Shakira, Madame, Greta e tutti gli altri: la "generazione IO" parla di sè e contagia chi dovrebbe raccontarla

L'informazione è a un punto di non ritorno: le grandi tragedie, i grandi fatti del mondo ridotti a un personalismo deprimente, figlio del qui ed ora. Chi non si adegua è fuori, non esiste.

Come sempre c'è un inizio e l'inizio è come sempre sciagurato: a inaugurare la stagione del new gossip è stata la coppia trasciona Totti Ilary (o Totty Ilari) con i Rolex, 'e borze, i manzi, le manzette, non manca manco la figlia quindicenne rielaborata dal chirurgo estetico che ai cosiddetti haters risponde: ah stronzi. Dopo di loro, il diluvio di enormi cose di pessimo gusto in uno svolazzar di resort, macchinone, accessori del lusso cafonauta. Lontani i tempi dei pettegolezzi da real casa, s'adegua pure Harry, il principino decaduto che più sputtana la Royal Family e più bussa a soldi: col libro scritto a ventiquattro mani sui segreti di Buckingham Palace, e figurati se non ci faranno una serie tv, è il “saggio”, proprio così lo chiamano, saggio, essai, più venduto dai tempi di Gutenberg: un milione e mezzo, due milioni di allocchi che credono di scoprire la verità. La nuova frontiera è patinata ma deprimente, come tutto in quest'epoca di pazzi, ma squallidi: parte il business delle canzonette sui divorzi, e forte è il sospetto che rotture immancabilmente brusche vengano congegnate proprio in funzione delle filastrocche con cui stordire i gonzi.

Prendi la Shakira, della quale tutto il mondo è tenuto ad apprendere circa i suoi tormenti col calciatore Piqué: lei si paragona a una Ferrari, what else, a un Rolex, mentre l'usurpatrice sarebbe una Twingo e un Casio: già si vola alto, ma non basta perché poi lui si presenta agli allenamenti proprio con quella roba lì, utilitaria e orologetto da due soldi. La nuova fidanza si chiama Clara Chia: peccato non Kia, sarebbe stata, tutto considerato, l'apoteosi.

Per non essere da meno, un'altra per brevità chiamata cantante, Miley Cirus, che nome fa un po' ridere, ci ammolla anche lei il pippone sonoro: sto meglio da sola, sto benissimo così. Una che non è mai stata né meglio né bene in tutta la sua svalvolata vita, dentro e fuori dalle cliniche, ma tutto fa brodo di soldi come insegnano i nostri cari Ferragnez. E si potrebbe continuare (e difatti, tra una parentesi, continuiamo). Ma come fanno a non capire che è una sonora presa per i fondelli? E non lo capiscono, il target è quello infantile, adolescenziale e questi sono natural born lobotomizzati. Siamo alla generazione IO, io, io, il mondo come mercato, come quinta per IO. Eroi senza macchia e senza paura del ridicolo, implosi in loro stessi, perennemente concentrati nell'autonarrazione. Figli di questo tempo senza presupposti e senza implicazioni, Benedetto XVI lo chiamava relativismo assoluto, e lo temeva, preconizzandone gli scenari; il successore, Bergoglio, ha altro per la testa, è un nonno dell'IO, perfino Gesù Cristo gli sta diversi passi indietro, a rispettosa distanza. Parlar di sé per parlare di niente. Una attrice di non eccelsa levatura, Sabrina Impacciatore, può raccontare quanto segue: IO sono un'icona della comunità lgbt+, io mi truccavo moltissimo, però poi io in America mi paragonano a Lady Gaga, ma magari io mi fidanzerò con una ragazza, comunque io. Anche la cantante Madame, un'altra che sulla fluidità ci marcia, ha fatto di un caso, anzi una psicosi, quella sulle pozioni anticovid, una questione privata: IO non mi ero vaccinata, però io mi sono pentita, però io mi farò di tutto di più, e insomma io vado a Sanremo, non perdetevi io.

La generazione IO è quella di Greta, che su un discutibile bollore planetario ha costruito un impero individuale e delle emissioni di famigerata CO2, che dannosa affatto non è in giuste dosi, dice: potenti, come osate, ce l'avete con me. Anzi con IO. E pretende che il mondo vada come lei vuole, se la portano via perché rompe i coglioni appollaiata sul muro di una miniera di carbone, dichiara: è un attentato alla Madre Terra.

Sarà come IO vuole. Nessun lascito da seguire, nessun impegno morale staccato dalla sfera egolatrica, figli del loro tempo che è il tempo dell'uomo a una dimensione: non c'è posto per Dio, solo per Io, feticci di loro stessi, velli d'oro allo specchio, monossessivi peggio che monossidi. Più tossici ancora. Le giovani generazioni decerebrate, smartphone alla mano, pigliano nota: non è contemplato altro impegno che investire su di sé se a chiappe divaricate, hanno perfino coniato una definizione per tanta attività: “creatore digitale”. E se non vengono assecondati, soddisfatti, partono di crisi isterica, di istinto omicida, di crisi di panico, subito rientrate se gli danno una ribalta. Anche la politica è diventata da bimbiminkia e qui c'è un bisnonno di tutti i vanitosi, è il nostro Silvio Berlusconi che 30 anni fa ridusse lo stato a un autoritratto. Oggi parlano tutti di ideali, di programmi, ma i programmi hanno nomi e cognomi precisi: Matteo Renzi, Carlo Speranza, Giuseppi Conti, Elly Schlein e la stessa Giorgia Meloni sembra purtroppo avviata a trasformarsi in un Volodimir Zelensky, un uomo chiamato esagerazione, una invasione mediatica senza precedenti: il popolo ucraino sta sotto il tallone russo, ma fin sopra i capelli c'è lui, lui, lui e la moglie; ma lui. Che si moltiplica in modo seriale, warholiano, va pure a Sanremo tra una Ferragni e una Egonu – io, io, io, io, io, io, io, immancabilmente io, forse Zelensky canterà Morandi, tattà-tatta-ta. Dal relativismo assoluto di Ratzinger siamo già all'assolutismo assoluto. E i soldi corrono.