava il mitico sceneggiato con attori italianissimi in una Parigi ingegnosamente fittizia

I leggendari Gino Cervi e Andreina Pagnani regalarono un successo strepitoso ai noir di Simenon alternando crimini e misfatti a rassicuranti interni borghesi

Diciotto milioni e mezzo di telespettatori incollati allo schermo! Che risultato straordinario per “Le inchieste del commissario Maigret”: sedici sceneggiati (come si diceva in quell’epoca ingenua quando lo sciccoso termine inglese “fiction” non era ancora di moda) che debuttarono il 27 dicembre 1964 e andarono in onda fino al 1972 sul Programma Nazionale, l’attuale Rai 1 (esistevano solo quello e il Secondo Programma, ovvero Rai 2, ora ci sembra fantascienza...). In totale trentacinque puntate ripartite in quattro stagioni, tutte coronate da un vero trionfo, e oggi sempre reperibili in Dvd.

Tratte dai celebri romanzi di Georges Simenon, le trame si avvalgono della magia del bianco e nero che ancora adesso le riveste di un’atmosfera inimitabile e indimenticabile. “L’ombra cinese”, “Una vita in gioco”, “Il ladro solitario”, “Il pazzo di Bergerac”: ecco il burbero poliziotto che si barcamena tra apaches e gigolettes nei bistrò di Pigalle, tra Lungosenna nebbiosi, tra malavitosi e donnine allegre, alberghetti malfamati e inquietanti cittadine di provincia. Boulevards, brasseries e giardini di Parigi venivano sapientemente ricostruiti quasi tutti negli interni dei teatri di posa. Le rare sequenze esterne servivano giusto per dare un tocco di veridicità all’ambientazione. E il regista Mario Landi, con abilissima mano, imprimeva ai suoi attori un piglio decisamente teatrale ed emulava il famoso vezzo di Alfred Hitchcock ritagliandosi qua e là qualche apparizione flash - l’avventore di un caffè, un passante, lo sfaccendato davanti a un’edicola.

La zampata del leone spetta, ovviamente, all’interpretazione magistrale di Gino Cervi: il Maigret che Simenon preferiva, perfino paragonandolo al grandissimo Jean Gabin nello stesso ruolo. Cervi usciva fresco fresco dall’exploit fragoroso del sanguigno sindaco Peppone, protagonista insieme a Fernandel nei film di “Don Camillo”, e crea un “suo” Maigret casareccio alquanto diverso da quello di Simenon: è più pacioccone, più bonario, più furbastro, se vogliamo, insomma, sì, naturalmente, più italiano. Era bolognese, con un sorriso tutto cordialità, una mimica tutta simpatia, una stazza tutta prosciutto e culatello. E sembrava sempre sul punto di ordinare un piatto di tortellini e un bicchiere di lambrusco, altro che un coq au vin, poi si ricordava di essere a Parigi, di essere un francese, e si scolava un calvados quasi per sbaglio. Un’interpretazione schietta, genuina, senza forzature, al punto che in scena, perfettamente a suo agio, egli fumava le pipe della sua collezione personale.

E la co-protagonista Andreina Pagnani? Nel ruolo della mansueta Signora Maigret fa faville! con quella rasserenante presenza da brava casalinga borghese - spolvera, lava, cucina prelibati manicaretti, mentre lui le parla a mugugni e monosillabi, in casa non c’è mai, se c’è fuma la pipa puzzolente anche in camera da letto, ma lei niente, serafica, non fa una piega, mai una parola sgarbata. E poi quella sua voce eccezionale, calda e sfumata: non a caso la prestò a star come Greta Garbo, Bette Davis, Marlene Dietrich, e fu una delle doppiatrici più ricercate della sua generazione.  

I comprimari, poi, erano perfetti, quasi fossero nati già così, vestiti e truccati per assecondare Gino Cervi: l’insuperabile Franco Volpi, raffinato ed elegantissimo, tratteggiava il giudice Coméliau, puntiglioso, permaloso, sospettoso, sempre in contrasto con Maigret per i suoi metodi poco ortodossi; Mario Maranzana era l’ispettore Lucas che imita gesti e atteggiamenti del commissario perché ne è completamente soggiogato; Oreste Lionello si cimentava con il Dottor Moers della Scientifica, precisino e zelante, e Gianni Musy impersonava il giovane e scanzonato ispettore Lapointe, spesso redarguito con solenni lavate di capo.

La trasmissione deve molta della sua fama anche alle guest star che si alternano nelle varie puntate - artistoni del calibro di Gian Maria Volonté, Ugo Pagliai, Andrea Checchi, Arnoldo Foà - e alle canzoni delle sigle d’inizio e di chiusura: malinconiche, struggenti, con quel disincanto lieve da rive gauche, prima fra tutte “Un giorno dopo l’altro” cantata da Luigi Tenco.

Infine, una chicca: chi fu il delegato di produzione di tutte le stagioni? Andrea Camilleri, forse già presago del suo commissario Montalbano al quale ha indubbiamente appiccicato molte peculiarità di Maigret: fare taciturno, carattere spinoso e amore per la buona forchetta. Come raccontò lui stesso, la serie era talmente popolare che, quando veniva trasmessa la domenica sera, molti cinema si attrezzavano con un televisore in sala (RaiPlay? non c’era. Streaming? sovrumano) per far seguire la puntata al pubblico, prima del film: altrimenti tutti se ne restavano a casa e addio incasso.

Di Carla Di Domenico.