Da Ghali a Dargen D'Amico è "presunta" caccia all'ebreo: ma stranamente muoiono solo i palestinesi
Guai a nominare Sanremo alle comunità ebraiche, un coacervo di antisemiti e antisionisti che andrebbero messi a tacere. Questo è il nuovo leitmotiv giudeo
Se lo scorso anno Sanremo si era presentato come il Festival dell'inclusività, con tanto di slinguazzamenti tra maschietti e rappresentazioni di copule anali, quest'anno hanno vinto il classico antifascismo e il ritmo pro Palestina.
Per chi si fosse perso le serate della kermesse, non vi immaginate niente di eclatante. A esclusione di Amadeus che ha intonato Bella Ciao, le parole e i gesti di Dargen D'Amico e Ghali non sono stati neanche così plateali, diciamo che si sono limitati a un prosaico "basta bombardamenti".
Tanto però è bastato per fare infuriare le comunità ebraiche italiane che hanno "gridato" contro queste prese di posizione, chiedendo a mamma Rai di squalificare i cantanti, Ghali in primis (sarà per via delle origini tunisine?).
A tutto ciò possiamo tranquillamente sommare la bagarre tra l'ex Ambasciatrice Elena Basile e la Senatrice Segre. La fu rappresentante del nostro Paese in Belgio sarebbe colpevole di avere offeso l'intoccabile Liliana, a suo dire rea di non avere citato i bambini trucidati in Palestina.
In pratica, secondo l'ottica giudea, in Italia è in atto una vera e propria caccia all'ebreo, il nemico ideale, peccato che oggi Hamas abbia invocato una riunione d'urgenza al Consiglio di Sicurezza dell'ONU per fermare il massacro in atto a Rafah.
Tranquilli, tanto gli ebrei sono buoni e vittime, giusto?