Gender culture e svilimento del linguaggio: quando l'homo sapiens regredisce all’età della pietra

Continuando a raccontare balle, si costruisce un mondo immaginario, preludio al metaverso

SCRITTI PANDEMCI

Gender culture e balle

L’intera realtà sociale possiede una struttura logica e questa struttura è fondata linguisticamente. “Il limite del mio mondo è il limite del mio linguaggio” (Ludwig Wittgenstein).
La perdita del linguaggio farebbe regredire l’homo sapiens all’età della pietra. Ciò nonostante, assistiamo quotidianamente al suo svilimento. Secondo studi autorevoli, i giovani non sarebbero in grado di comprendere un normale articolo giornalistico di media complessità. Del resto, non leggono, sono sempre davanti ai propri schermi, altrove, in un mondo che già somiglia sinistramente al metaverso. Ieri, in metropolitana, ho ascoltato un discorso surreale. Una ragazzina spiegava a un amico che non tutti nascono da una famiglia tradizionale. Lei, per esempio, è nata da due lesbiche. Ho fatto una fatica terribile a non intervenire, per fortuna la mia educazione è stata superiore alla mia indignazione. Preciso che nella mia famiglia abbiamo fatto nostra la battuta (attribuita a Galeazzo Ciano): “Eravamo già froci quando voi abitavate nelle caverne”. Non ho proprio nulla contro l’omosessualità. Ma il punto, è ovvio, non è questo: non tutti crescono in una famiglia tradizionale, ma tutti nascono da un maschio e una femmina (seppure qualcuno grazie a metodi di inseminazione meno piacevoli di quello tradizionale). Negare questa evidenza (scientifica, ammesso che il termine scientifico abbia ancora un significato di questi tempi) significa dire una balla. Ma le balle, si sa, vanno in coppia e ne segue subito un’altra: ciascuno di noi è libero di scegliere di quale sesso essere. Non aggiungo altro, per non essere tacciato – del tutto ingiustamente – di omofobia. Qui da noi, nell’alto varesotto, i nostri vecchi dicevano: “Se mia nonna avesse le balle, sarebbe mio nonno”.